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Home Cultura Cultura e società Che cos’è l’essenza di un Ente e dell’Uomo in particolare? 

Che cos’è l’essenza di un Ente e dell’Uomo in particolare? 

L’essenza, nel pensiero aristotelico-tomista, è ciò che fa sì che una cosa sia quello che è, e non qualcos’altro. 

È la “natura” (da non intendersi in senso biologico) di un ente, cioè l’insieme delle sue proprietà fondamentali, costanti e intelligibili che lo definiscono. Nell’uomo, l’essenza è essere un “animale razionale”: un vivente corporeo, dotato di sensibilità, ma soprattutto di ragione e volontà libera. Questa essenza, però, non è qualcosa che l’uomo inventa o sceglie, bensì qualcosa che riceve e che scopre, vivendo e riflettendo. L’uomo, in questa prospettiva, non è un semplice aggregato di fenomeni o di atti di coscienza, ma un ente reale, dotato di una natura specifica che ne definisce l’identità e ne orienta l’agire verso un fine proprio. L’essenza, in tal senso, non è una costruzione linguistica né una proiezione soggettiva, ma ciò che rende l’uomo comprensibile alla ragione e inserito in un ordine ontologico e teleologico. 

Come scrive il prof. Antonio Poppi, “la nozione di natura umana si fonda su un dato intelligibile, oggettivo, che la ragione scopre, non inventa” (cfr. Filosofia e metafisica, 2001). 

In tal senso, l’essenza non si deduce da uno schema mentale, dal momento che si coglie attraverso l’esperienza e la riflessione. Cornelio Fabro (1911-1995), uno dei più grandi tomisti del ‘900, ha chiarito come la nozione di essenza sia implicita nell’atto stesso di pensare l’essere: “Non si dà pensiero dell’essere se non attraverso l’essenza, che è la modalità propria dell’ente nel suo manifestarsi alla ragione” (cfr. La nozione metafisica di partecipazione, 1950).

Negare l’essenza significa, allora, negare la possibilità stessa di pensare l’essere in modo coerente, riducendo tutto a flusso, divenire o volontà. La filosofia moderna e contemporanea ha spesso rigettato la metafisica dell’essere, a favore di visioni nominalistiche, esistenzialiste o costruttiviste. 

L’empirismo radicale, il positivismo logico e parte dell’ermeneutica contemporanea sostengono che l’essenza non esista fuori dalla mente, riducendola a una funzione del linguaggio o a una convenzione culturale. 

Tuttavia, questa posizione si autodistrugge, poiché per negare l’essenza si presuppone una natura dell’uomo capace di verità e significato, che è già, implicitamente, un’affermazione ontologica. Scrive Mario Caponnetto, medico e filosofo argentino: “l’essere dell’uomo precede ogni funzione sociale e ogni atto di volontà. Senza riconoscere questo primato ontologico, il diritto si dissolve nella tecnica” (cfr. Derecho natural y persona humana, 1998).

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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