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La Biblioteca del lavoro: Laura Romani 

Anime nascoste. Scratched souls.

Il lavoro amplifica i tratti distintivi delle persone. E dei personaggi della letteratura. È una carta velina che si appoggia alle caratteristiche della genetica. Il plot modella ciò che il Dna impone: prima, la genetica; poi, la dinamica della vita.  

Delle biografie, il lavoro rappresenta un capitolo denso.

Laura Romani, scrittrice parmigiana e biologa di formazione e professione, esordisce con un giallo: “La carezza del lupo”, pubblicato da Albatros.

È un intreccio di storie in scena su palcoscenici diversi. In ogni setting, il tipo di lavoro e l’attitudine dei protagonisti declinano azioni e identità a propria immagine.

Del libro proponiamo una lettura singolare. Filtrata attraverso le attitudini dei personaggi.

Attitudini al lavoro, attitudini alla vita 

Attitudine dominante. È quella più attraente e porta i capelli neri e gli zigomi decisi di un nativo navajo, adottato da genitori proprietari di una fattoria. Nei prati della grande azienda agricola, il protagonista cavalca senza sella e sotto la pioggia incessante quando deve sedare le emozioni forti. Gli capita spesso. L’adozione non ha cancellato il trauma dello sradicamento dalla cultura di origine. Tagliato con l’accetta, capace di passioni accese ma incapace di esprimere la sfumatura del sentimento. Lascia cavallo e prateria per studiare a Londra e per uccidere un dolore. Ma rimane sempre lui,Chayton.

Attitudine complementare. Laterale ai protagonisti principali del romanzo ma fondamentale nell’architettura del libro. È uno psichiatra e psicoterapeuta altamente competente, fra i primi in Europa. Tanto colto e brillante quanto solo. Chayton è molto più giovane di lui. In lui lo psichiatra non trova un paziente, ma un’alternativa all’alcolismo che ormai lo ha distrutto e sicuramente annoiato. Trasferire al giovane uomo, neolaureato in economia e anche in psicologia, parte della sua competenza significa illudersi di ricominciare. Chayton prende dallo psichiatra molto più della competenza specifica. Non è interessato solo all’ipnosi.  In sottofondo, la scrittrice tratteggia un transfert, quindi un controtransfert. Per scomodare Sigmund Freud. Lo psichiatra è William Patel.

Attitudine genetica. Non è un’opinione. E si esprime soprattutto nella fisicità del corpo. Il suo corpo è flessuoso come un giunco; i capelli sono del colore del grano, lisci e lunghi. La pelle è perfetta come la porcellana; gli occhi sono buchi del colore di mari lontani e puliti. È perfetta. Eppure, quando fuma di nascosto nel posto segreto degli innamorati lo sguardo diventa appuntito e selvaggio. Per andarsene dalla comunità di appartenenza si infila nel vorticoso mondo dell’immagine e diventa una fotomodella. Chi sia veramente Rosabel rimane un mistero fino a un punto inquietante e decisivo del romanzo.  A tratti ci si confonde con qualche passaggio di Wulf Dorn e di altra narrativa del genere giallo psicologico.  Laura Romani affida Rosabel all’attenzione e alle cure di una psicoterapeuta, mai citato espressamente ma molto presente in sottofondo. Rosabel racconta a diverse riprese l’ambiente superficiale della moda e delle passerelle.

Attitudine al riscatto sociale. Dettata dalla storia personale più che dalla genetica. Certe storie sono più forti della chimica del cervello. La violenza, le botte, le marchiature a fuoco del dolore. La fuga non cancella ma batte un sentiero tra i rovi. Non aspetta più, Alena. Se ne va in un’altra città. E cerca il riscatto del lavoro. Commessa, prima. Intanto il carnefice trova un’altra vittima, che non si difende. Allora Alena diventa il commissario Capovillari. Per riscattare tutte le altre, quelle che non ce l’hanno fatta. La sua storia personale le ha dettato la scelta del lavoro. Protagonista fin dalle prime pagine del giallo di Laura Romani. Alena incuriosisce anche Bruno Benelli, il padre di Rosabel e attiva la gelosia della moglie che indirettamente coglie il guizzo di curiosità del marito indirizzato altrove. È una poliziotta nei modi e nei fatti. Ha ricacciato il passato nell’ultimo cassetto della memoria. La scrittrice apre qualche feritoia alla curiosità del lettore nel corso delle indagini. Ma non indulge a dire ciò che non è necessario alla dinamica del romanzo.

Attitudine alla verità. Pulizie, cameriera ai piani. Che noia. E metodo e velocità. Se si vuole raggiungere uno stipendio pieno. Un lavoro ingrato, che richiede attenzione e dedizione e riservatezza. Chi lavora in albergo ha più informazioni di un agente di polizia. A volte si illude di vivere una vita diversa dalla propria, entrando e uscendo dalle stanze abitate da altri. L’incontro con le forze dell’ordine lo conduce lei, Aurelie Meunier. Scatta una fotografia istantanea ad ogni ospite dell’albergo. Nel disordine e nell’ordine di ciascuno lei coglie i tratti essenziali. È lei a bloccare il dialogo-interrogatorio con la polizia su un fermo immagine, che non la convince. Per motivi molto personali. Che decide di esternare. La testimonianza della protagonista rappresenta la sintesi tra passato e futuro dei protagonisti. E una chiave del giallo. Non l’unica.

Il plot

Un delitto, al margine del mondo delle passerelle. Sconvolge la vita di Rosabel. Un colpevole identificato, poi messo in discussione. L’indagine è a tutto campo, ma arriva a un punto di svolta quando il culmine di sofferenza raggiunto da una protagonista le fa capire quanto sia importante mettere in comune con gli investigatori una parte della sua vita, una pagina del suo lavoro. Un atto efferato che scava dentro le anime nascoste e graffiate.

La forma narrativa

Diario di fatti, in fila cronologica non perfetta. Perché la sequenza si interrompe per aprire squarci di curiosità su flash back, ciascuno collocato sempre in modo preciso nello spazio e nel tempo.

La cronaca della ricerca della verità codificata dalle date è un filo conduttore potente per il lettore.

Quanto dura la ricerca dell’autore del delitto; quanto è temporalmente profonda la causa che scatena la volontà di uccidere; quanto scava e quanto è radicata emotivamente nella vita dei protagonisti? Domande alle quali Laura Romani risponde con una scrittura capace di tenere alta l’attenzione.  Precisa e curata nella forma. Di architettura perfetta. La scrittura è artigianato intellettuale.

La scansione temporale dà il ritmo al romanzo.

Il tempo del romanzo scorre insieme a quello delle indagini.

La narrazione parte con la lentezza del mood del ritorno di Rosabel nella casa della famiglia d’origine. E’ la ricerca del tratto di matita suggerito dalla genetica. E’ l’aspirazione a ritornare in posizione fetale nella rassicurazione delle età teoricamente protette dagli adulti. La casa dell’inizio è il luogo dove si cercano le risposte. Il tempo di annusare gli odori dell’infanzia, di guardarsi intorno e di cercare con la ragione le differenze tra allora e ora, e il ritmo comincia a battere con intensità maggiore. Lento, corsa leggera, sosta di riflessione, galoppo.

Nel primo cerchio del romanzo, entra subito Rosabel. A centri concentrici, i comprimari.  Ciascuno con una storia che si dondola sull’altalena tra il presente e le equivoche rassicurazioni del passato e il presente che cerca scampo verso il futuro.

Francesca Dallatana

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

Laura Romani, La carezza del lupo, Albatros, Roma, 2025

Fuori dal Silenzio

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