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Home Cultura e società Libri “Nel silenzio dell’attesa” di Anna Falcone: il libro che racconta l’umanità nascosta durante l’epidemia di Covid-19

“Nel silenzio dell’attesa” di Anna Falcone: il libro che racconta l’umanità nascosta durante l’epidemia di Covid-19

“Nel silenzio dell’attesa” è un libro che lascia un segno profondo. Non solo per il tema, ma per la forza con cui Anna Falcone riesce a restituirci, attraverso la voce della protagonista Arianna, il trauma collettivo e personale vissuto durante gli anni dell’epidemia da Covid-19. Il volume si presenta come un atto di resistenza emotiva e civile, un grido sommesso ma insistente contro l’annientamento dell’umanità nei gesti della cura.

Arianna, infermiera e testimone diretta del disastro, sceglie la scrittura come ancora di salvezza. Scrivere, per lei, è un modo per non soccombere, per rimanere presente a sé stessa mentre tutto intorno si svuota di senso: le corsie diventano luoghi sospesi dove la morte regna sovrana ma spogliata del suo rituale, della sua dignità, dell’umanità che le dovrebbe essere tributata.

Il libro non è un saggio né un diario personale, ma un’opera che intreccia memoria, dolore e riflessione etica. Falcone ci accompagna in un viaggio tra le stanze dei pazienti, ognuno raccontato con rispetto e delicatezza: Lucas, Lia, Paolo, Dany, Ivan… Vite che diventano storie, nomi che resistono all’anonimato della statistica. Ogni personaggio è tratteggiato con profondità, rendendo la narrazione un potente affresco corale della sofferenza e della bellezza umana anche nei momenti più estremi.

La forza del libro risiede anche nella sua denuncia implicita: una medicina che, nel tentativo di “salvare vite”, ha talvolta dimenticato i volti, le mani, gli sguardi. La cura, svuotata del contatto, è diventata un gesto tecnico, ma non sempre etico. Arianna, con la sua disobbedienza silenziosa — una carezza, una parola, una presenza — compie un atto rivoluzionario nel nome della pietà.

Lo stile di Falcone è sobrio ma evocativo, capace di toccare corde profonde senza scivolare nella retorica. Il testo, pur nel suo dolore, ha grazia. È una testimonianza necessaria che non si limita a ricordare, ma interroga: cosa significa davvero prendersi cura? Cosa resta dell’umano quando tutto il resto viene meno?

Un libro da leggere con attenzione e cuore aperto, perché in quelle pagine ci siamo anche noi, con le nostre paure, le nostre perdite, e il desiderio di non dimenticare.

Redazione

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