Una legge per salvaguardare la memoria delle piccole botteghe storiche delle nostre città, che rischiano l’estinzione con la trasformazione selvaggia dei centri storici cittadini, ormai omologati al disvalore del consumo di cibo, noto con l’espressione inglese “Street Food”, lasciando campo libero a grandi catene alimentari, o a piccoli negozi di cinesi che vendono di tutto e di più.
È il fine principale di una interessante proposta di legge, presentata dalla maggioranza al governo del Paese, che tende a tutelare i locali storici delle città: negozi, ristoranti, bar, con almeno 70 anni di vita.
La norma prevede incentivi economici per mantenerli in vita, che consentiranno di pagare gli affitti e di provvedere al loro restauro, medianti anche sgravi fiscali, mantenendo inalterato l’assetto storico del negozio. Secondo una indagine della Unioncamere i locali che hanno un secolo di vita in Italia sono 2450.
Dal 2011 esiste anche un registro delle attività storiche.
Il dato invece davvero allarmante è quello fornito dalla Confcommercio: dal 2012 al 2022, ovvero in dieci anni hanno chiuso le saracinesche ben 100 mila negozi.
Un dato già noto prima della indagine della confederazione nazionale dei commercianti.
In parte dovuto alla pandemia ed al caro affitti e bollette che dalla guerra in Ucraina in poi affligge le botteghe di prossimità che animavano i centri storici cittadini, e che costituivano anche un luogo di aggregazione sociale, in virtù del rapporto di familiarità che si andava a creare tra il commerciante ed i suoi clienti.
Tutto ciò rischia di sparire, distruggendo valori e tradizioni delle nostre comunità grazie alla globalizzazione selvaggia che ha trasformato in liquida la società ed ogni tipo di rapporto sociale ed umano, facendo venir meno ogni riferimento e confine sociale, ma soprattutto ogni identità, in particolare nelle giovani generazioni a forte rischio di manipolazione delle menti e delle coscienze.
Si pensi ad esempio agli antichi negozi di barbiere.
Nelle loro botteghe si andava oltre che per la cura e l’igiene di barba e capelli, anche per “apprendere” dalla bocca del barbiere le ultime novità sul quartiere e sui suoi abitanti.
Sì, perché quando i rapporti sociali non erano “liquidi”, ovvero inesistenti, i clienti distesi sulle poltrone dei barbieri confidavano agli stessi i propri guai e le proprie gioie.
Tutelare i locali storici delle nostre città significa salvaguardare la memoria e l’identità storica dell’Italia dei mille campanili.
Il valore della memoria come pilastro costitutivo della personalità di ogni uomo e donna, è un dovere civico, che la politica non può ignorare.
Noi, non siamo niente, se non ricordiamo ciò che siamo stati.
La norma di cui è primo firmatario il senatore leghista Centinaio, a breve approderà in Commissione Attività produttiva, avrà un fondo triennale di 150 milioni di euro, ovvero di un residuo non utilizzato di fondi che servivano a tutelare il made in Italy.
I requisiti per usufruire dei fondi e delle agevolazioni per le botteghe storiche sono: aver svolto l’attività per almeno 70 anni senza mai cambiare sede, appartenere alle categorie produttive di somministrazione e vendita al dettaglio. Bar, ristoranti, alberghi, laboratori, artigiani, rientreranno nell’ambito della nascente normativa.
Il disegno di legge prevede pure l’istituzione di un registro dei locali storici, una sorta di bollino che attesterà ufficialmente la natura storica del locale.
Salvaguardare la nostra storia e le nostre tradizioni è l’ultima spiaggia prima della definitiva omologazione a modelli creati e voluti dalle multinazionali globalizzate, per continuare a fare profitti.
Insomma, mutuando le parole del filosofo Diego Fusaro: “L’uomo senza identità diventa il nuovo profilo antropologico egemonico, coerente con la norma della valorizzazione illimitata, del consumismo assoluto e dell’omologazione planetaria.”
Giuseppe Storti