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Lavoro migrante: Aurelia Cazimova

Tenacia d’impresa. Long-term goal

I luoghi condizionano la memoria e l’eredità genetica. 

Cornesti è il bosco. Ungheni è il centro urbano. Nizhny Tagil è l’infanzia remota. Mosca è uno spintone convinto: si rimane in piedi qualunque cosa accada e si cammina oppure ci si arrende al gelo di un presente immobile. 

Cornesti e Ungheni si trovano in Moldavia. Nizhny Tagil è una città russa. Mosca non ha bisogno di presentazioni. 

I luoghi e la loro identità anticipano e condizionano le persone. Mischiati, i tratti somatici dei luoghi conferiscono l’autorevolezza dell’unicità. 

Aurelia Cazimova è russa di nascita ed è emigrata a Ungheni a sei anni di età. 

Della Moldavia parla soprattutto del bosco e della famiglia di sua nonna. E descrive la vita e il bosco di Cornesti in modo così vivo da fare sentire l’odore di erba bagnata: è il verde degli alberi a comandare sulla città quando le piogge si rovesciano sulla terra inerme, senza il lento gocciolare di preavviso e senza pietà per impermeabili e grondaie. Come succede all’est. Con la potenza dell’est.

Aurelia Cazimova conosce bene l’est Europa. È nata a Nizhny Tagil, nella fascia di confine tra Asia e Europa. Dove sua madre moldava, studentessa alla facoltà di architettura, ha conosciuto suo padre, proveniente dall’Azerbaigian. Quando l’Unione Sovietica era una calamita per giovani studenti. E il diritto allo studio era più forte dei confini. E un dovere verso sé stessi. 

Eredità genetica multiculturale. Una migrazione fatta di andate e ritorni, ispirata dalla volontà di formazione e dalla ricerca di soluzioni professionali, cioè: lavoro.

Dalla Moldavia che cosa ha portato nella valigia della migrazione?  “La forza della famiglia. Viene dall’esempio di mia nonna e dal mio gruppo familiare di Cornesti. Erano in nove, tra fratelli e sorelle. Ho capito e ho imparato l’importanza di tenere la famiglia unita. E di sostenersi a vicenda”, risponde la russo-moldava Aurelia Cazimova.

E della Russia che cosa è arrivato nella vita emiliana? “La Russia mi ha insegnato ad aiutare le persone che hanno bisogno. Tutte le volte che ho avuto bisogno di aiuto in Russia ho sempre trovato qualcuno disponibile a darmi una mano. Della Russia ho questo ricordo. In Russia ho imparato ad ascoltare e ad aiutare.” 

Niznhy Tagil è la nota d’inizio dell’infanzia: i primi sei anni di vita.  Mosca rappresenta la formazione emotiva della giovane donna.  Ritorna nella capitale russa Aurelia Cazimova, dopo avere trascorso l’adolescenza in Moldavia. Quando sente il bisogno di una spinta. “Mosca è un calcio nel culo”: nessuna altra definizione potrebbe cogliere meglio l’essenza della città. A Mosca la giovane donna ritorna alla ricerca di formazione. Ed è qui che lo zio del gruppo familiare di Cornesti finanzia il suo primo percorso professionale in ambito estetico, dedicato all’onicotecnica. Mosca graffia e fa emergere gli strati profondi. Eredità culturale russa, valigia genetica moldava e azera. 

Dell’Azerbaigian che cosa rimane? “Dell’Azerbaigian ho la tenacia. Quando voglio una cosa, lavoro e mi impegno per ottenerla. L’ho imparato a Mosca e in Russia e fa parte di me.”, lo dice con gli occhi, scuri e sgranati quasi a voler proiettare nel colore nero cinema delle pupille il film degli obiettivi. Degli azeri Aurelia Cazimova ha la forma degli occhi. Insieme alla tenacia dichiarata e dimostrata: un fatto, un inconfutabile tratto somatico. 

Dopo la Russia, l’Italia. Una scelta, suggerita da un’amica. La tappa italiana è arrivata durante una parentesi di riflessione personale. L’est incentiva il pensiero. Lo spazio senza confine, l’orizzonte alto, un cielo dilagante e gli eventi atmosferici di forza prepotente sferzano il tempo della decisione. Muoversi alla ricerca di se stessi e del senso del mondo e della vita è la norma. 

Reggio Emilia, anno 2009. È una delle tante migrazioni del periodo. Solo un anno prima l’economia mondiale si è inginocchiata per il crac Lehman Brothers. 

Per lei, per Aurelia Cazimova, è un nuovo inizio. Lo ha pensato in russo. E simultaneamente lo ha tradotto in moldavo. Come se parlasse con il composito gruppo della sua famiglia, con le due famiglie dei genitori e con la società caleidoscopica dell’ex Unione sovietica. 

Il primo ricordo della città emiliana? “La pacata lentezza di un uomo in giro in bicicletta per le strade della città assonnata. Un ritmo totalmente diverso da quello di Mosca, dove sciami di persone invadono le scale mobili della metropolitana e colonizzano i treni per centinaia di chilometri dentro la città. La pedalata lenta di quell’uomo immerso nella tranquillità di una passeggiata lenta mi aveva molto impressionato. Impossibile a Mosca.”  Inimmaginabile per chi arriva da una città dalle strade larghe come un’autostrada italiana e dove anche il tempo sembra avere un’intensità diversa rispetto all’Occidente. 

Russia, Moldavia, e ancora Russia, Italia: quale è l’impronta distintiva dell’Italia sulla storia di lavoratrice migrante? “L’Italia mi ha insegnato a credere in me stessa. Ad avere obiettivi. A chiamarli per nome. Qui ho lavorato. Qui lavoro. Ho creduto in me. E sono riuscita.” In Italia, è pronta a fare.

Occhi scuri di tenacia azera bucano il monitor del laptop durante la video intervista. L’obiettivo raggiunto è il salone di estetica inaugurato ieri, sabato 28 Settembre 2024, a Reggio Emilia. 

Beauty by Aurelia: la lavoratrice migrante ha prestato il suo nome al salone di bellezza e ha scelto una data speciale: la prima data possibile dopo il compleanno dello zio che le ha regalato il primo corso professionale di onicotecnica, a Mosca. 

L’apertura di un’attività autonoma presuppone l’assunzione del rischio da parte dell’imprenditore. Quali difficoltà ha dovuto affrontare la neo-imprenditrice? “Nessuna difficoltà. Ci sono le regole. Bisogna rispettarle. Le normative sono una guida necessaria per lavorare in sicurezza. E per garantire la sicurezza ai lavoratori e alla clientela. Le banche garantiscono un aiuto, un supporto economico, se vedono serietà. Pur di non aprire attività, a volte le persone dicono che ci sono troppi ostacoli. Io credo che non ci siano ostacoli se c’è la volontà di lavorare seriamente. Credo che i veri ostacoli siano le loro paure.” – risponde argomentando, Aurelia Cazimova. Le piace il suo lavoro. Ha creato una squadra di persone con competenze diverse. Un nuovo inizio professionale, che ha pensato e preparato. A partire dalla competenza e dalla attitudine al lavoro di relazione e di cura.

Il lavoro è una certezza profonda che infonde forza tranquilla.

La sicurezza di Aurelia Cazimova affonda le radici nell’esperienza lavorativa italiana. In Italia ha messo in fila gli obiettivi da raggiungere, in modo razionale. Senza dimenticare i fondamentali: l’importanza di aiutare le persone; la coesione familiare; la tenacia nello studio e nel lavoro. 

La lingua, le persone care, il lavoro: un passo dopo l’altro, ben calibrato.

La lavoratrice ha ben chiaro il suo obiettivo professionale. Ma non si risparmia. Si impegna per fare al meglio la professione che il mercato del lavoro le prospetta. 

Racconta così la sua storia di lavoro in Italia: “Ho sempre incontrato brave persone. Sono rimasta in buoni rapporti con tutte le persone con le quali ho collaborato e per le quali ho lavorato. Nei primi anni di permanenza in Italia ho fatto diversi lavori: la barista, le pulizie, l’assistente alla persona.  Il più bel ricordo è di una donna giovane alla quale ho prestato assistenza. Per tre anni sono andata da lei ad aiutarla. Abbiamo parlato tanto, di me e di lei e della vita. Un’esperienza di lavoro molto importante.” 

Solo note positive per il racconto dell’integrazione personale e professionale di Aurelia Cazimova. Davvero nessuna difficoltà? “La difficoltà più grande è nella relazione tra di noi connazionali. Non ci aiutiamo fra di noi. E’ per questo motivo che abbiamo creato l’associazione Plai (l’associazione nata nel 2022 a Reggio Emilia con l’obiettivo di dare supporto ai cittadini moldavi nella ricerca del lavoro e nella creazione di nuove attività professionali, nda). Anche per questo motivo, perché non è l’unico. Vogliamo anche farci conoscere. Raccontare la nostra cultura e la nostra storia. Vorremmo dare un bell’esempio e diffondere la cultura dell’ascolto e dell’aiuto. Penso sia importante farlo come persona e come associazione. Quando racconti a qualcuno che hai aiutato una persona mandi un messaggio forte. Un messaggio di solidarietà umana.”

Lavoro è sinonimo di radicamento personale e sociale. Reggio Emilia è diventata la città del lavoro e della famiglia, il luogo di realizzazione di un obiettivo personale e degli affetti.

Un obiettivo: lo studio di estetica. “Un sogno che avevo in mente da sempre. Ho dovuto salire tanti scalini prima di raggiungerlo. Non sapevo dove. Se a Reggio Emilia oppure altrove. Ma sapevo che lo avrei fatto.”, commenta Aurelia Cazimova.

Da ieri, lo studio di estetica è realtà.

Il sogno si è trasformato in attività imprenditoriale. Forte dei tratti salienti della storia di migrazione di Aurelia Cazimova: la tenacia degli azeri, il ritmo sostenuto della capitale russa, la forza tranquilla e di lunga durata della coesione del gruppo familiare. 

L’attività autonoma come obiettivo nuovo e sfidante. Dopo l’esperienza come lavoratrice dipendente. Energia nuova per il mercato del lavoro italiano. 

Russa e azera e moldava di origine, Aurelia Cazimova ha scelto di essere un’emiliana d’adozione. La tradisce l’accento reggiano, ormai. 

Lei non dimentica l’eredità culturale del gruppo comunitario di provenienza.

Se dovesse consigliare ai lettori della Gazzetta dell’Emilia un luogo moldavo da visitare direbbe: Cornesti e il bosco, poi Ungheny.

Solidarietà, lavoro e tenacia: le stesse regole della sfida imprenditoriale appena partita: sono le forze dell’est a convegno. Forti dell’effetto di lunga durata della spinta propulsiva di Mosca. E del gruppo familiare che Aurelia Cazimova porta dentro di sé.

Francesca Dallatana

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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