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Giovanni Gentile e la negazione del diritto naturale

La grande obiezione del pensiero filosofico neoidealista ad Hegel (1770–1831), massimo esponente dell’idealismo tedesco, è quello di non aver saputo superare la dialettica degli opposti.

Neppure Benedetto Croce (1866–1952), secondo Giovanni Gentile (1875–1944), con la sua dialettica dei distinti è riuscito nell’impresa, frantumando la vita dello Spirito in quattro momenti irrelati.

Per Gentile, invece, che ripensa fichtianamente l’hegelismo, l’unica realtà esistente è lo Spirito nel suo momento creativo, è l’Io assoluto come momento di autoctisi, di autocreazione.

Nel suo produrre, o meglio nel suo porsi come Soggetto, lo Spirito pone necessariamente anche l’Oggetto che non è diverso rispetto ad esso altrimenti si ricadrebbe nel dualismo che il neoidealismo obietta ad Hegel, in quanto deve essere visto sempre e solo all’interno del momento creativo. In questa prospettiva il diritto esprime la “volontà voluta”.

Detto diversamente, il diritto, nella filosofia gentiliana, è uno schema, è lo schema della legge attraverso il quale si realizza la morale, o meglio l’eticità dello Spirito, nella misura in cui la volontà viene concretamente realizzata. Il diritto “concreto”, allora, è la morale quale si realizza ogni qual volta una norma viene o eseguita spontaneamente dal cittadino o applicata da un giudice.

Ora, questo voluto non è meno opaco dello “iussum” positivista.

Concepire, infatti, il diritto come atto della volontà posto dall’Io trascendentale è sì coerente con le premesse dell’attualismo gentiliano, ma non è una spiegazione filosofica del diritto (Di Dario).

Alla formula degli antichi “ius quia iustum” bisogna sostituire, per il pensiero gentiliano, l’altra ossia “ius quia volutum”.

Il criterio del giusto e dell’ingiusto, sui cui poggia il giusnaturalismo classico, diventa un mero criterio cronologico e geografico.

In questo modo, però, si cade nell’empirismo storicista più assoluto, nella negazione di ogni principio e si perviene al livellamento di tutti i valori e la persona umana, ridotta ad individuo, è gettata in balia dell’onnipotenza dello Stato: un atomo indistinto di un immenso edificio.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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