Un nuovo adempimento per le imprese viene imposto dal comma 860 dell’articolo uno della Legge di Bilancio 2025, secondo il quale a partire dal 1° gennaio 2025, gli amministratori di imprese costituite in forma societaria dovranno dotarsi di un proprio indirizzo di posta elettronica certificata. L’articolo recita “…L’obbligo di cui all’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, … è esteso alle imprese individuali che presentano domanda di prima iscrizione al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto nonché agli amministratori di imprese costituite in forma societaria.”
Siffatta imposizione si aggiunge a quella, già esistente, per le imprese di pubblicare il proprio indirizzo PEC nel Registro delle Imprese.
L’esigenza sarebbe quella di favorire l’integrazione del sistema digitale nazionale in particolar modo per garantire una comunicazione ufficiale, tracciabile e sicura tra le imprese e la pubblica amministrazione.
Il riferimento generico della norma alle imprese costituite in forma societaria impone l’obbligo in capo agli amministratori delle società di persone, delle società di capitali (anche consortili) e delle società cooperative.
Riguardo il termine di decorrenza emerge un altro dubbio dal momento che la disposizione si applica chiaramente alle società costituite a partire dal 1° gennaio 2025.
È facile immaginare che l’indicazione dell’indirizzo PEC, sarà richiesto anche per gli amministratori di società preesistenti, nominati o confermati dopo tale data.
L’ulteriore incognita è quella relativa agli amministratori nominati prima della data di introduzione, la cui iscrizione si richiede nei primi giorni dell’anno.
In temini operativi emergono due considerazioni da affrontare nell’immediato prima che le Camere di Commercio adottino verso diverse e talvolta imprudenti interpretazioni della novità normativa.
Il primo riguarda l’indirizzo pec da indicare, ovvero se la modifica imponga l’obbligo per ogni amministratore di dotarsi (e comunicare al registro delle imprese) un indirizzo diverso da quello della società di cui sono amministratori o se questa sia solo una facoltà, potendo, in alternativa, scegliere di indicare anche tale indirizzo (alla stregua di un domicilio eletto).
Sarebbe quest’ultima soluzione da preferire, per evitare di appesantire eccessivamente le imprese societarie di ulteriori oneri, che diventerebbero dei veri e propri macigni in caso di amministratori stranieri (che spesso non hanno proprio idea di cosa sia la PEC!).
Dovrebbe essere abbastanza certo che l’indirizzo pec personale possa essere utilizzato per tutte le società amministrate dallo stesso soggetto.
La seconda considerazione riguarda il mancato adempimento nel momento in cui il registro delle imprese non iscriverà la nomina dell’amministratore o, più precisamente, dovrà rifiutare la pratica di accettazione della carica da parte dell’amministratore che non comunichi l’indirizzo PEC.
Non sembra che però, la mancanza dell’indirizzo PEC di cui si discute:
- possa elevarsi a causa ostativa addirittura dell’iscrizione della costituzione della società ovvero della modifica societaria (si pensi, in particolare, alle operazioni di trasformazione, fusione o scissione), che saranno dunque iscritte con l’indicazione degli amministratori nominati, non in carica (come se non avessero accettato) o, addirittura,
- possa a monte impedire l’invio della pratica per l’iscrizione al registro delle imprese, così impedendo ai soggetti obbligati di rispettare i termini di legge per tale invio.
La legge non lo prevede e un’eventuale prassi contraria delle Camere di commercio sarebbe del tutto illegittima e da stroncare sul nascere.
La piena attuazione di questa norma dipenderà dall’emanazione di disposizioni attuative dettagliate che definiranno gli aspetti tecnici e operativi ancora poco chiari, nel frattempo l’auspicio è che le organizzazioni datoriali e gli ordini professionali si attivino quanto prima con gli organi preposti quali Camere di Commercio e/o direttamente con il Ministero per evitare la genesi di problematiche derivanti dalle diverse interpretazioni ed anche per uniformare gli orientamenti per tutte le sezioni delle stesse CCIAA.
Mario Vacca
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it