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Le autorità contro gli Affitti Brevi 

Mentre la Spagna prosegue la lotta agli affitti brevi irregolari, in Italia è partita una massiccia campagna di verifiche fiscali sulle locazioni turistiche.

Il ministero spagnolo del Consumo ha richiesto ad Airbnb la rimozione di 65.935 inserzioni relative ad alloggi turistici presenti sulla piattaforma, dopo aver riscontrato violazioni delle normative vigenti in materia di locazioni brevi. 

L’autorità contesta tre principali irregolarità che rendono questi annunci non conformi: l’assenza del numero di registrazione o licenza obbligatoriala presenza di codici identificativi errati non corrispondenti a quelli rilasciati dalle autorità e la mancata distinzione all’interno delle inserzioni tra locatore privato e professionale, “informazione essenziale per tutelare i diritti dei consumatori”.

In Italia la Guardia di Finanza è alla ricerca di chi non ha dichiarato gli affitti venduti tramite le online travel agencies (OTA) nel periodo dell’anno fiscale 2017 i cui dati sono messi a disposizione dalle stesse piattaforme: per Airbnb i dati riguardano il periodo 2017-2021, mentre per Booking sono relativi al 2016-2019.  

Sono 600 mila le strutture, tra hotel, case vacanze, bed & breakfast, alloggi ad uso turistico, affittacamere, campeggi ed ostelli sotto osservazione tra le quali sarebbero potenzialmente contestate imposte sui redditi, Iva ed Irap calcolate sui maggiori redditi accertati in base ai dati forniti da Airbnb e Booking.

Sono interessati alle operazioni di controllo in corso anche i property manager e gli altri intermediari turistici che gestiscono account professionali con numerosi immobili di terzi gestiti in mandato, fermo restando che le contestazioni vengono inviate alle imprese e persone fisiche che non hanno dichiarato del tutto o in parte i canoni riscossi dai portali esteri. 

Situazione abbastanza tranquilla per gli account delle persone fisiche, assoggettate dai portali stessi alla ritenuta sul lordo dei  redditi delle proprie locazioni turistiche, mentre più complessa la situazione per gli operatori professionali: se l’intermediario non ha operato correttamente distinguendo in fattura, contabilità e dichiarazione le proprie commissioni dai redditi riscossi per conto dei titolari delle strutture e, ad essi riversati, c’è il rischio che tutto il reddito generato dagli immobili venga considerato prodotto dal property manager, e che a questi vengano attribuite le imposte calcolate sull’intera ricchezza prodotta.

Le contestazioni partono quindi dai dati messi a disposizione dai portali; in caso di accertamento, tra le possibili soluzioni vi sarebbe l’onerosa presentazione delle dichiarazioni integrative con tanto di ravvedimento o, qualora si abbiano elementi per resistere agli accertamenti, valutare la contestazione delle informazioni fornite dalle piattaforme internazionali, facendo fede al giudizio del giudice tributario, che è sempre ligio nell’esaminare le origini dei dati raccolti.

Mario Vacca

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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