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Lavoro migrante: Viorica Stoica

Fedele allo stile. Moldovan way.

A nord est il confine è affilato e freddo come la decisione di partire. Nonostante gli affetti rimasti oltre cortina. È discreto e duro. Senza faro di luce.  Solo il corpo di chi lo ha attraversato a piedi non lo dimentica.

Le migrazioni dall’est sfumano e sfuggono all’immaginario collettivo. Perché il processo di integrazione di chi dall’est arriva è dissimulato per la facilità di apprendimento della lingua, per la tenacia, per l’orgoglio resistente.

Dall’est arrivano i guerrieri del lavoro. Quelli che non piangono in pubblico. 

La cronaca del dolore dà conto delle migrazioni di massa. Di quelle esposte ai riflettori dell’attenzione. Che mettono la testa fuori dal buio del mare. 

Alle altre, quelle arrivate dall’est Europa prima dell’operazione speciale trasformata in guerra russo-ucraina, poco si pensa. 

Viorica Stoica ne ha scritto durante la pandemia. Una riflessione catartica trasformata in cronaca esistenziale per non disperdere la potenzialità emotiva della migrazione dall’est. È la sua storia e quella di molti altri.

Viorica Stoica è moldava. Potrebbe essere italiana per come parla la lingua. E per lo stesso motivo potrebbe essere russa. Mediatrice culturale, interprete, traduttrice. Lavora al centro solidarietà di Reggio Emilia come operatrice dell’integrazione per dirla in gergo tecnico.

Volume basso, sorriso tenue, tenacia di lunga durata degna di un motore diesel. 

La fiducia tradita

Il libro dedicato al viaggio dei migranti provenienti da est ha già un titolo, probabilmente è già tradotto in almeno due lingue e sta per arrivare in libreria.  Solo il tempo tecnico dell’editore e quello creativo dell’artista al quale ha affidato la parte grafica. “Dei viaggi dall’est si conosce e si parla molto poco. Nonostante riguardino molte persone residenti in Italia attualmente. Il silenzio della pandemia ha permesso la catarsi. E ho scritto. Ho liberato il ricordo del viaggio. L’ho affidato alla penna. Affinché diventi tassello della memoria collettiva”, racconta la voce leggera di Viorica Stoica.  Nonostante lei sappia di avere scritto di cose pesanti. Le emozioni lucidano per un impercettibile frammento di tempo il suo sguardo verde come gli alberi di Ungheni, la città moldava di provenienza.

Il libro non chiude la memoria di viaggio. Ma ne testimonia la disperata speranza e la vivacità. A un certo punto della Storia, per molti moldavi la migrazione è stata funzionale alla sopravvivenza. “Il crollo del Muro di Berlino ha bloccato la vita di diversi Paesi nella sfera dell’ex Unione sovietica. Fra questi, anche la Moldavia. Congelato l’import export, il Paese era in stallo. Ciascuno aveva la propria motivazione alla partenza. Per tutti, significava andare alla ricerca di un nuovo inizio. Per sé stessi e per la famiglia, dalla quale ci si doveva temporaneamente distaccare.”  

Viorica Stoica ha una laurea in lingua e letteratura moldava e in lingua e letteratura russa. Insegna al liceo quando conosce una famiglia italo-moldava in occasione di una festa. Le prospettano la possibilità di uno scambio professionale della durata di due mesi estivi presso l’archivio dell’Università di Venezia. La giovane insegnante ha già una sua famiglia e ne parla con il marito nell’intimità della loro casa. Nei primi anni del Duemila, decide di andare. “Il viaggio richiedeva uno sforzo economico che non tutti potevano permettersi. Il costo era di duemila e cinquecento dollari. Era il costo di una o due case da noi. Non venivo da una situazione di sofferenza economica. Per questo motivo ho potuto aiutare anche l’amica che aveva deciso di viaggiare con me. È il primo tentativo verso l’Italia ma il viaggio non va a buon fine. Su sessanta persone solo in due raggiungono l’Italia. Gli altri tornano indietro.” 

Dopo anni, nel pieno della lucidità dell’osservazione mediata dal cannocchiale della distanza Viorica Stoica chiama le cose con il loro nome: “Siamo stati truffati.” Eppure, si continua a partire. Perché la vita in Moldavia sembra essersi bloccata ad una fermata della Storia. E l’intervistata si affida di nuovo ai commercianti dell’emigrazione. “Non avevamo la possibilità di ottenere il visto. Perché non c’era l’ambasciata italiana sul territorio moldavo. Dovevamo andare in Romania oppure in Ungheria oppure in Repubblica Ceca per entrare nell’area Shengen. Consegnavamo il passaporto e il denaro agli organizzatori del viaggio. Che decidevano le modalità di consegna agli uffici consolari e anche quelli di attesa. Che a loro volta prendevano i documenti, il denaro. E abbandonavano le persone a sé stesse.”

Moldavi, ucraini, romeni. Uomini e donne. Una pletora di persone in attesa di futuro. Alle quali è impedita anche la protesta per non rischiare di peggiorare la situazione. Alle donne è riservato un trattamento particolarmente feroce. Inquinato con effetto sociale a interessi composti. Molte donne vivono ricatti e subiscono richieste che impongono percorsi di sfruttamento. Ma gli interessi sociali composti li pagheranno durante il percorso di integrazione in Italia e nel Paese di origine dove l’etichettamento assegna loro la lettera scarlatta del giudizio bollandole di nota di biasimo grave.

È la colpa di avere osato intraprendere il coraggioso percorso della partenza. “Le donne vengono guardate con sospetto in Italia. E vengono osservate spesso con disapprovazione in Moldavia. Ma del fenomeno si parla pochissimo. Solo dal 2008 in poi qualcuna ha cominciato a raccontare la propria storiaGrazie alla campagna informativa dedicata al traffico delle persone migranti. Insieme a questa iniziativa anche nel nostro Paese di origine si è cominciato a parlare di discriminazione.”, fa notare Viorica Stoica. 

Attraversa l’Europa, il popolo di migranti dall’est. Fino alla prossimità del confine italiano. “Per lunghi tratti abbiamo camminato a piedi. Abbiamo raggiunto l’Italia attraverso il bosco. Poi il tragitto fino a Piazza del Popolo di Reggio Emilia, dove ci hanno letteralmente scaricate nella stanchezza della notte e al freddo.” 

Reggio Emilia- Mantova e ritorno

Magre e stanche, in preda al sonno e alla solitudine. Fantasmi di due ragazze neanche trentenni. Le nota una donna moldava occupata come badante. “Un’amica di mia madre viveva a Reggio Emilia da tempo. Mi ha riconosciuto nonostante la magrezza. Ci ha aiutato a trovare un posto per la notte, ci ha dato qualche cosa da mangiare. Ha acquistato per me e per l’amica il minimo indispensabile per cambiare la biancheria intima e gli abiti e una tessera telefonica per chiamare casa.”, ricorda l’intervistata.

Siete giovani, siete belle. Farete fatica a trovare un lavoro. Le famiglie italiane vi guarderanno con sospetto. Ci hanno detto le badanti incontrate il giorno dopo dall’arrivo. Lasciandoci intendere senza mezzi termini che non avremmo avuto vita facile.”: la prima parentesi reggiana si chiude con la prima proposta di lavoro, a Mantova. Dove l’intervistata comincia come badante prima in una famiglia, poi in una seconda. “La seconda famiglia mi ha fatto un regalo: un dizionario, un quaderno e una penna e una copia dei Promessi Sposi. Da quella notte ho cominciato a studiare la lingua. Un lavoro sistematico di memorizzazione delle parole, di avvicinamento alla sintassi, di composizione delle frasi in lingua italiana.” 

A Mantova impara la lingua italiana, ma soprattutto rende forte e stabile la relazione con la famiglia di medici per la quale lavora. Fino alla decisione di invitare in Italia il marito e figlia per ricomporre la famiglia. 

Dopo sette anni, nel 2009 Reggio Emilia ritorna di nuovo nel percorso dell’intervistata per una proposta di lavoro ricevuta dal marito. A distanza di poco tempo, un nuovo trasferimento verso la prima città di arrivo. Ospiti di una famiglia moldava amica, poi autonomi nella loro casa. “A Mantova mio marito lavorava solo di notte. Il nuovo lavoro di Reggio Emilia sembrava permettere una vita familiare normale perché si trattava di un lavoro diurno. Ma questa era solo teoria. Perché alla prova dei fatti il lavoro si è rivelato pesante quanto quello mantovano.” 

A Reggio Emilia la figlia frequenta la scuola e chiede ai genitori di non programmare altri trasferimenti. Qui, ha costruito una nuova rete di amici e non la vuole perdere. Anche per l’intervistata comincia una inedita vita di lavoro. Nella città emiliana ricopre l’intero spettro di mansioni possibile a fronte delle competenze acquisite in Moldavia, forte della conoscenza della lingua italiana. Educatrice, babysitter, interprete e traduttrice, mediatrice culturale. Mestieri con contratto, alcuni. Mentre per lunghi tratti, assicura la sua volontaria disponibilità di tempo e di competenze al supporto di connazionali e migranti che chiedono aiuto per i documenti e per le traduzioni. Disponibile sempre verso chi ha bisogno, in perfetto stile moldavo. Lo scoglio più grande nel percorso di integrazione? “La burocrazia. A volte per uno straniero è una declinazione del razzismo. Un ostacolo alla possibilità di fare. Potrei fare oggi un esempio molto concreto. Ma un caso circostanziato rischierebbe si distogliere l’attenzione dal concetto più ampio di razzismo, che esiste e si manifesta in diverse forme. E che ci stiamo attrezzando per combattere.”

Stile moldavo

I moldavi sono molto generosi. Offrono la casa all’ospite. Noi siamo venuti in Italia per migliorare la nostra condizione. E abbiamo prestato la nostra casa in Moldavia a conoscenti che ne avevano bisogno. Siamo qui per lavorare e prestiamo a titolo gratuito la casa. Sembra una contraddizione.  Eppure, questo è lo stile dei moldavi “: Viorica Stoica scatta questa fotografia al proprio gruppo sociale d’origine. 

Nel solco della vocazione moldava alla generosità sociale, in Italia Viorica Stoica comincia a dedicare attenzione alle nuove generazioni. “In Moldavia i bambini di sette, dieci anni possono stare con i fratellini. Hanno un margine di autonomia più alto rispetto all’Italia. I bambini moldavi in Italia si sentono derubati di queste libertà. E qualche volta scattano meccanismi che impediscono lo spontaneo avvicinamento ai bambini italiani della stessa età. Devono imparare la lingua, devono studiare con profitto anche altre materie oltre la lingua e devono osservare una nuova modalità relazionale e cominciare a praticarla. Non è così facile l’integrazione. E soprattutto ha un costo emotivo. Per questo ho cominciato a condurre percorsi di supporto all’integrazione rivolti a gruppi di bambini figli di migranti moldavi e rumeni e anche italiani. Per non lasciarli soli nel viaggio dell’inclusione e dell’infanzia. Che spesso si ferma di fronte al rifiuto degli altri oppure di fronte all’aggressività degli altri bambini. Ho tenuto laboratori socializzanti e di riparazione della relazione con bambini vittime di bullismo, insicuri e che si sentivano messi da parte. Sono problemi che devono essere affrontati. Altrimenti rischiano di condizionare la loro vita da adulti. I laboratori sono diventati un’occasione di socializzazione, di condivisione di esperienze di studio e di viaggio e di valorizzazione della cultura del proprio Paese di origine oppure del Paese di origine dei propri genitori.

Lavoro e disponibilità; lavoro e socialità. La vita italiana di Viorica Stoica corre veloce fino al 2022. Attraversa il pantano di un grande dolore personale, di una malattia da combattere. L’impegno economico per l’acquisto della casa arriva in una cornice dai colori cupi della preoccupazione. Ma il ricordo del fango sotto le scarpe nel bosco di confine è più forte della paura. Da sola, in un tempo record procede all’acquisto della casa con la formula poco nota ai più del riscatto. È lei a suggerirla all’agente immobiliare dopo avere chiesto una consulenza a un incredulo notaio. Lei apre la partita del riscatto; lei la chiude. Lavora notte e giorno. Dorme poco. E il lavoro è quello che il mercato propone: il lavoro è lavoro e non si rifiuta. Nel 2022 un nuovo impegno professionale presso il Centro di solidarietà sociale a Reggio Emilia. Mediatrice culturale e operatore dell’integrazione lo è stata e lo è per la comunità moldava alla quale ha rivolto competenza e attenzione e con la quale ha costruito un gruppo di lavoro attivo sul territorio reggiano e nazionale. Ora dedica il suo tempo ai gruppi di migranti di diversa provenienza in modo sistematico, per il Centro di solidarietà reggiano.

Insieme a un gruppo di connazionali, nel 2022 a Reggio Emilia dà il “la” all’associazione Plai, orientata alla diffusione della cultura moldava e a sostegno di coloro che chiedono dialogo e supporto nel delicato e importante percorso dell’integrazione.

Viorica Stoica, che cosa suggerisce ai lettori della Gazzetta dell’Emilia per conoscere la Moldavia? “Per comprendere l’anima moldava farei loro ascoltare un valzer del compositore Eugen Doga. E anche: Compito per domani. Un libro di Nicolae Dabija.” È lo stesso libro indicato da un’altra intervistata moldava dalla Gazzetta dell’Emilia. Insieme al libro e alla musica, suggerisce di camminare sulla aleea de castani, la strada dei castagni, unica nell’Europa dell’est. Una camminata sorridente, non come quella impregnata di buia notte e di fango sulla lama affilata del confine italiano.

Francesca Dallatana

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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