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Home Cultura Cultura e società Giordano Bruno, chi era costui?

Giordano Bruno, chi era costui?

Frate domenicano, filosofo forse, scienziato sicuramente no, riconosciuto mago ma così non si riteneva, pensatore libero o solo libero di pensare.

La figura di Giordano Bruno è certamente una della più controverse della storia, non solo del XVI secolo. Eretico e per tale ragione mandato al rogo nel 1600 dopo oltre 7 anni di processo nel vano tentativo di salvargli la vita nella speranza che abiurasse alle sue idee, infine la Santa Inquisizione ha dovuto applicare la legge marziale.

Di Giordano Bruno e della complessità del suo profilo se ne è discusso al seminario web organizzato da Unidolomiti di Belluno dal titolo “Giordano Bruno: Profeta del Libero Pensiero o anticipatore del nichilismo post-moderno? 

Un titolo affascinante che mi fa riflettere sugli ultimi tre anni trascorsi, introduce Lamberto Colla – direttore della Gazzettadellemilia.it e di quotidianoweb.it – chiamato a moderare il seminario. Come Giordano Bruno si era posto in posizione di protesta verso la Chiesa, soprattutto in quanto dimensione istituzionale e verbo universale incontrovertibile, altrettanto i pochi che hanno tentato un approccio critico all’unica versione “pandemica” piuttosto che sul ruolo dell’Italia e dell’UE nel conflitto in Ucraina, sono stati schiacciati da insulti palesi e emarginati persino dal lavoro. Uno per tutti il premio Nobel Luc Montagnier etichettato come “rincoglionito” nonostante fosse stato buon profeta su quanto sarebbe poi accaduto con le varianti del virus. Più recentemente lo stesso Silvio Berlusconi, solo pochi giorni fa, è stato rimproverato da Manfred Weber, Gruppo PPE, che gli ha rammentato come il “sostegno all’Ucraina non è facoltativo“.

Viene perciò da chiedersi se la critica non sia più consentita.

Su questo dubbio mi fermo per assistere con interesse a questo confronto tra luminari e studiosi di Giordano Bruno, forse il più panteista tra i panteisti.”

Prima di dare spazio agli interventi programmati, il moderatore lascia spazio ai saluti degli ospiti a partire da Francesco Pingitore (Presidente della III Commissione del Consiglio Comunale di Belluno), quindi al Direttore del SSML /Istituto ad Ordinamento universitario “Gregorio VII” di Roma Gregorio Perillo e a Adriana Bisirri Direttrice della SSML/Istituto ad Ordinamento universitario “Gregorio VII” di Roma. Ai saluti si sono quindi aggiunti anche Don Luca De Rosa– insegnante di filosofia all’Università Regina Apostolorum – e Elisabetta De Septis, Università Pio X – Venezia, Dottorato in Diritto Canonico, avvocato in Padova, patrocinante in Cassazione e nei Tribunali ecclesiastici. 

A sbaragliare il campo è stato il primo intervento a opera di Francesco Borgonovo – Vicedirettore de “La Verità” – il quale si pone subito in contrasto con gli stereotipi assegnati a Giordano Bruno. 

“Vi ringrazio dell’invito e su questo argomento ho una posizione molto radicale. È un falso pensare a Giordano Bruno come un eroe del libero pensiero, che si oppone all’oscurantismo della Chiesa cattolica. Giordano Bruno non è un eroe della modernità ma è una delle ultime figure precedenti della modernità. È invece uno degli ultimi grandi maghi. Per lui memoria e fantasia servono soprattutto alla manipolazione della realtà. Non è quindi una persona moderna ma medioevale. E non è nemmeno un perseguitato della Chiesa che addirittura cercò di salvarlo, attraverso un processo durato oltre sette anni.”

Per il giornalista, Giordano Bruno non era l’uomo del pensiero libero, era anzi particolarmente legato all’esoterismo, assorbe temi antichi e riprende temi platonici e agnostici e non per nulla è assimilabile all’idea ambientalista. La mnemotecnica è il suo strumento di manipolazione “magica” per la quale era apprezzato in mezzo continente. Era un uomo in contrasto con tutti, “riusciva a litigare anche con chi gli dava ragione” ha chiosato Francesco Borgonovo.

A Francesca D’Alberto (Dottore di ricerca in Filosofia SSML/Istituto ad Ordinamento Universitario “San Domenico” di Roma/Campus Universitario Unidolomiti di Belluno) il compito di illustrare la figura di Giordano Bruno attraverso una relazione introduttiva che prende in esame la vita e il suo peregrinare tra le varie capitali d’Europa, al seguito dei potenti per ricever protezione ma anche per avere la possibilità di esporre le sue idee.

Giordano Bruno – commenta Francesca d’Alberto – si faceva pochissimo al liceo e all’università perché non ero un filosofo, non era nemmeno uno scienziato ma un mago,  Dopo Michele Ciliberto sono uscite due interpretazioni che lo collocano nel passato ma anche nel presente e addirittura nel futuro. La Francesc YATES dice che era un pensatore del passato. In contrasto con Yates Carlo Sini ha invece affermato che è un pensatore contemporaneo e che anticipa i tempi del nichilismo.

Mi lego molto a quanto sostenuto da De Rosa che ha accennato al fatto che Bruno va letto nel tempo in cui ha scritto quel che ha scritto. Negli ultimi anni alcuni studi lo hanno avvicinato a Friedrich Nietzsche come i pensatori attuali – gli Eroici Furori – interpreti del nichilismo.

La figura di Giordano Bruno è importante perché non è limitato all’Italia

La docente riepiloga tutta la vita di Giordano Bruno attraverso il sussidio dei documenti dei processi che l’hanno visto coinvolto.

A Ginevra si scontra con la realtà calvinista, perché alla fine non vuole convertirsi. Poi in Francia con Enrico Terzo, appassionato di mnemotecnica, che lo voleva come mago, seppure lui stesso non si considerasse tale ma riteneva quello strumento una espressione divina della natura, non magico. Ma Enrico III gli offrì la possibilità di insegnamento e soprattutto di un pubblico disposto ad ascoltarlo.

Poi passa in Inghilterra, dove scrisse la maggior parte delle opere, ma alla fine si venne a scontrarsi anche con i professori di Oxford sulle teorie scolastiche e con la loro teoria geocentrica arrivando a rompere anche con loro.

Ma è proprio in Inghilterra dove scrive i Dialoghi Italiani e la sua visione del mondo, teologica cosmologica e morale.

Infine, in Germania prende contatto con i luterani ma arriva a rompere anche con loro.

Tornato in Italia trova rifugio a Venezia dal 72esimo Doge Giovanni Mocenigo dove pensava di poter essere più lontano dalla mano romana della inquisizione.  

Alla fine, invece Mocenigo lo denunciò alla inquisizione per questioni teologiche, nel momento in cui Giordano Bruno aveva manifestato l’intenzione di andarsene. 

Trasferito a Roma, qui le accuse da eretiche, per le quali sarebbe stato anche disposto a abiurare,  vennero volte alle sue tesi filosofiche, che invece non intendeva rinnegare aprendo la strada a Campo dei Fiori dove, nel 1600, venne messo al rogo con una maschera che gli impedisse di parlare.

Una interessante teoria di Giordano Bruno riguarda l’identità degli esseri viventi che si differenziano solo per le forme e l’uomo si distingue per la mano e la sua capacità di manipolazione tecnica e trasformazione delle cose che perciò lo avvicinano a Dio.

La Biografia di Bruno – conclude Francesca D’Alberto, mostra un uomo in contrasto con la Chiesa anzi con tutte le altre chiese, cristiana, calvinista e luterana.  

Daniele Trabucco (SSML/Istituto ad Ordinamento Universitario “San Domenico” di Roma/Campus Universitario e di Alta Formazione “Unidolomiti” di Belluno e Dottore di Ricerca in istituzioni di Diritto Pubblico), sottolinea che per analizzare la figura di Giordano Bruno sia necessario abbandonare la retorica che carica la sua figura. 

Trabucco anticipa che si limiterà a raccontare le dimensioni processuali che hanno coinvolto Giordano Bruno.

“Il filo conduttore di questo seminario è chiedersi se Giordano Bruno sia davvero l’emblema della tirannia della Chiesa sul libero pensiero o se Bruno non sia però una figura di transizione che anticipa alcuni germi della modernità. 

Io credo che sia necessario abbandonare tutta la retorica che accompagna Bruno.

Quindi una figura da analizzare e contestualizzare in quel groviglio di problematiche dell’epoca. Problematiche in campo della divisione della Chiesa, storiche e anche giuridiche, quindi a non inquadrare Bruno con le nostre categorie.”

Si può anche sostenere – sempre stando all’intervento di Trabucco – che in Bruno c’è una grande ansia di successo, una ansia di prestazione con l’Idea di usare gli strumenti della mnemotecnica per dominare, sulla natura, sul cosmo e sin qualche modo sull’uomo.

Un pensiero di dominio che ha un fine ben preciso, di sostituire il cristianesimo con una visione più naturalistica.

Un eroico furore di brama, di appetito di desiderio, di acquisire nuove forme per rendere la materia sempre perennemente diveniente.”

Bruno, secondo il cattedratico, anticipa la modernità. Si posiziona in una posizione di cerniera tra la cultura rinascimentale, neoplatonica con la visione moderna, “la gnosi moderna che Bruno incarna.”

L’esito finale della vita di Bruno, come anche confermato recentemente dal Cardinal Sodano, è la risultanza della “intolleranza”. Bruno è stato riconosciuto, come appare nel processo, un dogmatico intransigente. 

Rudi Di Marco (Già assegnista presso l’Università degli Studi di Udine. Socio Istituto Rosmini di Bolzano. Professore incaricato della Scuola di Dottorato in Criminologia Dell’Università “Humani Mundial” di Leon – Messico -. Dottore di Ricerca in Giurisprudenza. Avvocato), incentra la sua relazione prevalentemente sulla questione della “modernità” e “post modernità“, posto che ormai, in forza delle precedenti relazioni, ormai molto era stato descritto del personaggio sotto indagine.

Dopo aver ascoltato la biografia, la bibliografia, il pensiero della professoressa e il telegrafico precis intervento di Borgonovo e infine Trabucco che ha raccontato tutto del processo che avrei dovuto approfondire io, cercherò quindi di essere breve, considerando che comunque i problemi politico giuridici ci sono. Non intendo fare il processo del processo perché andrebbe contestualizzato compresa la pena comminata. Da sempre, sin da studente, mi ha interessato notare come il rogo di Bruno fosse simbolo di una martirizzazione mentre la ghigliottina francese fosse simbolo di Liberté. Visioni che sarebbero da approfondire“.

Gli argomenti su cui la relazione del professor Di Marco spaziano tra le problematiche connesse al vissuto di Bruno nella illegalità, al problema della libertà, al problema del pensiero, alla libertà di pensiero e alla verità, e infine al problema della modernità e della post-modernità.

Per iI mio maestro professor Danilo Castellano, modernità e post-modernità, dal punto di vista assiologico, hanno significato solo se lette alla luce del concetto di classicità. La classicità rappresenta il pensiero che non tramonta, il pensiero perenne. Nel pensiero moderno è un pensiero forte ma opposto al classico, è il pensiero orientato alla creazione della verità, non alla ricerca della verità come nel pensiero classico“.

Il pensiero del diritto affrontato in una prospettiva classica – continua Di Marco – si sintetizza in una domanda: Che cosa è il diritto? Si basa sul presupposto che il diritto, la giustizia siano qualcosa da cogliere. La prospettiva moderna non si interessa “del che cosa” ma “del come”, tanto è che al problema del diritto sostituisce quello dell’ordinamento, del come quel dato ordinamento disciplina quella particolare fattispecie? La Modernità parte da questo approccio! Il Come è il sostitutivo del che Cosa.”

Dal Conoscere al fare; è questo il vero passaggio dalla classicità alla modernità. Quindi la modernità porta dal conoscere al fare. 

Il passaggio è dal pensiero alla opinione e ogni opinione vale quanto le altre. Con le opinioni non ci sono punti su cui ancorarsi. Nel pensiero moderno è ancora ha una impostazione forte.

La postmodernità viene a mancare anche la falsa trascendenza, la forza del pensiero, non c’è più l’opinione che si assurge a pensiero, ma la concezione secondo la quale le opinioni possono coesistere e non esiste il metro per misurare le opinioni stesse.

La autodeterminazione assoluta della volontà consegue alla concezione dell’uomo come individuo che si autocrea. La persona diventa ciò che vuole.”

Il sistema post-moderno è, quindi, proprio del sistema del nichilismo e ogni opinione è opinione autorevole e il Dio, l’uomo e la bestia sono uguali.

“Il sistema post moderno rinuncia alla opinione.”

Nel post-moderno, “Se la persona si fa e crea come vuole, ecco che indicare il sesso nei documenti comporterebbe la violazione della libertà di essere ciò che si vuole”.

La postmodernità è liquida. L’uomo post-moderno non ha ragione di andare sul rogo, sul rogo si va per la verità; Gesù Cristo è andato in croce per la verità. “Sul rogo si va per la Verità e perciò Bruno non può essere post moderno.”

Bruno fa del suo nichilismo un principio per il quale vale la pena di morire e il cardinale Roberto Bellarmino ha infatti preso il toro per le corna, ponendo Bruno davanti a una scelta, perché la Verità non può convivere con la anti-verità “e perciò due verità che si contrappongono una non può essere vera. Nella post-modernità vale invece la inclusione, oggi anche gli ordinamenti giuridici tendono a essere inclusivi. 

È ovvio però che all’inclusione si contrappone una feroce esclusione, almeno fin tanto non si mette in discussione i criteri della inclusione stessa. 

“Questo è l’immagine di una ideologia debole, ma feroce!”

La postmodernità – conclude Di Marco – è deresponsabilizzazione perché elimina il pensiero, mentre il pensiero invece è libero, responsabile e morale“. La verità con la “V” maiuscola non ci si arriva ma ci si può avvicinare per approssimazione. Il pensiero non è fare, non è manipolare. 

Per Raffaella Scorano (laurea Statale in Filosofia) la figura di Giordano Bruno va sicuramente contestualizzata. 

Il pensiero di Giordano Bruno irrompe nella seconda metà del ‘500 in una europa tolemaico aristotelica che da Bruno viene smontata.

Bisogna dare consistenza alla sua visione cosmologica che ha delle conseguenze sull’aspetto anche etico. Nel momento in cui viene meno la visione geocentrica prende il sopravvento una visione multipla e infinite possibilità che la natura si mostra nelle infinite modalità e le manisono lo strumento che la natura offre’ all’uomo per interagire con la natura stessa. Bruno riesce a mettere anche in sinergia l’opera con la contemplazione.

Da questo punto di vista è all’avanguardia per i suoi tempi ed è plausibile che venga sconfessato, sia dai cattolici che dai luterani che dai calvinisti.

Giordano Bruno, sottolinea la Scorano, grazie agli eroici furori l’uomo riesce a ottenere la renovatio mundi. Legge, giustizia e libertà sono i capisaldi di una nuova identità sociale che è di fatto la forma repubblicana. 

Alla luce del contesto della seconda meta del ‘500, Bruno è un avanguardista perché sosteneva che la legge è chiamata a difendere i diritti di liberta affinché la liberta non si trasformi in sopruso altrui.

“Possiamo considerare Giordano Bruno un precursore delle tesi relativiste contemporanee? Assolutamente No“, si risponde la Scorano.

Gianluca Pietrosante (Docente di Storia e Filosofia. Giornalista pubblicista), cerca di dare una personale chiave di lettura. “Bruno rappresenta una di quelle pagine di storia che viene esaltata e spesso si ha un approccio ideologico. Con la Rivoluzione francese si vede sorgere la società progressista per dare spazio ai processi filosofici riformisti iniziati con Lutero.”

La realtà è brutta, cattiva e allora la creo.

Pietrosante racconta un aneddoto riferito da John Bossi, storico inglese che assegnava Giordano Bruno a un mistero dell’ambasciata di Londra dove aveva operato una persona con il nome in codice “Fagot“, che si occupava di controspionaggio, per conto dei francesi, utilizzando il saio.

“Non si hanno le prove certe che sia coincidente con Bruno ma è molto probabile che lo fosse”.

Pietrosante ripercorre, portando nuovi dettagli, sul girovagare di Giordano Bruno per l’Europa.

Non vedrei Bruno come martire della Chiesa e martire della libertà anche perché la Chiesa è sempre stata maestra di diritto“.

In conclusione, Giordano Bruno è da considerare un collante tra esoterismo e modernità ma “non parlerei di nichilismo perché Bruno aveva una sua verità” chiosa Pietrosante.

Prima di passare alla discussione finale, Lamberto Colla, lancia l’idea, peraltro accolta dai presenti, di un prossimo tema legato a “modernità e post modernità” in connessione alla situazione politica e sociale attuale.

Lamberto Colla Direttore

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