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Il nuovo capitolo della guerra energetica: i Paesi baltici entrano nella rete elettrica UE

Sullo sfondo delle trattative per una pace a Riyad e delle nuove sanzioni approvate, l’UE continua a provare ad allargare la propria sfera di influenza.

Lo scorso 9 febbraio, Estonia, Lettonia e Lituania si sono staccate dalla rete elettrica russa e si sono unite a quella dell’Unione Europea. La notizia è stata descritta come la transizione del secolo, e in un certo qual modo lo è.

L’entrata dei Paesi baltici nella rete elettrica dell’Unione Europea segna un ulteriore avvicinamento di quell’area del continente prossima alla Russia nella sfera di influenza comunitaria. Per realizzare il passaggio, in primo luogo, è stato messo a punto il processo di scollegamento dalla rete russa, portato avanti sabato 8 febbraio. Dopo un giorno in modalità isola e i primi test di collegamento, sono state avviate le operazioni di sincronizzazione alla rete comunitaria, terminate domenica 9.

“La sincronizzazione dei Paesi baltici nella rete elettrica dell’UE è un ‘progetto faro’”, si legge nel comunicato della Commissione Europea. Questo “progetto faro” andava avanti da 15 anni, ed è costato oltre 1,23 miliardi in sovvenzioni per i meccanismi di collegamento oltre ai vari finanziamenti legati al PNRR di Lettonia e Lituania. Gli Stati baltici erano gli ultimi tre membri dell’UE le cui reti elettriche erano ancora pienamente operative all’interno del sistema russo.

Il progetto, comunque, non è ultimato. In piano ci sono miglioramenti per la sincronizzazione e una ulteriore infrastruttura che dovrebbe connettere la Lituania alla Polonia. Insomma tra il concepimento, la realizzazione e il futuro sviluppo si parla di investimenti, parecchi investimenti. Investimenti che si aggiungono a quelli europei, ma soprattutto che si sottraggono a quelli della Russia.

Già perché al di là di quella che l’UE ritiene una maggiore indipendenza energetica per la triade baltica, in gioco c’è ben altro. La loro entrata nella rete UE e i progetti in cantiere aprono la strada a una maggiore liberalizzazione del mercato dell’energia e a ulteriori investimenti. Al tempo stesso, tolgono alla Russia tre clienti comodi, sia per l’effettivo giro di denaro, sia per il loro posizionamento geopolitico.

Sono passate circa due settimane dall’entrata dei Paesi Baltici nella rete elettrica UE ed è troppo presto per fare un bilancio sui risultati del passaggio. Tuttavia gettare un occhio sui primi dati non può che risultare utile.

Sin dai primi giorni dopo la transizione, i Paesi baltici hanno vissuto un’impennata dei prezzi dell’energia. In Estonia allo scoccare del 12 febbraio il prezzo medio dell’elettricità ha superato i 190 euro per megawattora, distanziando largamente il record di 126 euro di questi primi due mesi di 2025. Il prezzo ha poi toccato un picco di oltre 200 euro durante la stessa giornata, arrivando a doppiare il precedente record annuale.

I giornali e le autorità sono subito corsi al riparo. Tra chi parla di inverno particolarmente rigido e chi di impennata dovuta al momento di transizione, nessuno ha messo in dubbio la vantaggiosità del passaggio. Sono effettivamente molti gli analisti che sostengono che in un primo momento i prezzi dell’energia nei Paesi baltici saranno soggetti a un inevitabile rialzo.

Lungi dal mettere in dubbio il parere degli esperti, risulta curioso notare come questi siano gli stessi che sostenevano che l’Europa si sarebbe adattata al crollo delle importazioni russe. A suo modo è stato così: oggi l’Europa attinge da diversi produttori e distributori di energia, e ha diversificato il proprio mercato. Peccato che per le tasche dei cittadini questo conti poco, visto che le bollette non fanno che aumentare.

Non è ancora dato sapere se la sincronizzazione al sistema europeo sia stata vantaggiosa per i Paesi baltici. Essi però, almeno in questo primo periodo, sono finiti per pagare più del doppio quella che almeno al 10% risulta la stessa energia di prima.

I giri di affari che ci sono dietro sono immensi e non interessano solo la supposta indipendenza energetica dei tre piccoli Stati. Essi sembrano portare avanti un’agenda politica in cantiere da decenni, dalla duplice natura. Questo apparente progetto si focalizza, da una parte, sul deterioramento dell’economia russa e dei nostri rapporti con la Federazione, e, dall’altra, su un progressivo avvicinamento – e asservimentoagli USA, veri beneficiari di questa rottura.

Ora però, la guida degli USA è cambiata, e con lei sono cambiate le carte in tavola. All’Europa, quindi, resta in mano un pugno di mosche. Abbandonati dal padrone transatlantico, in balia di una guerra energetica persa in partenza, l’Unione Europea si è così trovata alla deriva, è stata esclusa dai negoziati per la pace ed è stata costretta a scalpitare per ritagliarsi un posto nel mondo, fallendo miseramente. Sullo sfondo, una frattura con la Russia, che aumenta sempre più.

Dario Lucisano

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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