Il principio di laicità dello Stato è stato inteso, nell’ordinamento costituzionale italiano ed a partire dalla storica sentenza n. 203/1989 della Corte costituzionale, come eguale rispetto e considerazione verso le varie fedi senza pervenire all’indifferenza nei confronti del fenomeno religioso.
In altri termini, rispetto allo Stato “neutrale ed agnostico”, lo Stato laico, almeno in Italia, non circoscrive la fede alla sfera individuale e privata, ma presuppone un confronto, un dialogo con essa all’interno dello spazio pubblico con possibilità di implementazione “verso l’alto”, ossia con “politiche inclusive” qualora vi siano le risorse finanziarie per poterle attuare.
La laicità, dunque, non è neutralità e neppure coincide con la libertà religiosa, bensì è la condizione per un leale e serio pluralismo religioso e confessionale.
In questo modo, però, lo Stato rinuncia a qualunque pretesa di Verità che è tale in quanto unica ed incontrovertibile.
Ammettendo il pluralismo, l’ordinamento giuridico statale non accoglie più la concezione del diritto naturale classico di “svelamento dell’ordine ontico” cui è subordinata la politica, ma fonda il diritto medesimo, coerentemente con le premesse della modernità, nella sovranità dello Stato che è effimera quanto è effimero e contingente il potere sovrano.
Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it