Il periodo di convivenza prematrimoniale incide nella quantificazione dell’assegno divorzile?
Nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha fornito risposta a tale quesito, cambiando lo scenario giuridico preesistente.
La Suprema Corte ha, infatti, stabilito che, nel determinare l’assegno di divorzio e nel quantificarlo, occorre tener conto anche del periodo di convivenza, purché esso sia contraddistinto dalla continuità e dalla stabilità, che ha preceduto il matrimonio.
Il Giudice chiamato ad esprimersi sul diritto all’assegno divorzile e sulla relativa quantificazione, da oggi, alla luce della pronunzia resa dalle Sezioni Unite, dovrà, quindi, valutare il contributo dato da chi chiede l’assegno “alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi” già nel periodo di convivenza.
Così come dovrà essere valutata, sempre con riferimento a tale periodo, l’assunzione “di scelte condivise della coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possono ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio”.
La decisione è particolarmente importante, in quanto tiene conto del cambiamento sociale registrato rispetto al 1970 (anno nel quale è stata emanata la legge sul divorzio) e, quindi, della convivenza prematrimoniale come fenomeno sempre più radicato al quale si sta cercando, seppur timidamente, anche a livello giuridico, di dare pari dignità con il rapporto matrimoniale.
Avv. Emilio Graziuso – Avvocato Cassazionista e Dottore di Ricerca.
Presidente Nazionale Associazione “Dalla Parte del Consumatore”
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it