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In risposta all’articolo del Prof. Vito Mancuso

L’articolo del prof. Vito Mancuso, lungi dall’essere una riflessione teologica rigorosa, si configura come un’operazione ideologica che maschera, sotto un linguaggio apparentemente profondo, l’adesione a un paradigma filosofico radicalmente incompatibile con il cristianesimo. 

L’errore fondamentale risiede nell’assunzione di una visione della verità come tensione irrisolta o conciliazione dialettica degli opposti. Ciò che Mancuso celebra come “complexio oppositorum” non è l’analogia dell’essere né l’unità nella distinzione propria della metafisica tomista, bensì un principio di sintesi relativista, in cui l’opposizione non è giudicata ma inglobata e, quindi, svuotata di contenuto. 

Il cristianesimo, invece, è fondato sull’assolutezza dell’essere e sull’identità della verità con l’Essere stesso: “Ego sum qui sum” (Cfr. Es, 3,14). In questa prospettiva, la verità non è ricerca aperta al molteplice senza criterio, ma è adeguazione dell’intelletto all’essere, secondo l’insegnamento di Aristotele e Tommaso. L’unità non nasce dalla fusione del contraddittorio, quanto dalla subordinazione delle parti a un principio superiore. È questo che fonda l’ordine reale del cosmo e dell’intelligenza.

La proposta di Mancuso dissolve, invece, l’ordine nell’indeterminato, confondendo la trascendenza con l’inesprimibile e la fede con una sensibilità estetico-esistenziale. L’elogio dell’ateo “nobilmente pensoso” è solo il corollario di questa visione: l’ateo diventa non colui che nega Dio, bensì una figura addirittura paradigmatica del pensiero autentico, perché instabile, inquieto, non dogmatico. Tuttavia, si dimentica che l’ateismo, nella sua essenza, non è solo un fatto psicologico o esistenziale, ma un rifiuto ontologico dell’atto di essere come dono. È la volontà di fondare l’essere sul nulla, la ragione su sé  stessa, la libertà sull’indeterminazione. È un atto, per così dire, antimetafisico. Perciò non può essere assunto come figura del pensiero, ma solo come cifra della sua decadenza.

La fede non nasce dal deserto interiore o dalla nobile incertezza, ma dalla grazia che illumina l’intelligenza e muove la volontà verso il vero e il bene. Dire che la religione deve “risvegliare l’umanità” e “non possederla” equivale, in fondo, a negare che la verità abbia una forma storica, visibile, sacramentale. Ma questa è precisamente l’essenza dell’incarnazione: la verità si è fatta carne. E la Chiesa non è una tra le tante espressioni spirituali dell’umanità, bensì il corpus veritatis, perché fondata sul Logos fatto uomo. 

Qualunque discorso che la riduca a simbolo dell’apertura infinita, senza criterio, tradisce la logica dell’essere. In conclusione, l’articolo di Mancuso è costruito sulla negazione del principio di non contraddizione e sul rifiuto dell’ordine finalistico della realtà. È il riflesso tipico di una gnosi contemporanea che preferisce l’indefinito al definito, il possibile al reale, l’esperienza soggettiva alla verità oggettiva. Ora, “veritas non quaeritur in se ipsis”, come insegna  Agostino, “sed in illo uno sunt unum” (che, poi, è il motto del nuovo pontefice Leone XIV): la verità non nasce dall’uomo che pensa, bensì dall’essere che si dona. E questo essere ha parlato una volta per sempre in Cristo.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

Prof. Aldo Rocco Vitale – Filosofo del diritto

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