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La presenza crescente di TFA nei Vini

Non è solo con la politica, la dialettica e le polemiche che vanno difesi i prodotti italiani dagli attacchi giunti da più parti e da più Paesi ma anche con i fatti, quali possano essere la distinzione dagli altri produttori europei riguardo le modalità di produzione e di trattamento. 

Uno studio tedesco ha riscontrato la presenza crescente di TFA nei vini europei ed anche in quello italiano a causa dell’utilizzo intensivo dei pesticidi PFAS.

Secondo il rapporto di Pesticide Action Network dal titolo Message from the Bottle – The Rapid Rise of TFA Contamination Across the EU, sono stati riscontrati livelli circa 100 volte superiori a quelli medi misurati in precedenza, già elevati, nelle acque superficiali e potabili.

Dal 2010 in poi la concentrazione di acido trifluoroacetico (TFA) è aumentata in modo importante, e questo potrebbe costituire un rischio per la salute umana. 

Lo studio di PAN ha esaminato 10 vini precedenti al 1988 e 39 recenti provenienti da 10 Paesi europei, Italia inclusa. In tutte le bottiglie è stata riscontrata la presenza del TFA. Per la precisione i ricercatori hanno registrato una concentrazione mediana di 110 microgrammi per litro (µg/l) e livelli di picco fino a 320 µg/l. Al contrario, nei vini più vecchi non ve ne è traccia.

Il TFA è un composto organofluorurato che può generarsi spontaneamente della degradazione atmosferica di refrigeranti a base di idrofluorocarburi o da quella ambientale di pesticidi contenenti PFAS. Una volta generato quest’acido può ricadere al suolo con la pioggia e/o accumularsi nel terreno e nelle acque, contaminando coltivazioni, tra cui le vigne, dove permangono per decenni. A livello ambientale è una sostanza persistente, mobile e difficile da degradare, per cui la sua presenza in alimenti è vista come un indicatore di contaminazione ambientale. Secondo uno studio dell’Agenzia tedesca per l’ambiente la loro fonte principale sono i pesticidi impiegati in agricoltura (76%), seguiti da quelli rilasciati con la pioggiae dagli impianti di trattamento delle acque reflue e dal letame.

Il TFA è stato considerato a lungo sostanzialmente innocuo dal punto di vista tossicologico sino ai risultati di uno studio del 2021commissionato dai produttori di pesticidi, che ha rivelato gravi malformazioni nei feti di coniglio legati a questo composto. Da allora, si sospetta che il TFA rappresenti un rischio anche per la salute riproduttiva umana.

Le analisi di PAN condotte sui vini hanno rivelato residui di 8 pesticidi e metaboliti di pesticidi nel 94% dei vini prodotti in modo convenzionale mentre un totale di 18 pesticidi è stato rilevato in tutte le bottiglie, compresi due fungicidi PFAS, fluopyram e fluopicolide. In particolare, 4 dei 5 vini biologici analizzati erano privi di residui di pesticidi rilevabili, ma tutti contenevano TFA.

Helmut Burtscher-Schaden, chimico ambientale della GLOBAL 2000 e promotore dello studio, descrive i risultati come “allarmanti sotto due aspetti”. Il primo è l‘elevata concentrazione rilevata, che fa pensare a un massiccio bioaccumulo di TFA nelle piante: “È probabile che ingeriamo una quantità di TFA significativamente superiore a quella ipotizzata in precedenza”. Ancora più preoccupante è il forte aumento della contaminazione dal 2010, “che indica i pesticidi PFAS come un fattore che contribuisce direttamente o indirettamente a spiegare gli alti livelli di TFA rilevati nelle colture”.

Per Salome Roynel, Policy Officer di PAN Europe: “I risultati sono un chiaro campanello d’allarme per l’UE. A metà maggio gli Stati membri dell’UE sono invitati a votare sulla proposta della Commissione di vietare il flutolanil, un pesticida PFAS che emette TFA. Ci auguriamo che comprendano che si tratta di un momento decisivo per il futuro della nostra acqua, del nostro cibo e, in ultima analisi, della nostra salute, e che votino a favore del suo divieto”.

La politica italiana ed i produttori italiani potrebbero attivarsi per dare un immediato riscontro allo studio nel tentativo di cambiare le modalità di intervento, migliorare i metodi produttivi e differenziarsi dai produttori europei ed extra-europei.

Mario Vacca

In collaborazione con: www.gazzettadellemila.it

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