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Un’ombra silenziosa: l’inquietante aumento delle morti improvvise

Qualcosa di profondamente inquietante sta accadendo, e il mondo sembra voler voltare lo sguardo. Un’ombra silenziosa si allunga su famiglie, comunità, scuole e luoghi di lavoro: quella delle morti improvvise. Un fenomeno che non conosce età, confini, né spiegazioni facili. Giovani sportivi che cadono a terra senza un perché. Genitori che non si svegliano più. Bambini che chiudono gli occhi e non li riaprono. La frequenza è scioccante, e cresce giorno dopo giorno.

I numeri, che parlano da soli, fanno tremare i polsi. In Italia, ma anche nel resto del mondo occidentale, le segnalazioni di decessi improvvisi sono aumentate in modo esponenziale. Non si tratta di allarmismo, ma di dati reali, che emergono da fonti ospedaliere, dai pronto soccorso, dai registri di emergenza, dai campi di calcio, dagli incidenti stradali. Casi senza apparente spiegazione medica, in soggetti senza patologie pregresse. Una ragazza di 16 anni che sviene in classe e non si rialza più. Un trentacinquenne che muore nel sonno, lasciando due figli piccoli. Un atleta dilettante che collassa sul campo durante un torneo amatoriale.

La domanda che tutti ci poniamo è una sola: perché?

Le spiegazioni sono vaghe, talvolta contraddittorie. Si parla di aritmie non diagnosticate, di stress, di condizioni genetiche sconosciute. Ma com’è possibile che tutto ciò sia esploso in così poco tempo? Cosa è cambiato? Dove sono le indagini serie, indipendenti, trasparenti?Possibile che di fronte a un fenomeno tanto grave si continui a minimizzare, a tacere, a rimuovere?

Le famiglie vogliono risposte. Le persone vogliono verità. E invece regna un silenzio pesante, quasi colpevole. La narrazione pubblica quasi non esiste. Ma mentre si aspettano dati più chiari, mentre le istituzioni si muovono con lentezza, le tragedie continuano. Ogni giorno.

“Mio figlio aveva 24 anni, faceva sport, non fumava. È morto nel sonno e ci hanno detto solo ‘arresto cardiaco’. Ma perché? Cosa c’era nel suo cuore? Non ce lo hanno mai spiegato”.

Parla Anna, madre di Luca, uno dei tanti giovani recentemente scomparsi all’improvviso. La sua voce è rotta dall’emozione e dalla rabbia. “Abbiamo chiesto un’autopsia completa, ma ci è stato detto che non era necessaria”.

Secondo i pochi dati raccolti da associazioni di tutela dei pazienti e vittime, meno del 30% dei casi di morte improvvisa riceve un’autopsia approfondita, con analisi tossicologiche e istologiche complete. Molti referti si chiudono con formule generiche: “arresto cardiocircolatorio”, “morte naturale”, “evento acuto imprevisto”.

Anche il sistema burocratico non aiuta. Le famiglie, in molti casi, devono fare ricorso alla magistratura per ottenere una perizia indipendente. Ma i costi sono altissimi, e non tutti se lo possono permettere e, nel frattempo, i dati ufficiali scarseggiano.

Non esiste un registro nazionale che raccolga i casi di morte improvvisa, con dettagli clinici e statistici aggiornati. Ogni regione agisce in modo autonomo, e l’assenza di un protocollo unificato rende impossibile tracciare un quadro epidemiologico chiaro.

Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, risalente al 2018, la morte improvvisa colpisce circa 1 persona su 1000 all’anno. Ma dal 2021 in poi si segnalano anomalie, un aumento preoccupante che non trova ancora una spiegazione condivisa, o forse non la si vuole dare.

C’è un contrasto che grida ancora di più vendetta e che nessuno sembra voler affrontare. Durante la pandemia, ogni sera, l’intero Paese si fermava davanti allo schermo. I bollettini televisivi delle 20.00 erano appuntamenti fissi, trasmessi come notizie di guerra: nuovi casi, nuovi ricoveri, nuovi decessi. Un martellamento mediatico costante, volto a tenere alta l’attenzione – e spesso anche la paura.

Oggi, invece, regna un silenzio inspiegabile. Nessuna breaking news per ragazzi morti senza motivi apparenti. Nessun collegamento in diretta per madri stroncate da un malore fulminante. Nessun “speciale” televisivo dedicato all’impennata delle morti improvvise.

Cosa è cambiato? Perché il dolore non fa più notizia?

Forse perché il fenomeno delle morti improvvise è scomodo. Forse perché ammettere che c’è un problema richiederebbe di porsi domande difficili. Ma la stampa non può essere selettiva solo quando conviene. Non si possono accendere i riflettori solo quando fa comodo o serve alla narrativa unica.

Mentre un tempo si contavano i decessi uno ad uno, oggi le morti improvvise si dissolvono in una nebbia di indifferenza. Nessun titolo in prima pagina. Nessun approfondimento in prima serata. Solo piccoli trafiletti, spesso senza nemmeno un nome, senza una storia, senza memoria.

E così, mentre il numero cresce, l’attenzione cala. E il pubblico, anestetizzato, finisce per accettare l’inaccettabile.

Il dolore è sordo, ma reale. Le immagini di madri che stringono tra le braccia fotografie incorniciate, i funerali pieni di fiori bianchi, le lapidi fresche in cimiteri che accolgono vite spezzate troppo presto. È una ferita che attraversa l’intero tessuto sociale che non possiamo più ignorare e soprattutto non possiamo più dire la solita frase fatta: “è sempre successo”.

Non è questo il momento del silenzio. È il tempo del coraggio, della trasparenza, della responsabilità. Dobbiamo pretendere risposte, pretendere indagini serie, pretendere che si faccia tutto il possibile per fermare questa emorragia invisibile che ci sta portando via figli, fratelli, amici, conoscenti, colleghi, madri, padri.

Non possiamo più fingere che sia tutto normale. Perché non lo è.

Ogni vita che si spezza senza spiegazione è una domanda lasciata in sospeso. E ogni domanda senza risposta è una ferita che non può rimarginarsi.

Andrea Caldart

Foto copertina: credits Ridofranz (www.francescoridolfi.com)

Fuori dal Silenzio

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dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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