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La forza del pensiero tomista contro le derive gender e lgbt

uomini con ambiti femminili, le nuove tendenze della moda

Il Ministro della Difesa pro tempore, Guido Crosetto (FDI), si è scagliato contro il generale Vannacci, direttore dell’Istituto geografico militare di Firenze, il quale ha definito, nel suo libro intitolato “Il mondo al contrario”, l’omosessualità una situazione di anormalità, minacciando azioni disciplinari in quanto si tratterebbe di espressioni che “screditano la Costituzione” (quella che, all’art. 21, tutela la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero, “pietra angolare dell’ordinamento democratico” (sent. n. 84/1969 Corte cost.)).

È solo l’ultima manifestazione di conformismo e sudditanza verso l’ideologia dominante, “livellatrice dell’essere e negatrice delle essenze”, che dimostra la assoluta e penosa mancanza di un pensiero filosofico degno di questo nome.

Eppure, la riflessione di san Tommaso d’Aquino (1225/1274), il più grande filosofo cristiano, ci aiuta a respingere quelle false accuse di “omofobia” che costituiscono la reazione più stupida e banale di fronte a certe affermazioni.

L’Aquinate, nell’ambito del suo realismo moderato, distingue all’interno degli enti reali i concetti di essenza (“essentia” in lingua latina) e atto d’essere (“actus essendi”). Ora, l’essenza indica il “che cos’è una cosa”, o meglio, per dirla con il prof. Giovanni Reale (1931/2014), “l’insieme delle note fondamentali per cui Dio, l’uomo, la pianta, si distinguono fra di loro”. In altri termini, l’essenza è l’attitudine all’essere (non è l’essere) da parte dell’ente con quegli aspetti e con quelle note suoi propri (ad esempio, per l’uomo l’apertura alla vita che implica la complementarietà a prescindere che si realizzi o meno etc.).

Un punto di partenza che il pensiero post/metafisico non può accettare: questo deve risultare, habermasianamente parlando, dialogico, comunicativo, includente e non escludente, aperto, un pensiero ove il “patriottismo costituzionale” comporta l’adesione a qualunque valore, a qualunque declinazione del principio personalista.

Eppure, proprio il superamento della metafisica classica dimostra la fragilità, la debolezza e le contraddizioni di questa prospettiva. Infatti, se si nega l’essenza, allora per la persona umana è indifferente essere ciò che è, oppure un’altra cosa, tendere al proprio bene oppure distruggersi (Poppi).

Questa conclusione, tuttavia, non regge. Vediamolo con un esempio concreto: da una parte si afferma che è indifferente che un rapporto sia patologicamente infecondo o naturalmente infecondo perché si considera sufficiente l’amore, dall’altra, però, la seconda evenienza comporta, come conseguenza non proprio irrilevante, il necessario ricorso a forme di maternità surrogata (una volontà di dominio sul reale) o altro per “avere” un figlio. Tutto questo sta a dimostrare che solo l’essenza determina l’ “esse”, secondo l’insegnamento del grande Cornelio Fabro (1911/1995), lo “limita”, lo “contrae” e lo “inserisce” nel tutto della realtà. Pertanto, l’ente si costituisce attraverso la comunicazione dell'”esse” proporzionato all’essenza, pena cadere in quell’indifferentismo cui conduce quella visione di essere meramente meccanicistica/naturalistica e, dunque limitante, propria della modernità.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

Foto: Credits dal web

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