“Niente guerra o immigrazione, le canzoni di Sanremo 2025 racconteranno un micromondo”. Queste sono le parole del Direttore Artistico e Conduttore della 75°edizione del Festival di Sanremo, Carlo Conti.
“Quello che è arrivato dai cantautori non è più un macromondo”, continua ancora Carlo Conti, “cioè non vanno a parlare dell’immigrazione o della guerra, ma si ritorna un po’ a parlare del micromondo, della famiglia, dei rapporti personali. È molto intimo”.
In queste poche parole, è ravvisabile un “macromondo”, sul quale cercheremo di fare chiarezza!
Solitamente, i Direttori Artistici dei vari Festival, ci hanno sempre raccontato della “loro immensa fatica” nella scelta delle canzoni da presentare sul palco dell’Ariston. Da anni, il mantra è che, purtroppo, sono costretti a scegliere tra “migliaia”, si è proprio così, “migliaia di brani”. Il numero dei brani sembrerebbe variabile, chi ha parlato di 1000, 1500, ma anche di più. Considerato ciò, è possibile che, tra migliaia di brani passati al vaglio della direzione artistica, nessuno di questi, quest’anno parli di temi sociali, in particolare di “guerra e immigrazione”, che sono temi talmente forti e anche divisivi se vogliamo? Davvero queste tematiche sono passate così inosservate agli autori delle canzoni? O la scelta di estromettere questi temi è stata “voluta”. Perché?
Facciamo un passo indietro, di circa un anno. Era il 10 Febbraio del 2024, quando, durante l’ultima serata del festival di Sanremo, il rapper Ghali, dopo la sua esibizione, pronuncia in maniera chiara ed inequivocabile queste parole: «Stop al genocidio». Ma queste tre semplici parole provocano immediatamente la reazione dell’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar, che sostiene: “quella dell’artista è stata al contrario, una provocazione d’odio. Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile. Nella strage del 7 ottobre, tra le 1200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival – ha scritto Alon Bar su Twitter -. Altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi. Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà. È un peccato che questo non sia accaduto”.
Il giorno seguente, la zia d’Italia, la conformista Mara Venier durante “Domenica In”, ha letto il comunicato dell’a.d. della Rai Roberto Sergio in cui afferma: “Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre. La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica è sentita e convinta”. Mara Venier ha poi commentato queste parole dicendo: «Sono le parole che ovviamente condividiamo tutti, del nostro Amministratore delegato Roberto Sergio».
Imbarazzante, come, la televisione pubblica, finanziata con i soldi dei cittadini italiani debba scusarsi per un rapper, che ha semplicemente esercitato la sua libertà di esprimersi, come sancisce l’art.21, la nostra Costituzione.
Nella medesima puntata di “Domenica In”, la zia nazionale, si trova a fronteggiare un altro artista, Dargen D’Amico, al quale i giornalisti, presenti al programma, avevano chiesto di ritornare sul tema affrontato al festival, dove l’artista si è espresso a difesa dei bambini, la cui infanzia è stata distrutta dalla guerra.
Riproponiamo uno stralcio delle parole di Dargen D’Amico: “…In questo momento, credo che ci sia qualcosa che non funziona nell’istinto dell’essere umano, perché se non proteggi i bambini, niente funzionerà. L’Italia è un Paese che si sta rimpicciolendo e ci sono tante occasioni da prendere in considerazione. Non si parla mai del fatto che la bilancia economica dell’immigrazione è in positivo. Quello che gli immigrati mettono nelle nostre casse per pagare le nostre pensioni è più di quello che spendiamo per l’accoglienza. Queste sono statistiche che andrebbero raccontate”.
A questo punto il cantante viene interrotto dalla padrona di casa, che non solo interrompe l’artista, ma rimprovera anche i giornalisti (ovviamente non pubblicamente): “Se mi mettete in imbarazzo, non vi faccio parlare più, perché non è questo il momento”.
Niente “guerra e immigrazione” al Festival di Sanremo. Dopo quanto detto, è una scelta degli autori delle canzoni, oppure no?
La questione diventa ancora più interessante, per capire quanto di vero c’è nella libera scelta della direzione artistica rispetto ai brani, e consentitemi di dirlo, a questo punto, probabilmente, delle tematiche in essi contenute.
Rispondendo a una domanda dei giornalisti, Carlo Conti, a proposito dell’uso dell’autotune in una gara canora, da molti malvisto, trattandosi non di uno strumento, ma di un “software” che corregge le stonature, ha detto: “L’autotune ci sarà perché non ammetterlo significherebbe andare contro la logica della discografia di oggi, di certe sonorità, di certi modi di cantare.
La scelta dei brani da presentare al Festival di Sanremo non è poi una scelta così “libera”, se essa deve sottostare alla “logica della discografia”.
E qual è il peso della discografia a Sanremo? Presto detto, osserviamo le case discografiche che parteciperanno al prossimo Festival e il loro peso sulla kermesse canora: Sony presenterà 8 artisti, 7 la Universal e 9 la Warner, 2 la BMG e 4 le altre etichette.
Nella scorsa edizione del Festival, Angelina Mango, Geolier, Annalisa, Irama e Ghali, i primi 5 classificati erano contrattualizzati con la Warner Music Italy, ma di certo, questo è solo un caso.
Roberta Minchillo