Il modernismo, denunciato con fermezza dal grande Papa san Pio X (pontefice della Chiesa universale dal 1903 al 1914) nella Lettera Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” del 1907, non si presenta come un semplice errore dottrinale, ma come un attacco profondo all’essenza stessa della fede cattolica.
La sua radice filosofica è l’immanentismo, che riduce la religione a una realtà soggettiva e mutevole, fondata sull’esperienza personale e non sulla Rivelazione divina.
Il modernismo ha come obiettivo la distruzione dell’oggettività del dogma, ritenendo che la verità religiosa non sia qualcosa di eterno e immutabile, quanto una realtà in continuo divenire, soggetta ai cambiamenti storici e alle evoluzioni della coscienza umana. Giuseppe Sarto, consapevole che il modernismo non fosse una deviazione temporanea, bensì una minaccia sistemica, interviene con una risposta magisteriale che ha lo scopo di preservare l’integrità della fede cattolica, riaffermando il primato della Verità oggettiva e l’indispensabilità di una teologia che attinga alla filosofia aristotelico-tomista, in quanto sola in grado di mantenere saldo il legame tra fede e ragione. Nel corso del XX secolo, il modernismo si trasforma e assume nuove forme, soprattutto dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), manifestandosi in un neomodernismo che, pur ereditando le sue caratteristiche fondamentali, si adatta alle nuove sensibilità culturali e filosofiche.
Il neomodernismo non si caratterizza più, infatti, per una contestazione esplicita del dogma, ma per una sua reinterpretazione progressiva attraverso il linguaggio della “sinodalità” e del “dialogo con il mondo”.
Questo (il dogma), pur mantenuto formalmente, viene svuotato della sua forza vincolante e la Rivelazione viene ridotta a un fatto storico di cui la Chiesa deve dare una lettura che si aggiorna continuamente in base alle esigenze del presente. La prassi religiosa diventa centrale e l’autorità magisteriale viene frequentemente reinterpretata come un’istituzione in continua trasformazione, più preoccupata di “dialogare” con le diversità culturali che di custodire un insegnamento dottrinale fermo e immutabile. In questo scenario, il magistero di Papa Francesco ha mostrato aperture a prospettive che sono suscettibili di alimentare confusioni e derive dottrinali. L’accento posto sulla “sinodalità” (cfr. “Evangelii Gaudium”, n. 222-237 o lo stesso “Sinodo sulla sinodalità”) e sulla “pastoralità” come principio prevalente ha suscitato in molti il timore che si stia operando una mutazione profonda nella concezione della Chiesa, facendola apparire più come una realtà anfibologica e modulare che come un’istituzione gerarchica fondata su Verità definite e immutabili rivelate da Dio con l’incarnazione del Figlio.
La lettura dei “segni dei tempi” viene talvolta enfatizzata in modo tale da mettere in discussione la stabilità dei principi morali e dottrinali. Inoltre, l’accento sulla “realtà sopra l’idea” e il primato della “pastorale” (quasi una sorta di “action” di derivazione blondeliana) rischiano di dare l’impressione che la Ecclesia Christi, pur non rinnegando formalmente i dogmi e la dottrina medesima, li metta in discussione operativamente, relativizzandoli rispetto alle realtà sociali e culturali mutevoli. Alla luce di ciò, il nuovo Papa, dopo la morte di Francesco avvenuta in data 21 aprile 2025, si troverà di fronte a una Chiesa profondamente segnata da queste tensioni, che rischiano di indebolirne l’identità e la missione. L’azione del nuovo Pontefice dovrà essere incisiva, concreta e risoluta al fine di contrastare le derive neomoderniste, restaurando con fermezza la dottrina cattolica e riaffermando il primato della Verità rivelata. Il nuovo pontefice dovrà, in primo luogo, rivedere con chiarezza il ruolo del Magistero, riaffermando che la Verità non è un costrutto umano in continua evoluzione, ma una realtà oggettiva, fissata dalla Rivelazione divina. Occorrerà mettere in guardia contro le pericolose tendenze relativistiche e soggettiviste che sono insite nella logica neomodernista.
Un vero piano di restaurazione efficace per il nuovo Papa dovrà includere i seguenti punti chiave:
1. Riaffermazione della Dottrina Tradizionale: L’insegnamento della Chiesa dovrà tornare a essere fondato su una solida formazione tomista e su una metafisica realista che riconosca la stabilità e l’immutabilità della verità rivelata. Questo implica un ripristino della centralità dei dogmi e dei principi morali, non solo come elementi teorici, ma come fondamento di una vita cristiana autentica e coerente.
2. Restauro dell’Autorità Magisteriale: Il nuovo Papa dovrà riaffermare il primato del Magistero papale come garante della verità. La sinodalità, pur mantenendo la sua importanza come strumento di dialogo e di comunione, non dovrà mai sottomettere la dottrina alla maggioranza o alle “sensibilità” culturali prevalenti. Il Magistero dovrà esercitare il suo ruolo di custode della fede con autorità, senza cedimenti.
3. Formazione Teologica e Pastorale: Sarà necessaria una riforma profonda della formazione teologica dei seminaristi, che dovrà essere fondata sulla filosofia tomista e su un approccio realistico e sistematico alla teologia. Solo attraverso una solida preparazione filosofico-teologica sarà possibile contrastare le forze ideologiche che minano la fede cattolica.
4. Prevenzione delle Derive Relativistiche: Il nuovo Papa dovrà affrontare apertamente le correnti relativistiche che minano la comprensione della verità oggettiva. In particolare, sarà necessario rivedere l’approccio pastorale che, pur cercando di rispondere alle sfide del mondo contemporaneo, non deve mai compromettere la fedeltà alla verità rivelata.
5. Restaurazione del Culto e della Liturgia: La liturgia, quale espressione suprema della fede della Chiesa, dovrà essere custodita nella sua tradizione, evitando le contaminazioni che potrebbero diluire il suo valore spirituale e teologico. Sarà necessario un ritorno a una liturgia che non sia semplicemente “pastorale”, ma profondamente teologica, in grado di comunicare la trascendenza di Dio.
Solo un intervento che si radichi nel rispetto della Tradizione, ma che allo stesso tempo sappia affrontare con fermezza le sfide culturali del nostro tempo, potrà garantire alla Chiesa di rimanere fedele al suo ruolo di maestra di verità, in un mondo che sembra sempre più indifferente a ciò che è oggettivamente e eternamente vero.
Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it