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Attualità De “La Dittatura Dei Valori” di Carl Schmitt

L’opera “La dittatura dei valori” di Carl Schmitt (1888-1985), tra i più autorevoli filosofi della politica, contiene una delle sue riflessioni più penetranti e provocatorie sulla trasformazione del diritto e della politica nel mondo moderno. 

Scritto nel 1959, questo breve ma densissimo testo non può essere compreso appieno se non lo si colloca nel cuore del pensiero schmittiano, o meglio all’interno della sua “teologia politica”, che ha sempre gravitato attorno al nodo cruciale del rapporto tra decisione e norma, tra ordine e legittimità. 

Nell’opera in esame Schmitt non si limita a una critica dell’ideologia dei diritti umani o della sovranità condivisa, bensì mette a nudo una mutazione ben più profonda: la sostituzione della normatività giuridica con una moralizzazione integrale del diritto, che si traduce in una forma nuova di dominio, più sottile e pervasiva. 

Il diritto, secondo Schmitt, perde il suo carattere di misura e imparzialità, per diventare veicolo di imposizione di presunti “valori universali” che, lungi dall’essere neutri, si rivelano strumenti di potere. In questo senso, il valore, che si presenta come superiore e indiscutibile, diventa esso stesso principio di esclusione e discriminazione, fondamento di una dittatura che non tollera dissenso, poiché chi non condivide un valore è immediatamente visto come nemico del bene (“Non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire”. È noto il ritornello, privo peraltro di qualunque fondamento scientifico, di Mario Draghi). 

Questa riflessione si ricollega a tutta la parabola teorica di Schmitt, per il quale la politica è sempre decisione amico-nemico, e il tentativo moderno di neutralizzarla attraverso l’etica o l’economia è destinato a fallire o a produrre nuove, più insidiose forme di violenza. 

Nella dittatura dei valori si consuma infatti l’ultima evoluzione della tecnica politica moderna: non più il comando del sovrano né la legalità impersonale dello Stato borghese, ma la legittimazione attraverso narrazioni valoriali, che si impongono come dogmi religiosi senza possibilità di confronto. L’apparente umanitarismo si tramuta in giustificazione della guerra, l’universalismo in maschera del dominio, la tolleranza in censura. Lo vediamo in questi giorni di “narrazione bellica”. 

Queste intuizioni, lungi dall’essere mere provocazioni del passato, risuonano oggi con una forza inquietante nel contesto dell’Unione Europea. L’UE, presentata come spazio post-nazionale fondato su valori condivisi, quali libertà, democrazia, diritti umani, sembra incarnare perfettamente la metamorfosi descritta da Schmitt. 

In nome di questi valori, si giustificano ingerenze negli ordinamenti degli Stati membri ad esempio attraverso lo strumento del “Next Generation UE”, si delegittimano posizioni politiche divergenti, si costruisce un’identità priva di radici storiche e culturali, ma carica di pretese morali.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

Foto copertina: credits wikipedia 

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