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Imparare a vedere: difendere la verità, riconoscerla, pretendere che esista

Viviamo in un tempo strano, quasi schizofrenico: siamo sommersi dalle notizie, circondati da flussi ininterrotti di immagini, parole, breaking news. Eppure, mai come oggi, la verità sembra sfuggente. Raramente compare intera, quasi mai limpida. Troppe volte è manipolata, tagliata, girata nella direzione giusta per chi comanda la narrazione.

In questa giungla informativa, la verità non è più ciò che accade, ma ciò che passa. E quello che passa è spesso ciò che conviene.

Allora una domanda deve farsi largo con urgenza: sappiamo ancora riconoscere la verità quando la incontriamo?

Chi come noi cerca ancora di raccontare la verità lo fa spesso senza scudi, senza capitali importanti alle spalle, ma con la schiena dritta. Ma ci sono anche tanti giornalisti indipendenti, dei piccoli giornali online, delle testate alternative che, anche durante eventi globali come la cosiddetta pandemia da Covid-19, hanno osato sollevare domande, smascherare contraddizioni, mettere in discussione verità imposte. Mentre il mainstream parlava con una sola voce, martellante e inesorabile, noi e tutti i nostri colleghi abbiamo cercato le crepe nel racconto ufficiale. Le abbiamo mostrate e le gridavamo e continueremo a farlo.

E per questo in tanti siamo stati ignorati, screditati, censurati. Pagine oscurate, canali chiusi, accuse di “disinformazione” piovute con sistematica violenza. Non perché diffondevano falsità, ma perché provavamo a dire ciò che non si doveva dire. A mostrare ciò che non si voleva far vedere.

Questi giornali, questi giornalisti non “fanno notizia” nei telegiornali, ma sono la notizia che dà fastidio. Sono il bastone fra le ruote di chi controlla e addomestica un’informazione docile, allineata, innocua. 

Eppure, è anche grazie a loro se oggi possiamo ancora nutrire dubbi, cercare fonti alternative, costruirci un’opinione non omologata.

Ma per quanto ancora? Perché la libertà d’informazione in rete è sempre più sotto attacco. Non con la censura dichiarata, ma con meccanismi più sottili e insidiosi: demonetizzazione, shadow banning, restrizioni algoritmiche, etichette automatiche che marchiano come “non attendibile” ciò che semplicemente non è allineato.

È un bavaglio moderno, tecnologico, invisibile. Ma letale.

Ecco perché oggi non basta leggere: bisogna sostenere. Non basta condividere: bisogna difendere. Le voci indipendenti non vivono di click, ma di coraggio. E quel coraggio va alimentato, protetto, finanziato. Se vogliamo ancora avere accesso all’informazione libera che indaga davvero, che solleva domande scomode, che ci mette davanti alla realtà intera e non solo a quella approvata, bisogna essere parte attiva di questa resistenza.

Ogni testata indipendente che chiude è uno spazio di libertà che si spegne. Ogni giornalista censurato è un pezzo di verità che viene sepolta. E ogni lettore che resta in silenzio diventa, suo malgrado, complice.

La verità ha bisogno di reti, non solo digitali, ma umane. Solidali. Determinate. Sta a noi decidere se costruirle o lasciarle crollare.

Educare a distinguere, a riconoscere le fonti, a capire dove finisce il racconto e dove inizia la manipolazione: è questo il nuovo fronte della resistenza civile. Ed è una battaglia che riguarda tutti.

Perché la verità non è un’opinione. È un bene da difendere. E ognuno di noi è chiamato a scegliere da che parte stare.

Andrea Caldart

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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