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Ius Scholae: quali sono le regole per assegnare la cittadinanza

Nel marasma della cronaca rosa politica che ha coinvolto il Ministro della Cultura Sangiuliano, in Italia pare ci sia dimenticati che la politica non si fa nelle camere da letto dei membri del Governo, ma nelle Camere parlamentari. Eppure, paradossalmente, un tema degno di dibattito aveva visto la luce. È quello del cosiddetto Ius Scholae.

La questione è finita al centro della cronaca politica dopo l’apertura da parte del leader di Forza Italia Antonio Tajani, che si è detto favorevole alla redazione di una nuova legge sulla cittadinanza di stampo più inclusivo. Puntualmente, l’opposizione ha preferito ignorare il suo assist e continuare la sua campagna di discredito personale.

Il tema della cittadinanza, tuttavia, è quanto meno interessante da trattare. Il concetto di IusScholae è stato affrontato poco e male, e, spesso, senza risparmiarsi prese di posizione. Ma che cos’è davvero lo Ius Scholae? E come si differenzia dalle altre forme di attribuzione della cittadinanza?

Prima di parlare di Ius Scholae, è necessario chiarire il concetto di “ius” della cittadinanza. Lo “ius” della cittadinanza si riferisce ai diversi principi e criteri mediante i quali un individuo può acquisire la cittadinanza di un determinato Stato. Questi principi sono i modi attraverso i quali uno Stato decide chi può essere considerato suo cittadino. I principali criteri adottati sono tre: Ius ScholaeIus Sanguinis e Ius Soli.

Lo Ius Scholae è una forma di concessione della cittadinanza riservato ai ragazzi che vivono in un Paese diverso da quello della loro nazionalità che hanno completato un ciclo di istruzione specifico. La proposta di Forza Italia prevede la concessione della cittadinanza ai ragazzi stranieri che terminano il ciclo di istruzione obbligatoria, che in Italia comprende generalmente i primi 10 anni di studi.

Esistono diverse forme di Ius Scholae: si potrebbe, per esempio, concedere la cittadinanza solo al termine dell’intero ciclo di studi, oppure anche dopo le scuole primarie. In Europa, sono pochi i Paesi ad applicare lo Ius Scholae, ma forme di tale principio sono riscontrabili in Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia. In Italia, il dibattito sullo Ius Scholae è stato introdotto nel 2015, con una riforma che prevedeva la concessione della cittadinanza italiana ai bambini stranieri arrivati nel Paese prima dei 12 anni di età, dopo cinque anni di scuola.

Una forma che può essere paragonata allo Ius Scholae è lo Ius Culturae. Sebbene meno formalmente definito rispetto agli altri principi, lo Ius Culturae concede la cittadinanza in base a criteri di integrazione culturale e residenza prolungata in un Paese. 

Questo principio può includere fattori come la lunga permanenza sul territorio e l’integrazione nella vita sociale e culturale del Paese, senza necessariamente richiedere il completamento di un ciclo di istruzione specifico. Tuttavia, è importante sottolineare che l’applicazione dello Ius Culturae, non essendo esso universalmente riconosciuto come principio legale standard, può variare notevolmente tra i diversi Paesi. Un Paese europeo dotato di simili criteri è la Francia.

Ius Scholae e Ius Culturae, come si è visto, non sono le uniche forme di “ius” della cittadinanza esistenti. In Italia, infatti, vige lo Ius Sanguinis, secondo il quale sono considerati italiani solo coloro che hanno almeno un genitore italiano. Con lo Ius Sanguinis non importa dove la persona sia nata. L’unica cosa che conta è che almeno uno dei genitori abbia la cittadinanza italiana. La cittadinanza, insomma, viene “trasmessa” per via ereditaria. In generale, la maggior parte dei Paesi adotta lo Ius Sanguinis come principio predominante.

L’ultimo principio adottato dagli Stati è lo Ius Soli. Questo stabilisce che un individuo può diventare cittadino semplicemente per il fatto di essere nato in un determinato Paese. Nella sua forma “pura”, lo Ius Soli prevede l’assegnazione della cittadinanza se è soddisfatto il solo criterio di essere nato sul territorio del Paese: non hanno rilevanza né le origini, né la cittadinanza dei genitori, né se il bambino è nato in quel Paese per caso e non vi tornerà mai. La maggior parte dei Paesi che applicano il criterio dello Ius Soli sono quelli americani: USA, Canada, Messico ne sono degli esempi.

Molti Paesi decidono infine di combinare i criteri di Ius ScholaeIus Sanguinis e Ius Soli per facilitare il processo di naturalizzazione degli stranieri. Altri, invece, espandono il raggio d’azione di tali principi modificandoli leggermente. In Francia, per esempio, è in vigore il cosiddetto “doppio Ius Soli”. Questo garantisce la cittadinanza ai figli stranieri nati su suolo francese da genitori stranieri nati anch’essi su suolo francese e privi di cittadinanza.

Quello della cittadinanza, insomma, è un diritto complesso e variegato, che, al di là delle ideologie di partito, non può venire inquadrato in visioni manichee. Esso piuttosto, per essere pienamente compreso, necessita di un adeguato approfondimento.

Dario Lucisano

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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