Quello che dovrebbe essere il palcoscenico internazionale della musica italiana, la vetrina della cultura musicale del nostro Paese, è diventato invece il “circo magico” del politicamente corretto e del “buon pensare”.
Non è la musica l’ospite d’onore, ma il corollario da “bravi” di manzoniana memoria che, cavalcando l’onda, non quella cantata da Dargen D’Amico, propongono ancora una volta, il messaggio politico del momento.
Una festa della banalità e dell’ipocrisia, un brutto spettacolo di volgarità con penose esibizioni di finti pacifisti in abito di peluche, che poi ritrattano 24 ore dopo l’appello per i bambini che muoiono sotto le bombe, femministe fuori tempo massimo e omosessuali esibizionisti veri o presunti.
Ma chi come Ghali ha la forza di essere se stesso gridando: “Stop genocidio”, qualcun altro che, probabilmente comanda, s’incazza e tutti noi rivediamo i “don Abbondio” della musica
SatiQweb
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