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Un appello alla verità: il 9 giugno a Roma la voce delle famiglie delle vittime del “Olocausto Covid”

Il 9 giugno Roma sarà il cuore pulsante di una richiesta di verità, giustizia e dignità. In piazzale Clodio, davanti al Tribunale Ordinario – sezione penale – si terrà una manifestazione dal significato profondo, umano e civile: i familiari delle vittime della pandemia, e in particolare coloro che hanno subito danni gravi o irreparabili da scelte sanitarie imposte, chiederanno ascolto, rispetto, giustizia e risposte.

Dietro questa iniziativa non c’è rabbia cieca né ideologia, ma il dolore concreto di chi ha perso un coniuge, un genitore, un figlio. C’è il volto determinato di Simonetta Filippini, che da anni si batte per fare luce sulla morte del marito Enzo Galli. C’è l’impegno legale e scientifico del Prof. Avv. Carlo Taormina e della dott.ssa Barbara Balanzoni, che hanno deciso di affiancare le famiglie in questo difficile cammino giudiziario. E ci sono, soprattutto, centinaia di persone che non vogliono vendetta, ma verità.

La manifestazione non è un atto di rottura, ma un grido composto che chiede attenzione istituzionale. È una richiesta accorata di fare luce su decisioni, omissioni e responsabilità che hanno segnato in modo indelebile la vita di tanti cittadini. In un tempo in cui la memoria collettiva rischia di essere affievolita o manipolata, c’è chi vuole fare chiarezza, soprattutto per far emergere la verità contro le narrazioni ufficiali, leggi liberticide e consensi frettolosi di quel tempo.

Numerose persone, dai danneggiati ai familiari delle vittime del cosiddetto “vaccino” hanno già aderito e saranno presenti. Non si tratta di negazionismo o di strumentalizzazioni, ma della volontà di affermare un principio fondamentale: la salute non è solo una questione medica, ma anche sociale, politica e, soprattutto, umana.

In piazzale Clodio non ci saranno solo striscioni, ma persone con le loro storie. Non solo slogan, ma testimonianze. Non solo indignazione, ma la forza di chi ha scelto di non restare in silenzio. L’appello è rivolto a tutti i cittadini, indipendentemente dalle idee personali: partecipare significa sostenere il diritto di sapere, di porre domande, di chiedere giustizia con dignità.

Il nostro Paese ha bisogno di verità come dell’aria che respira. Ma oggi, quella verità sembra essere tenuta sottochiave. La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione del Covid ha inspiegabilmente secretato alcune audizioni fondamentali, impedendo ai cittadini di conoscere fatti e testimonianze che potrebbero ribaltare molte delle narrazioni ufficiali. E mentre l’opinione pubblica attende risposte, il governo Meloni, che aveva promesso discontinuità, ha scelto di nominare nel Consiglio Superiore di Sanità proprio alcuni dei protagonisti del vecchio CTS, cioè coloro che hanno promosso una linea dogmatica, priva di confronto e aperta critica, spesso bollando come “negazionismo” ogni voce dissenziente. È il paradosso italiano: si fa finta di combattere il negazionismo del passato, ma in pratica si illudono i cittadini facendo finta di cambia tutto per non cambiare nulla.

Ma la riflessione non può e non deve fermarsi alla politica. Anche la magistratura, per larga parte, ha sostenuto, o almeno tollerato, le decisioni governative dei mesi più bui della pandemia senza interrogarsi davvero sulla loro legittimità, proporzionalità e fondatezza scientifica. Misure straordinarie sono diventate ordinarie con l’avallo implicito di un potere giudiziario che, salvo rare eccezioninon ha esercitato fino in fondo il proprio ruolo di bilanciamento e garanzia. È tempo che anche il mondo giuridico si interroghi: dov’era la critica? Dov’era il controllo? Dov’era il diritto?

Il 9 giugno sarà dunque molto più di una semplice manifestazione: sarà un atto di resistenza civile contro l’oblio imposto, contro la paura di sapere. Un gesto collettivo che sfida il silenzio di comodo e l’omertà istituzionale, che troppo spesso hanno soffocato il dibattito, criminalizzato il dissenso e oscurato la sofferenza reale delle famiglie. Sarà un grido potente, che parte dal dolore ma si trasforma in richiesta di verità, in sete di giustizia. Chi ha sofferto non chiede vendetta, ma rispetto. Chi ha perso pretende risposte. Chi è stato zittito ora alzi la voce.

Perché non c’è vera democrazia se il dolore viene ignorato, se la verità resta sepolta sotto gli interessi, le connivenze e le complicità trasversali. Questo è un passo difficile, ma ormai non più rinviabile. Il popolo non chiede favori: pretende trasparenza. E la giustizia, quella vera, non quella piegata ai poteri del momento, non può più attendere.

Ci siamo chiesti, troppe volte, come sia stato possibile, nella Storia, guardare i treni partire verso i campi di sterminio senza intervenire, senza ribellarsi. Ora lo sappiamo. È bastato voltarsi dall’altra parte. È bastato accettare il silenzio. È bastato rimuovere la realtà. Ed è proprio questo il momento in cui scegliere se continuare a guardare altrove o restituire dignità alla memoria, alla verità e alla giustizia.

Andrea Caldart

Link utili:

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