Dapprima inascoltato, oggi ascoltato eccome. Il percorso di Robert Prevost, oggi Papa Leone XIV, è la storia di un cambiamento di tono e di guida. Dai primi timidi accenni come prefetto del Dicastero per i vescovi, fino al pontificato che si annuncia netto, identitario e, per molti, divisivo.
Nel suo recente discorso a porte chiuse, trapelato rapidamente ai media, Leone XIV ha lanciato un messaggio chiarissimo: la missione dei vescovi non è fare politica, ma testimoniare Cristo. Un richiamo che, pur senza nominarlo, ha avuto un bersaglio preciso: il cardinale Matteo Zuppi e quella sua scuola ecclesiale oggi molto presente in Italia e in Europa.
“Non c’è urgenza sociale che possa sostituire l’annuncio del Vangelo”, ha detto il papa, con parole che hanno il sapore della svolta. Leone XIV ha però usato anche parole inequivocabili: “La missione del vescovo non è quella di fare politica, ma di testimoniare Cristo. Non c’è urgenza sociale che possa sostituire l’annuncio del Vangelo.”
L’ex cardinale Prevost, considerato vicino alla visione ecclesiale più istituzionale e tradizionale, ha guadagnato rapidamente terreno nei vertici vaticani. Alcuni lo descrivono come colui che ha saputo interpretare e dare voce a una parte del collegio episcopale sempre più perplessa davanti a un certo protagonismo sociale di alcuni vescovi europei e latinoamericani. Alcuni vescovi, ha aggiunto, sembrano più a loro agio nei talk show che nei confessionali, più esperti di migrazioni ed ecologia che di escatologia. E questo, per Leone XIV, è un errore di fondo.
Il pontefice ha parlato di una Chiesa che non deve essere né partito né sindacato. Parole pesanti, che si inseriscono in un dibattito sempre vivo: quale deve essere oggi il ruolo del vescovo? Pastore o attivista? Guida spirituale o coscienza sociale? Leone XIV non ha dubbi: il rischio di confondere il messaggio cristiano con le cause terrene è alto. E va evitato.
Prevost, ora che è papa, sta riportando ad una Chiesa meno militante e più nella strada segnata da Ratzinger e questa adesso non è più solo un’opinione: è una rotta. Alcuni lo avevano soprannominato con ironia “il gatto silenzioso del Vaticano”. Ma il tempo dei miagolii è finito. Ora il papa ruggisce.
Non è un caso che nel mondo episcopale si stia già parlando di “restaurazione” o “riparazione”. Le dichiarazioni pubbliche di alcuni vescovi della cosiddetta “scuola Zuppi” sono ora viste con crescente sospetto. Il papa non intende punire, ma correggere. E riportare l’attenzione su ciò che per lui conta: la salvezza delle anime.
Il discorso di Leone XIV riapre il dibattito su quale debba essere il vero ruolo dei vescovi in un mondo che cambia rapidamente. Devono essi essere guida spirituale o anche coscienza critica della società? Devono parlare solo di Cristo o anche di migranti, guerra, economia, ecologia? È un confine sottile, dove le sensibilità teologiche e pastorali si confrontano senza sosta.
Intanto, nelle sacrestie si discute e nei corridoi del Vaticano si fanno conti. Quale sarà la prossima mossa? È difficile dirlo. Ma una cosa è certa: la Chiesa voluta da Leone XIV parlerà meno di politica e più di Vangelo.
Chi ha orecchi, intenda.
Andrea Caldart
Foto copertina: credits vaticannews