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Il crepuscolo della politica, ovvero il rifiuto della verità 

L’odierna mediocrità della classe politica italiana, trasversale agli schieramenti, non è il frutto di una contingenza storica sfortunata, ma il sintomo di una crisi antropologica profonda, che affonda le radici in un disordine della ragione e in una volontaria e sistematica rimozione della Verità come fondamento dell’agire. 

A destra come a sinistra si constata un’aridità di pensiero che non è semplicemente assenza di cultura, bensì rinuncia consapevole alla dimensione speculativa dell’intelligenza, alla ricerca del principio, alla domanda sul fine. 

La politica, che nella tradizione classica è parte dell’etica e, quindi, ordinata al bene umano nella sua pienezza (è arte della regalità), è stata ridotta a pura tecnica di amministrazione del contingente. In questa prospettiva deformata, il consenso ha preso il posto della Verità, il calcolo quello della saggezzal’efficienza quello della giustizia

L’uomo politico non è più colui che contempla l’ordine del mondo per tradurlo in istituzione, bensì colui che si adatta al disordine dominante per sopravvivere. 

La destra, che dovrebbe custodire l’idea di ordine ontologico, si è lasciata sedurre da un pragmatismo senz’anima, oscillando tra liberalismo economico e populismo identitario, incapace di offrire un pensiero forte sul potere, sulla sovranità, sulla legge naturale. 

La sinistra, dal canto suo, si perde nei particolarismi di uno pseudo-sentimento di rivendicazione politica e sociale, sostituendo il concetto di giustizia con una grammatica dei diritti individuali spesso disancorati da ogni fondamento oggettivo. 

Entrambe, in fondo, partecipano della stessa decadenza: non più visione, ma reazione; non più progetto, ma strategia. Questo appiattimento sul presente, questo rifiuto del trascendente, è ciò che in termini filosofici definisce la mediocrità: non la semplice assenza di eccellenza, quanto l’esaltazione dell’immanenza come unica misura, la negazione di ogni ordine superiore, il rifiuto del logos come principio regolatore della realtà. 

L’uomo politico mediocre non è colui che sbaglia, ma colui che non crede più che esista un giusto e uno sbagliato in sé; non colui che cade, ma colui che ha rinunciato a elevarsi, accontentandosi del “meno peggio”. 

La politica italiana è diventata, in questo modo, il teatro di questa rinuncia, specchio di un paese che ha smesso di pensare in termini di verità e di fine. Solo un ritorno alla metafisica, intesa non come fuga dalla realtà, ma come sua fondazione ultima, potrà restituire alla politica la sua dignità perduta. Senza una filosofia del limite, del bene, dell’essere, non vi sarà rinascita. Ciò che manca non sono i programmi, ma i princìpi; non le riforme, ma le forme; non i leader, ma gli uomini. 

E l’Italia non li ha. “Sine veritate, nec iustitia nec civitas stare potest”.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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