Il Presidente del Consiglio dei Ministri dimissionario, Mario Draghi, è intervenuto la scorsa settimana, a Rimini, al Meeting dell’amicizia e dei popoli organizzato annualmente dalla Fraternità di Comunione e Liberazione.
Una folla osannante (mancava il culto in vita e già ora l’appellativo di “Divus”) ha applaudito un discorso ovvio, banale, retorico, poco approfondito e volto a fotografare un Paese distante dalla realtà.
Una passerella finale per chi ha voluto e cercato la crisi di Governo extra-parlamentare dello scorso luglio 2022, consapevole dei gravi problemi economici ed energetici (ampiamente calcolati e con relativa speculazione) cui sta già andando incontro l’Italia.
Come un novello oracolo di Delfi, Draghi lo aveva annunciato: è necessario fronteggiare un periodo di emergenze.
In particolare, durante il suo intervento, il Presidente del Consiglio ha ribadito la riduzione in modo significativo delle importazioni di gas dalla Federazione Russa grazie agli accordi con Algeria, Azerbaigian ed altri Paesi. Tuttavia, ha dimenticato di dire che:
a) l’Unione Europea, di cui l’Italia è Stato membro, ha già concluso un accordo con gli Stati Uniti d’America per un incremento di gas liquefatto il quale non solo costa di più, ma pone non pochi problemi legati sia al trasporto, sia alla insufficienza dei rigassificatori;
b) la situazione in cui versa il nostro Paese è anche causa di una politica estera di appoggio incondizionato alla Repubblica di Ucraina, quando si doveva e si poteva svolgere un ruolo da mediatori come sta facendo la Turchia (secondo esercito della Nato).
Una vittoria del centro-destra, e Giorgia Meloni lo ha dichiarato (Fratelli d’Italia ha votato a favore delle risoluzioni parlamentari per l’invio di armi a Kiev), non cambierà alcunché;
c) il gruppo algerino Sonatrach (agenzia di Stato nata nel 1963) è intenzionato a indicizzare i prezzi del gas da mandare in Europa rifacendosi non più al Brent Crude, ma al TTF (uno dei principali mercati di riferimento per lo scambio del gas con sede in Olanda) con un conseguente aumento che porterà la società a massimizzare i profitti soprattutto nel 2027, anno di scadenza dei contratti in essere con Eni.
È vero, da un lato, che l’accordo prevede si possa arrivare fino a 11 miliardi di metri cubi, ma dall’altro rimangono, comunque, non sufficienti.
Congo, Egitto, Quatar ed Azerbaigian non assicurano certamente il fabbisogno nazionale. Il gas algerino, inoltre, ci costerà di più di quanto ci offrano in media i contratti dell’Eni con l’azienda russa Gazprom la quale resta tra i principali partner (anche se non l’unico) di Sonatrach nello sviluppo di alcuni importanti giacimenti come quello di El Assel la cui produzione è attesa per il 2025.
In altri termini, una partita di giro con presa in giro non solo dei presenti, ma pure di tutti gli italiani.
Aveva ragione Ludwig von Mises, economista austriaco (1881-1973): “La scomparsa del senso critico costituisce una seria minaccia per la preservazione della nostra società”.
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista
In collaborazione con: www.gzzettadellemilia.it