I proprietari degli immobili dovranno sottostare all’obbligo di ridurre le emissioni delle proprie abitazioni attraverso lavori di riqualificazione.
L’ok del Parlamento UE è arrivato dopo che la direttiva è stata ferma per circa un anno. Dovrebbe entrare in vigore a breve.
Il Parlamento europeo approva la direttiva case green. Non si tratta ancora dell’atto finale, perché manca l’ultima fase che porterà ad ottenere il testo definitivo.
Certamente, si tratta di un grande passo in avanti sulla strada del nuovo discusso provvedimento, che si pone l’obiettivo di portare più efficienza energetica ma, allo stesso tempo, per chi è più critico a riguardo, maggiori costi per le ristrutturazioni.
Manca comunque un importante tassello: quello dei finanziamenti, sia europei che dei singoli paesi membri.
Il testo approvato è in pratica quello licenziato dalla commissione parlamentare Industria.
Prevede la classe energetica “E” entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali.
L’obiettivo primario della direttiva è di agire sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati dai diversi paesi membri nella classe energetica più bassa, la G. In Italia, nello specifico, si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo i dati dell’Istat).
In questi giorni molti si stanno chiedendo: chi sarà obbligato (una volta terminato l’iter relativo alla direttiva) a fare i lavori di riqualificazione dell’immobile? o meglio quali sono gli immobili oggetto della direttiva sulle case green?
I proprietari degli immobili dovranno per forza di cose adeguarsi a questo nuovo obbligo che prevede di ridurre le emissioni delle proprie abitazioni.
Per essere più chiari, dovranno eseguire lavori di riqualificazione dell’immobile.
La direttiva era rimasta ferma per circa un anno, ma ora la strada verso la sua entrata in vigore è tutta in discesa.
Pur essendo il testo della direttiva case green ancora oggetto di modifiche, l’ultima versione prevede il raggiungimento della classe energetica “E” per tutti gli immobili di tipo residenziale, entro e non oltre la data del 1°gennaio 2030.
Nei tre anni successivi, quindi nel 2033, si dovrà attuare un nuovo salto di classe fino al raggiungimento della “D”, mentre tra il 2040 ed il 2050 si punta a raggiungere le emissioni zero.
Gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno quindi garantire la ristrutturazione del patrimonio edilizio per raggiungere gli standard di riqualificazione energetica appena descritti.
Le prime proposte prevedevano anche una serie di sanzioni per chi “trasgrediva” tale obbligo, come il non poter vendere o dare in affitto la casa sprovvista del bollino “green” imposto dall’UE, ma queste condizioni non sono state approvate.
La direttiva UE sulle case green non obbliga tutti a fare lavori di ristrutturazione sull’immobile, sono, infatti, ammesse delle eccezioni alle nuove regole previste dall’Unione Europea.
Non si applica agli edifici storici “ufficialmente protetti”, cioè a quegli immobili che ricadono nella categoria dei beni sottoposti a vincolo, nella misura in cui il rispetto dei vincoli energetici, oggetto della normativa, potrebbe portare, per esempio, ad una trasformazione inaccettabile del loro aspetto.
Ci sono anche ulteriori deroghe.
La direttiva case green offre la possibilità agli Stati membri di non applicare le regole appena viste per alcune tipologie di immobili.
Nella lista delle categorie catastali esentate da questo obbligo troviamo:
gli edifici di culto e adibiti allo svolgimento di attività religiose;
i fabbricati etichettati come temporanei, cioè utilizzati per non più di 2 anni;
i fabbricati indipendenti con una superficie calpestabile non eccedente i 50 metri quadri;
le officine, i depositi, i siti industriali e gli edifici di servizio non residenziali a basso fabbisogno di energia, raffrescamento o di riscaldamento;
gli edifici abitati per meno di quattro mesi all’anno oppure per un periodo limitato dell’anno ma con un consumo energetico inferiore al 25% rispetto a quello che potrebbe registrarsi se fosse abitato per l’intero anno;
gli edifici agricoli ad uso non residenziale impiegati in un settore disciplinato da un accordo sulla prestazione energetica;
le stazioni di approvvigionamento infrastrutturale (di trasformazione), costruzioni ferroviarie, impianti di controllo della pressione e sottostazioni.
Importante conseguenza dell’applicazione della direttiva case green sarà la riduzione del valore di quelle abitazioni che non rispettano i nuovi standard energetici fissati dall’Unione Europea.
Nel nostro Paese se ne contano veramente tante. Facendo riferimento agli ultimi due anni, secondo i dati dell’Enea, il 74% delle abitazioni ad uso residenziale rientrano nelle classi energetiche “E”, “F” o “G”, quelle più basse in assoluto, solo il 26% delle case è di classe “D” o più elevata.
In seguito all’approvazione definitiva della direttiva ed al recepimento della stessa nel nostro ordinamento, chi acquisterà un immobile ricompreso nelle classi energetiche appena viste sarà obbligato a ristrutturarlo.
Inoltre, l’abbassamento del valore delle case potrebbe ripercuotersi anche sui mutui. In quale modo?
Di fronte alla riduzione del valore dell’immobile le autorità di vigilanza europee potrebbero decidere di chiedere agli istituti di credito un adeguamento delle garanzie stesse.
Un aspetto certamente da non sottovalutare!
Mita Valerio