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Home Cultura e società La sanità pubblica italiana 

La sanità pubblica italiana 

Un Mostro che non cambierà mai.

Caro Direttore, rispondo alla bella lettera che Rino Basili ha scritto sui problemi che attraversa la sanità pubblica cercando il più possibile di allargare il discorso che la riflessione pubblicata su www.gazzettadellemilia.it inevitabilmente pone ‘provocando’- con la sua apparente semplicità- diversi stimoli intellettuali. 

I problemi analizzati andrebbero ‘osservati al microscopio’ uno per uno; cercherò di essere il più possibile sintetico e di provare a proporre qualche soluzione (difficile ci riesca, non essendo un sanitario, ma un cronista mi limiterò a raccontare ciò che ho visto azzardando – ecco forse questa è la parola esatta- qualche suggerimento), scusandomi fin da adesso con il nostro lettore, se la mia conclusione sarà pessimistica e non conforterà nessuno. 

Siamo tutti appartenenti ad una Nazione che – almeno in teoria – il 17 marzo 1861 è stata proclamata unita, anche se – e di questo mi rammarico – le tragedie che una persona del sud attraversa – non ho la presunzione di generalizzare ma noto che la tendenza è questa – vengono sentiti lontani da un cittadino di un paesino del profondo Nord e viceversa naturalmente. 

Tutto ciò non dovrebbe accadere.

La situazione della sanità pubblica al Sud è semplicemente disastrosa e mi auguro che questo tanto sbandierato Pnrr venga utilizzato nel modo giusto affinchè nel 2026 l’Italia possa definirsi un Paese veramente ricostruito in tutte le sue componenti dalle macerie lasciate dal Covid, e già su questo ho forti dubbi, ma l’argomento su cui intendiamo discorrere non riguarda il cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza ma la salute delle persone e perciò non voglio correre il rischio di allontanarmi dal disastro che stiamo tentando di focalizzare. 

Scrive nell’incipit il Dottor Basili che “assistiamo a diverse lamentele riguardanti l’assistenza sanitaria, del tipo: quasi due anni di attesa per una mammografia; circa un anno per una ecografia; una tac o un intervento chirurgico”

Tutto ciò è vero ed è semplicemente penoso ma vorrei aggiungere giusto per far comprendere ancora meglio in che razza di Paese viviamo un episodio accaduto un po’ di tempo fa in Sicilia. 

Un bambino di tre anni mentre si trovava in una piscina di un Residence, per una tragica fatalità, sbatté la testa perdendo conoscenza mentre era ancora in acqua, portato con l’elisoccorso nel più vicino nosocomio i medici non poterono fargli una tac perché le apparecchiature non funzionavano per cui questo povero piccolo venne trasportato in un altro ospedale arrivando purtroppo già morto. 

Nella mia città d’origine, per i curiosi è Palermo, non si contano i casi di bambini finiti all’ospedale pediatrico per aver ingerito sostanze stupefacenti che i piccoli hanno trovato a casa in possesso di genitori ai quali andrebbe immediatamente dato l’ergastolo. 

Purtroppo, caro Basili è andata sempre così, chi ha i soldi è andato e può andare nei migliori ospedali privati del Nord, chi invece è privo di denaro contante tanto che a stento riesce a mettere il pane in tavola, qualora dovesse affrontare un grave problema di salute può tranquillamente prendersela in quel posto.

Concludo questa amara riflessione proponendo due punti, il primo è un suggerimento mentre il secondo è un augurio. 

  1. Bisogna rafforzare il rapporto di collaborazione tra professionisti della sanità pubblica e istituzioni Educative sapendo coinvolgere anche le famiglie e intervenendo in modo risoluto nei contesti famigliari dove i genitori lasciano i loro figli abbandonati a loro destino. Non c’è bisogno di un antropologo che ci spieghi che siamo la specie, la quale a differenza di quella animale quando nasce è quella più bisognosa di cure, affetto e attenzioni; 
  2. Auspico fortemente che oltre ai malati per Covid ci sia una maggiore attenzione per chi ha altre patologie ma ho forti dubbi; ho 33 anni e ho sempre sentito le lamentele che il Dottor Basili riporta in modo puntuale. “Per una mammografia devo aspettare due anni”; “per una ecografia un anno e anche per una tac o un intervento chirurgico”. 

Storie vecchie, sentite dieci miliardi di volte, essendo oltretutto figlio di medici, e che l’emergenza pandemica ha moltiplicato all’infinito. 

Mi auguro che ci sia un cambiamento ma temo che questo non avverrà mai perché l’Italia è una Nazione prima di tutto disunita e poi da tempo immemore sprofondata in un eterno immobilismo da cui – per caratteristiche intrinseche del suo Dna – non uscirà mai; pur nondimeno mi auguro che questo Pnrr – paragonato ad una sorta di Piano Marshall 2.0 – possa portare più medici, più personale sanitario, liste d’attesa meno lunghe onde evitare di accentuare sempre di più il divario – le diseguaglianze  sono il vero problema dei nostri giorni – tra chi può andare negli ospedali privati e chi non se lo può consentire,  sempre meno strutture che cadano in mille pezzi facendo morire bambini innocenti. 

Ecco sogno tutto questo…ah scusate era un sogno. 

Siamo in Italia. Alla fine dei conti, anche tra cento anni continueremo a parlare delle stesse cose. 

Il cambiamento deve avvenire a livello prima di tutto politico ma, cari lettori, mettiamoci l’anima in pace; con gli statisti di cui siamo circondati oggi c’è poco da star tranquilli. 

Una buona settimana a tutti.

Francesco Graziano in collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

LINK UTILI

https://www.gazzettadellemilia.it/salute-e-benessere/item/38323-lettera-al-direttore-a-proposito-di-sanit%C3%A0-pubblica

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