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L’identikit delle imprese zombie in rapporto con il nuovo Codice delle Crisi

Alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) è interessante leggere il rapporto che Cerved ha pubblicato denominandolo “Anatomia delle imprese zombie”.

Ma chi sono e che impatto hanno sul sistema economico?

La letteratura economica si è più volte soffermata sul fenomeno delle “zombie firms

La definizione di zombie è attribuita a imprese in forte difficoltà finanziaria caratterizzate da:

  • Alta incidenza dell’indebitamento
  • Incapacità di ripagare gli interessi sul debito attraverso i propri utili

Queste aziende non sono in grado di operare secondo le normali condizioni di mercato per diversi motivi:

  • Il rendimento marginale atteso del capitale è inferiore al costo del capitale corretto per il rischio;
  • Le zombies sono spesso mantenute in vita artificialmente tramite prestiti e sussidi (zombie lending):
  • Salvaguardia della tenuta economica e dei livelli occupazionali;
  • Contenimento del rischio di insolvenza e degli impatti su NPL.

La presenza di tali aziende nel sistema produttivo è associata ad una serie di esternalità negative tra le quali:

  • Credit misallocation: capitali allocati potrebbero garantire rendimenti più alti e maggiore produttività altrove;
  • Congestion effect: esclusione di imprese sane dall’accesso al credito;
  • Stagnazione della produttività e disincentivo all’ingresso di nuovi operatori;
  • Aumento del costo del denaro;
  • Maggiore esposizione del sistema a trasmissione shock finanziari.

Per ragioni strutturali l’Italia è uno dei paesi OCSE a più alta incidenza di imprese zombie, nel Paese se ne contano 23.262, tutte in difficoltà e che non sono in grado di operare secondo le normali condizioni di mercato perché fortemente indebitate

In seguito alla crisi del 2012 le zombies attive nel nostro sistema produttivo sono calate per effetto di:

  • Maggiore selezione nell’accesso al credito;
  • Uscita dal mercato delle imprese più fragili;
  • Miglioramento della capitalizzazione.

A seguito della pandemia è emersa una nuova ondata di imprese a rischio, i cui effetti sui default sono mitigati dalle misure di sostegno:

  • Estensione del Fondo di Garanzia
  • Moratoria sui prestiti
  • Agevolazioni e Ristori
  • Politiche monetarie e creditizie accomodanti

Le misure a sostegno delle imprese hanno un rovescio della medaglia, infatti condizioni di credito favorevoli hanno spinto le imprese a indebitarsi maggiormente e molti finanziamenti sono stati concessi anche ad imprese zombie che, pertanto continuano ad operare sul mercato anche per effetto dello stallo delle chiusure di impresa favoriti dai “Decreti Covid

In particolare il 28,8% delle zombie esistenti nel 2019 hanno ricevuto finanziamenti dal Fondo di Garanzia nel biennio 2020-21, benchè in alcuni casi si è verificato che queste ultime hanno avuto un grado di risanamento maggiore rispetto a quelle non finanziate (70% vs 43%);

Comunque sia il Fondo ha stanziato 1,3 miliardi di euro di finanziamenti ad imprese poi uscite dal mercato o ancora zombie.

Attualmente sono 10 mila le zombies che hanno ricevuto garanzie pubbliche:

  • Debiti finanziari iscritti a bilancio: 20 mld di euro;
  • Finanziamenti concessi dal Fondo di Garanzia: 7 mld di euro.

Naturalmente il sol fatto di leggere dell’esistenza di imprese zombie non può che portarci alla mente che il riformato articolo 2086 comma 2 del c.c. – con la modifica prevista dall’art. 375 del D.lgs. 14/2019 (il Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’Impresa – CCII), ha introdotto nuovi obblighi in materia di gestione dell’attività di impresa, sancendo che “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per ii superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale“.

A ciò si aggiunge quanto disposto dall’art. 378 del medesimo D.lgs., che ha aggiunto un sesto comma all’art. 2476 il quale, nella sua prima parte, recita testualmente: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale………(omissis) “.

Pertanto tutti gli amministratori che non avranno dotato l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, capace di intercettare gli indizi di crisi e, soprattutto, la perdita della continuità aziendale, risponderanno con il proprio patrimonio delle obbligazioni sociali della società amministrata per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, così come previsto dal combinato disposto dei novellati artt. 2086 e 2476 del Codice Civile.

L‘intervento normativo si basa sul presupposto che gli adeguati assetti debbano essere in grado di rilevare tempestivamente l’insorgere della crisi dell’impresa nonché la perdita della continuità aziendale – vero e proprio elemento di novità – oltre a quello di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale (ove ne esistano, e siano verificabili, i presupposti).

Si tratta di una norma rivoluzionaria soprattutto nella sua portata culturale.

L’intento del legislatore è chiarissimo: responsabilizzare i vertici decisionali dell’impresa (rectius: gli Amministratori) affinché – con il diretto supporto di tutto il management aziendale – gestiscano in modo corretto, consapevole ed adeguato l’Azienda, senza improvvisazioni e con metodo e competenza, allo scopo di eliminare le inefficienze e favorire la proliferazione di aziende sane e gestite con sagacia ed intelligenza.

Per quanto il mio intento è divulgare la cultura della “riformata” modalità di questione aziendale applicando “gli adeguati assetti” e trovando soluzioni alle misurazioni circa la continuità d’impresa, non mi dilungo oltre sul tema, auspicando che l’entrata in vigore del codice, se ampiamente applicato, dovrebbe eliminare dal mercato una gran parte di quelle aziende zombie rilevate nel rapporto Cerved, del quale attenderemo con ansia la prossima edizione.

Mario Vacca

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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