Il lavoro è inclusione. Un’organizzazione è la rappresentazione sintetica della società. O perlomeno di una sua significativa parte. Ed è variopinta di diversità. Compongono le tessere del mosaico sociale: il genere maschile e quello femminile, le età, le abilità diverse, le possibilità professionali, i talenti, le attitudini, le disabilità, le potenzialità, le provenienze territoriali e quelle culturali. E la disponibilità al lavoro nelle fasi diverse della vita. E queste caratteristiche, proprio queste, si trasformano spesso in motivi di discriminazione. Espressa per le età troppo avanzate o troppo giovani, per le tendenze sessuali, per il genere, per il colore della pelle e per le disabilità latenti oppure codificate.
Le discriminazioni sono barriere che si celano con destrezza nei processi di selezione del personale.
Ma il mondo è variopinto. E se questo è il mondo sociale, un’organizzazione non può essere altro. E i criteri di selezione del personale oltre a tenere conto dell’ampio spettro di declinazioni e caratteristiche del genere umano devono dialogare con il board delle aziende e delle multinazionali per creare le condizioni di una inclusione culturalmente e umanamente ampia, potenzialmente più disponibile rispetto alle competenze necessarie alla mera esecuzione dei processi.
L’organizzazione deve avere una visione a lunga gittata per sopravvivere alle sollecitazioni dell’ambiente esterno, talvolta giungla dalla quale difendersi.
Il contributo di Rohini Anand dedicato a “Leading global diversity, equity and inclusion”, pubblicato da Berrett-Kohelere Publishers, Oakland, CA, è molto di più di una “Guida al cambiamento sistemico nelle organizzazioni multinazionali”.
E’ un viaggio di conoscenza attraverso storie di lavoratori, professionisti e aziende. Ambientato sotto i diversi cieli del globo terrestre. Forse è il primo libro dedicato alla sfida organizzativa delle politiche del personale attente alle diversità, all’equità e all’inclusione.
Lei, Rohini Anand, viene dall’impresa profit. Da sempre attiva nella divulgazione del nobile messaggio dell’integrazione e del rispetto per i lavoratori e le lavoratrici che fino a poco tempo fa erano considerati incompatibili con la vita aziendale per motivi obsoleti e inaccettabili. In una parola: discriminazione.
Racconta storie e riporta testimonianze ambientate in tutto il mondo.
Il nome dice la provenienza della famiglia d’origine: India. Americana d’adozione, intellettualmente curiosa e orientata all’osservazione di tutto ciò che si pone al di fuori dei confini del deja vu. Rohini Anand è Ceo della Rohini Anand Llc, una società che si occupa di diversità, inclusione ed equità. Il guizzo creativo del punto di vista fuori dalle righe è un tratto tipico degli outsider. Lei è una outsider di successo, innovatrice, già dirigente presso multinazionali dall’identità altisonante, quale Sodexho. Il libro ha il merito di percorrere il terreno ancora per molti versi inesplorato delle politiche Dei, Diversity, equity, inclusion. Attraverso la testimonianza di osservatori partecipanti nonché attuatori delle stesse buone pratiche. Cinque principi sintetizzano la complessità e la valenza incisiva dell’approccio Dei. Fra questi, alcuni sono altamente significativi.
Make it local.
Ogni Paese ha la propria eredità di dolore. Vero, semplice e duro. Le attitudini, le storie di esclusione e di discriminazione, la fatica dell’integrazione. In ogni angolo del mondo, una storia. Non è negandola che si costruiscono i ponti di un futuro inclusivo e multiculturale e rispettoso dell’imperfezione umana. E all’importanza di garantire il diritto all’inclusione attraverso il lavoro. Nel primo capitolo l’autrice cita Barilla e l’introduzione delle politiche Dei. A raccontare l’esperienza di Barilla è Kristen Anderson, responsabile del dipartimento dedicato all’inclusione e alla diversità fino a Giugno del 2021. L’approccio di tipo trasversale, considerato di interfaccia tra la precisione della lente di ingrandimento rivolta all’identità locale e il grandangolo capace di tenere insieme tutti i colori del mondo, si propone di prendere il tempo necessario per capire e osservare le diverse identità espresse dal territorio e dai territori di riferimento dei vari stabilimenti, per ascoltare le voci degli agenti di cambiamento locali e per costruire reti di relazioni dialoganti tra organizzazione e ambienti sociali di riferimento.
L’azienda è un sistema aperto. E diventa eco-sistema sensibile alle sollecitazioni dell’ambiente operativo, reattiva alle richieste e ai mutamenti sociali in corso. Grazie all’introduzione delle dinamiche e delle politiche Dei, l’azienda è diventata un interessante esempio di inclusione sociale.
Osservare da vicino e da lontano permette visioni distinte e diverse. L’identità è fluida. Non una immagine bloccata in una fissità senza tempo. “L’identità è socialmente costruita, non innata e non fissa. E può declinarsi a seconda delle situazioni.”, fa notare l’autrice.
I codici del razzismo.
Le parole dell’esclusione e del razzismo si insinuano nel linguaggio quotidiano. A volte nel linguaggio di lavoro. L’esempio dell’acronimo utilizzato in fase di selezione da parte di una multinazionale della selezione del personale è significativo: BBR sta per blanc, bleu, rouge e NBBR sta per noir, blanc, bleu e rouge. Francesi dalla pelle bianca e francesi dalla pelle nera. Le parole possono diventare etichette.
Capire il contesto, conoscere il lessico, la lingua profonda e locale del razzismo permette di indentificarlo. Capire richiede il tempo dell’analisi.
Go deep, wide, and inside out
Seminare in profondità i fondamenti delle politiche ispirate all’inclusione e alla diversità all’interno delle organizzazioni. Affinché gli ambienti di lavoro diventino inclusivi, flessibili e professionalmente disponibili al dialogo con disabilità e diversità. A partire dal processo di selezione e reclutamento, la prima pagina dell’inclusione negli organigrammi delle aziende. La disseminazione della cultura dell’integrazione richiede capillarità all’interno delle aziende, disponibilità alla trasformazione e un modello organizzativo ispirato all’innovazione non solo autocentrata ma dialogante con tutto ciò che sta fuori.
Rohini Anand non cita la responsabilità sociale dell’impresa. Ma indirettamente la invoca nel corso della narrazione di storie e di sfide dedicate alle buone pratiche delle politiche aziendali rivolte all’attuazione delle azioni per l’integrazione, per la valorizzazione delle diversità.
Barilla non è l’unica azienda citata, ma in numerosa compagnia di altre multinazionali impegnate e motivate nei processi di inclusione. Barilla rappresenta, però, nell’elenco di aziende elencate un esempio altamente qualificato: l’organizzazione ha saputo leggere un errore di comunicazione, datato 2013, e trasformare la riflessione in un motivo di rilancio organizzativo e commerciale, con un effetto sociale fortemente innovativo.
L’introduzione delle politiche della tutela dell’equità, della valorizzazione delle diversità e inclusione ha una valenza sociale a valanga. L’impegno delle aziende multinazionali condiziona la cultura organizzativa dell’indotto, della piccola e della media impresa. Che in Italia rappresenta la spina dorsale dell’economia.
Un nobile impegno con un costo, non solo economico. Il Diversity Mangement è un investimento sociale a interessi composti.
Francesca Dallatana
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it
