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In risposta a Don Marco Pozza

L’articolo di don Marco Pozza, pubblicato sul settimanale “Specchio” de “La Stampa” domenica 25 maggio 2025, si affida a un proverbio popolare, «Morto un papa se ne fa un altro», per proporre una riflessione sulla continuità della Chiesa e sull’immutabilità del Vangelo. 

Tuttavia, questa lettura, per quanto suggestiva e intrisa di spiritualità pastorale, appare riduttiva sul piano filosofico e teologico, soprattutto se si considera l’inizio del pontificato di Leone XIV, il quale presenta già elementi non trascurabili di discontinuità rispetto al predecessore Francesco (2013-2025). 

La retorica usata da don Pozza, giocata sull’idea del “teatro” del Regno di Dio che deve continuare, rischia di semplificare eccessivamente il dato reale: il passaggio da un Papa all’altro non è mai neutro, né meramente simbolico. Ogni pontefice, pur proclamando l’unicità del Vangelo, lo interpreta e lo incarna in modo inevitabilmente storico e personale. 

Parlare solo di “sfumature” diverse, come fa Pozza, è una forma di idealismo spiritualista che trascura il peso delle scelte concrete, degli accenti dottrinali e delle priorità pastorali. Basta leggere i primi atti di Leone XIV, eletto in data 08 maggio 2025, per notare che la sua visione ecclesiale e antropologica introduce elementi di riposizionamento rispetto al pontificato di Francesco. Il 10 maggio, nel discorso al Collegio cardinalizio, Leone XIV ha spiegato la scelta del nome ispirandosi a Leone XIII (1878-1903), affermando la volontà di affrontare “la nuova questione sociale” rappresentata dalla rivoluzione digitale e dall’intelligenza artificiale. Il riferimento al lavoro, alla giustizia e alla dignità dell’uomo nell’era tecnologica configura una nuova dottrina sociale in nuce, con un accento fortemente propositivo e “razionalmente umanistico”, più vicino a una visione antropologica che ecologico-esistenziale. 

A ciò si aggiunge l’omelia del giorno precedente nella “Messa pro Ecclesia” celebrata nella Cappella Sistina, in cui il nuovo pontefice ha messo in guardia contro la riduzione di Cristo a “superuomo” o a “guru carismatico”, denunciandola come forma moderna di ateismo. 

Qui si intravede una critica implicita a certe derive postmoderne che, con toni più concilianti, erano state tollerate o persino accompagnate da Francesco nel nome del dialogo con il mondo. In Leone XIV torna, invece, una postura più assertiva: l’evangelizzazione non è solo accompagnamento, bensì anche annuncio netto e correzione della deriva culturale. 

Ancora, nella stessa occasione, il Papa ha affermato che la fede oggi viene spesso subordinata a ideologie secolari, tecnologia, denaro, potere e che è necessaria una rifondazione della missione apostolica. 

Si tratta di un cambiamento di lessico e di tono: Francesco ha prediletto il paradigma dell’inclusione e dell’ascolto, Leone XIV sembra, viceversa, ripartire da un’esigenza di discernimento critico e di ri-evangelizzazione identitaria. Non mancano certo parole di apprezzamento per il predecessore, scontate in questa fase di inizio pontificato: Leone XIV ha riconosciuto nell’ Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” del 2013 un testo chiave del pontificato di Francesco e ha riaffermato il valore della sinodalità. 

Tuttavia, l’uso stesso di termini come “prolungamento del Concilio” potrebbe essere inteso non come mera continuità, ma come desiderio di correggere o rifocalizzare, nel tempo, alcuni esiti pastorali ritenuti troppo sbilanciati in nome di una oramai improcrastinabile “ermeneutica della Veritá” in relazione ad alcuni documenti del Vaticano II che si prestano ad ambiguità interpretative. In questo quadro, l’interpretazione di don Pozza appare troppo accomodante. Il suo approccio lirico e rassicurante ignora la dimensione dialettica della tradizione viva della Chiesa. Ogni pontificato è anche un atto filosofico, che porta con sé una visione dell’uomo, della società e della grazia. Dire che “è lo stesso Vangelo, catturato da postazioni diverse” è vero solo fino a un certo punto: perché le “postazioni” determinano non solo lo sguardo, ma anche le scelte, i criteri, le priorità. E in questo, Leone XIV ha già indicato che non si limiterà a proseguire, ma a reinterpretare e, in certi casi, forse, a correggere.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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