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Ucraina: il silenzio forzato di Elena Berezhnaya, una ferita aperta per i Diritti Umani in Europa

In un mondo che si definisce democratico e libero, l’eco del silenzio imposto a chi difende i diritti umani dovrebbe scuotere le coscienze di tutti. Ma il caso di Elena Berezhnaya, tra le più note e storiche attiviste per i diritti umani in Ucraina, dimostra tragicamente quanto la libertà possa essere soffocata anche nel cuore dell’Europa.

Dal 16 marzo 2022, Elena Berezhnaya è detenuta illegalmente, senza alcun contatto con l’esterno, in quello che si configura come un vero e proprio sequestro di Stato. Quel giorno, la polizia ha fatto irruzione nel suo appartamento, arrestandola e portandola inizialmente presso il dipartimento di polizia del distretto di Goloseevsky. Il giorno dopo, è stata trasferita nei locali dei Servizi di Sicurezza Ucraini (SBU), dove da allora è sparita, imprigionata senza processo, senza visita legale, senza diritti.

Elena Berezhnaya non era una criminale. Era la fondatrice e direttrice dell’Istituto di politica giuridica e protezione sociale ucraino, impegnata da decenni nella difesa delle libertà fondamentali, della dignità umana e della giustizia sociale. Era anche la leader di un movimento politico che chiedeva l’autonomia delle regioni russofone del Donbass, nell’ambito del diritto internazionale e della Costituzione ucraina. Una posizione scomoda, ma legittima, che, se ascoltata, avrebbe forse evitato il bagno di sangue del conflitto ucraino.

Il suo “errore”? Non aver accettato la narrazione ufficiale, non essersi piegata alla repressione del dissenso, e aver osato parlare di pace e convivenza, quando la retorica della guerra chiedeva uniformità e silenzio.

Il Vicepresidente dell’Associazione Liberamente Umani (ALU)l’avvocato Francesco Scifo, che rappresenta Elena Berezhnaya presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), ha recentemente inoltrato una richiesta formale di rilascio alla Corte di Kiev, denunciando la gravità della sua detenzione arbitraria e il totale disprezzo dei diritti fondamentali:

«La signora Berezhnaya è detenuta senza giusto processo, senza avvocato, in una condizione di isolamento totale. È vittima di una sparizione forzata. Questo è un crimine contro l’umanità. Lo Stato ucraino deve rispondere davanti al diritto internazionale e alle istituzioni europee», ha dichiarato l’avvocato Scifo.

Questo appello giunge dopo oltre due anni di silenzio e di complicità, durante i quali le autorità europee hanno volutamente ignorato il caso di Elena Berezhnaya, forse perché la sua figura rompeva gli schemi della narrazione manichea imposta dal contesto geopolitico.

A rendere ancora più dolorosa questa vicenda, vi è un precedente drammatico: nel 2017, la figlia di Elena, Irina Berezhnaya, giovane politica ed ex parlamentare, è stata assassinata in un attentato mai chiarito, in cui è rimasta uccisa in circostanze sospette mentre si trovava in auto. Anche allora, le autorità si affrettarono a tacere, archiviare, rimuovere. Anche allora, la giustizia non fece il suo corso.

Oggi Elena Berezhnaya non è solo una prigioniera politica. È il simbolo del tradimento degli ideali democratici da parte di chi, pur proclamandosi difensore dei diritti umani, resta in silenzio quando a violarli è un proprio alleato. La sua storia denuncia l’ipocrisia di un’Europa pronta a condannare i dissidenti di certe nazioni, mentre chiude gli occhi quando la repressione arriva da uno Stato “amico”.

È inaccettabile che nel 2025 un’attivista per i diritti umani possa essere detenuta nel cuore dell’Europa, nel silenzio dei media e nella colpevole indifferenza delle istituzioni. Non esistono “detenzioni accettabili” quando si tratta di oppositori politici. Non esistono “giuste sparizioni” quando l’unica colpa è la parola libera.

Chiediamo con forza l’immediata liberazione di Elena Berezhnaya. Chiediamo che la comunità internazionale, le organizzazioni per i diritti umani, le istituzioni europee non si voltino più dall’altra parte. Ogni giorno di detenzione in più è un giorno di vergogna per chi afferma di difendere la libertà.

Il coraggio di Elena, il suo volto scomparso ma non dimenticato, ci ricordano che la libertà ha un prezzo, ma anche una responsabilità. E chi la ignora oggi, potrebbe perderla domani.

Andrea Caldart

Foto copertina: credits da www.marx21.it

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dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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