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Lavoro migrante: Giorgio Apostolou

Le braccia della politica. Work and thought.

Non erano fresche di pittura e di stucchi, le case dell’Oltretorrente, a Parma, negli anni Settanta. L’onda lunga del secondo dopoguerra aveva diluito nel tempo la rinascita urbana.

Le piazze erano piene di persone, però. Studenti e lavoratori: gente comune con lo sguardo al futuro.

Una pennellata di memoria per il suo primo tempo italiano: Giorgio Apostolou dal tavolone delle riunioni del Fronte comunista, ai Guasti di Santa Cecilia, nell’Oltretorrente, cammina avanti e indietro per la sua esperienza di lavoratore migrante. 

La bandiera della Palestina, sul lungo tavolo; Guido Picelli alle spalle.

Greco, studente migrante prima che lavoratore. Nel 1974 in Grecia finisce la dittatura dei Colonnelli, il lungo periodo tinto di nero iniziato nel 1967.

Lo studente Giorgio Apostolou arriva a Parma in data quindici Settembre 1974. I Colonnelli erano andati in frantumi, archiviati nella penombra della Storia nel mese di luglio dello stesso anno. 

Rinascita sociale e terremoti degli anni Settanta non solo in Grecia: fine di Salazar in Portogallo, fine della guerra in Vietnam, terrorismo rosso in Italia, crisi petrolifera. E ancora e sempre presente nella carne viva della politica di chi della politica conosce per davvero il senso profondo: Enrico Berlinguer, innovatore ed esponente del grande partito della sinistra italiana, il Partito comunista italiano, movimento di idee e di cultura prima che politico: il leader e il suo tentativo di compromesso storico. 

Gli anni Settanta registrano un inedito movimento sociale.

Giorgio Apostolou respira più a sinistra rispetto al Pci e si pone in posizione più radicale. Ma è in piazza a portare il suo contributo. 

Con il Pci noi non eravamo d’accordo su alcune tematiche. Noi eravamo militanti del Kke, il partito comunista greco, un partito politico di ispirazione marxista-leninista. Ma le piazze, allora, erano in fermento. Di idee, di cultura. E di futuro.”

Studenti migranti.

In Italia, per studiare. “Il mio progetto- dice – era di ritornare in Grecia. Forte di una formazione universitaria.” 

Veste di nuovo gli abiti di studente migrante di allora, mentre racconta i suoi primi anni italiani.  Lo sguardo vivo, la sigaretta tra le dita, il ricordo che proietta le immagini nelle parole della narrazione, movimentata e colorata quanto un film. 

Vent’anni, l’età dell’immatricolazione all’Università. Impossibile in Grecia per il numero chiuso che sbarra la strada a molti dei cittadini interessati all’istruzione universitaria.  Viene dalla capitale greca, da Atene. 

Ventimila studenti greci in Italia, circa. In quel periodo. A Parma eravamo in più di mille. Eravamo molto politicizzati. In Grecia era appena caduta la dittatura dei Colonnelli. In Italia sono arrivati gli studenti delle famiglie appartenenti alla piccola e alla media borghesia. L’Italia era il Paese dove il costo della vita era più conveniente. I figli della borghesia alta sono andati, invece, a studiare in Germania e negli Stati Uniti d’America. In Grecia l’esame di ammissione all’Università era una barriera: una verifica serrata su cinque, sei discipline. E, comunque, uno sbarramento numerico che impediva di fatto l’iscrizione a molte persone.”

Casa Parma, Italia.

L’intervistato ripercorre motivazione e difficoltà dell’esordio in terra italiana: “Bologna, Genova, Parma: dovevo indicare tre città. Genova per il mare. Bologna perché è Bologna. Parma: una scelta casuale. Il primo scoglio da superare è stato quello linguistico. L’ho risolto grazie alle frequentazioni con i gruppi di studenti locali e per motivi affettivi. Conoscevo già l’alfabeto latino.” La casa, dove stare, una questione cronologicamente e spazialmente comune a studenti e lavoratori e ai migranti: “Le associazione Macrygiannis degli studenti greci aveva anche questa funzione: aiutare le persone ad entrare in contatto con proprietari disponibili ad affittare.

Indica la vetrina del locale del Fronte giovanile comunista, dove ha luogo l’intervista per la Gazzetta dell’Emilia, nel borgo Guasti di Santa Cecilia a Parma e ritorna agli anni Settanta, alla situazione abitativa: “Le case non erano belle come quelle di oggi. Molte erano fatiscenti. I muri sudavano umidità. Vivevamo in due, tre studenti in poco spazio. Gli affitti erano alti anche allora, rispetto alle possibilità della gente comune. La mia famiglia mi mandava dalla Grecia una somma pari a centocinquatamila lire e io ne spendevo sessantamila per l’affitto.”

A Parma, l’Università, la prima immatricolazione alla facoltà di Giurisprudenza: “Mi sono iscritto, ho frequentato. Ho sostenuto sette, otto esami. Ma non era il viaggio culturale che avevo in mente. Non mi piaceva. Me ne sono andato a Bologna, facoltà di Scienze Politiche, Palazzo Hercolani, strada Maggiore.”  Lo studente sceglie l’indirizzo storico-politico, uno dei quattro indirizzi proposti negli anni Ottanta dalla facoltà di Scienze Politiche dell’Alma Mater Studiorum. Il percorso è quello che più si avvicina alla pulsione culturale profonda dello studente greco, ormai ampiamente italiano d’adozione. 

Il lavoro, la politica, Scienze Politiche.

L’università, gli impegni familiari, la politica: è cominciato da subito il mio impegno.”, affonda le parole nei decenni precedenti Giorgio Apostolou.

Che tipo di lavoro per lo studente lavoratore? Come interprete e traduttore. E soprattutto – risponde – nella logistica. Anche senza contratto, inizialmente. Avevo impegni personali e familiari. Facevo carico e scarico, traslochi.  Ho fatto anche un’esperienza di qualche anno presso un’azienda metalmeccanica a Sala Baganza. Era una piccola impresa a conduzione familiare. Poi ho iniziato a lavorare presso la vetreria Bormioli Rocco. Erano gli anni Novanta.”  

Della vetreria ora è rimasto lo scheletro architettonico, con le ciminiere, il frontone della fabbrica con la grande scritta ad accompagnare un tratto della via Trento. Un osservatorio sociale interessante che teneva insieme speranze e tensioni declinate al futuro. Chi erano i migranti di allora? “Come lavoratore proveniente dalla Grecia ero ben accettato. I colleghi conoscevano i fatti greci. Sapevano della dittatura dei Colonnelli. I migranti eravamo noi, allora. Non abbiamo avuto problemi di discriminazione. Come studenti noi portavamo un indotto economico: portavamo soldi. Come lavoratore non ho vissuto discriminazione. Quelli erano anni di solidarietà internazionale. In fabbrica c’erano alcune persone provenienti dal Maghreb. Ma il numero delle persone migranti era basso rispetto ad oggi e al numero complessivo degli operai.”

L’impegno politico è ancora fortemente presente nella vita di Giorgio Apostolou. “Ho militato in diversi partiti politici: Kke, Rifondazione Comunista, Partito Comunista. Credo sia fondamentale l’impegno alla diffusione della coscienza di classe, che deve essere radicata a capacità di analisi e consapevolezza.  In una parola: al senso di realtà e ad una obiettiva osservazione del contesto sociale di riferimento. Un minimo comune denominatore che porti alla coscienza di classe e alla solidarietà.” 

L’ex studente e lavoratore migrante Giorgio Apostolou è cittadino italiano dal 1984. Ha la doppia cittadinanza. Vota ancora in Grecia. Oggi milita nel Fronte comunista. Si ispira al senso di solidarietà internazionalista esteso ai lavoratori e alle persone migranti. Che non distingue e non ghettizza in categorie separate. “I migranti non rappresentano una categoria separata. Sono cittadini e lavoratori. Rispetto al fenomeno delle migrazioni dobbiamo domandarci: perché vengono qui? Perché qualcuno ha provocato guerre e sfruttamento economico e ha contribuito a peggiorare le condizioni di vita dei loro Paesi. Le guerre sono rapine a mano armata dell’imperialismo. Un fenomeno che dipende dalla ricerca del profitto, il dio del grande capitale. Era la realtà di ieri. E’ quello che accade oggi.”

Lavoro, studio e impegno politico nella vita di Giorgio Apostolou si sono fortemente intrecciati. La facoltà di Scienze Politiche ha rappresentato una possibilità di confronto. “Il primo esame sostenuto lo ricordo molto bene. Storia dei Paesi dell’Europa orientale. Professore Paolo Calzini. Ho studiato e studiato. Mi presento all’esame con uno zaino pieno di testi studiati e consultati. Molti libri in più rispetto al programma. L’esame è stato un serrato confronto. La mia posizione era distante da quella del docente. Io non la penso come lei, ha detto il Professore. Ma lei è molto preparato. Un grande riconoscimento: trenta e lode. Non accettavo voti bassi, in storia. Mi ero iscritto per interesse culturale. Ci tenevo molto a confrontarmi con i docenti e facevo in modo che l’esame fosse un momento costruttivo. “

Lavoro, lavoro duro. In primo piano sempre l’impegno politico e quelli personali e affettivi. Lo studio, la cultura e l’analisi sociale mai in sottofondo. Ma parte integrante della vita.

Una vita vissuta per la politica e con la politica, una funzione sociale tesa al miglioramento della condizione umana e sociale e alla diffusione del diritto di cittadinanza.

Essere cittadini significa avere voce nel mondo.

Giorgio Apostolou, studente e lavoratore migrante, politicamente attivo nel nome di una società giusta, oggi milita nel Fronte comunista.

Coscienza critica rispetto alle posizioni dei partiti. Intellettuale in osservazione e in movimento nel piccolo e grande spazio di confronto della sede ai Guasti di Santa Cecilia. Una manciata di metri quadrati, dove fervono e vivono idee e suggestioni culturali e sociali. All’incrocio di un dibattito che ha il respiro lungo del futuro e le fondamenta profonde di un passato culturale dalle forti radici filosofiche. I borghi di Parma sono anche questo: anima e luogo del dibattito politico. E soprattutto: cuore dell’idealità della politica. 

Resistenza in versi.

Un consiglio per i lettori della Gazzetta dell’Emilia per conoscere la Grecia? “Visitare Atene. E leggere i versi di Ghiannis Ritsos, poeta greco del Novecento. Proposto nove volte per il premio Nobel per la Letteratura. Si è aggiudicato il Premio Lenin del 1975-1976.” 

Alle dieci del mattino, nella nebbia vibrata di un novembre padano, sono vuote le sedie del Fronte comunista ai Guasti di Santa Cecilia. Facile intuire il dibattito di ieri sera e immaginare quello del giorno successivo e ancora. 

Chi passa di qui, rallenta il passo e guarda dentro la vetrina. La porta è aperta.

In sintonia con lo spirito del luogo, i versi del poeta greco: “Eppure chissà/ là dove qualcuno resiste senza speranza/ è forse là che inizia/ la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell’uomo.”

Francesca Dallatana

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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