Il Consiglio dei ministri n. 5 del 21 novembre 2022 ha approvato la manovra per l’anno solare 2023.
Tra le novità si segnala il taglio del c.d. cuneo fiscale.
Partiamo dalla definizione: il cuneo fiscale è la differenza tra l’importo lordo e quello netto all’interno della busta paga. Il provvedimento prevede il taglio del 2% per i redditi fino a 35,000 euro e salirebbe al 3% per quelli fino a 20,000 euro.
C’è un aspetto molto importante: il taglio andrà tutto ai lavoratori sia pubblici che privati.
Secondo alcune stime si tratta di un vantaggio che potrebbe variare dai 24,00 ai 45,00 euro netti al mese per un totale di tredici mensilità di stipendio per i redditi tra i 15.000 euro e i 30.000 euro.
Siamo in presenza di una scelta certamente condivisibile, ma nessuno si interroga sulla questione della redistribuzione del prelievo fiscale esistente.
In altri termini, se si vuole ridurre la pressione eccessiva sui redditi di lavoro, bisogna ragionare anche sulla tassazione di più altre componenti del valore aggiunto o della capacità contributiva esistente: redditi da capitale, rendite varie, royalties, brevetti, patrimoni, redditi evasi ed elusi o indebitamente esenti, spese fiscali, trattamenti privilegiati.
In altri Paesi europei, come la Francia, accanto al prelievo contributivo sul lavoro sono stati introdotti specifici prelievi sulle altre tipologie di reddito (profitti, interessi, ecc.) in modo che anche esse contribuiscano al finanziamento della spesa sociale.
Detto diversamente: dove si trovano i soldi derivanti dal mancato gettito? Delle due l’una: o si riduce la spesa con la conseguenza che questo comporta sul piano dei servizi, oppure si devono trovare altre entrate (tassando le rendite finanziarie?).
Prof. Daniele Trabucco
In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it