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Un piano per far crescere le start up ed i dati sulle previsioni economiche del 2023

«Il venture capital (investimento istituzionale in capitale di rischio di aziende in fase di start up, ndr) sta dando in Italia segnali importanti di vitalità, ma è un mercato ancora molto meno maturo e più frammentato di quello europeo», è quanto ha affermato Dario Scannapieco, Amministratore Delega di Cassa Depositi e Prestiti.

Il nostro Paese è ancora «fuori dalla top ten europea in termini di investimenti in start up, pur avendo raddoppiato i volumi rispetto al 2020».

Certamente si può recuperare, ed è con  questo obiettivo che  nel gennaio 2020 è nata Cdp venture capital, partecipata al 70% da Cdp equity e al 30% da Invitalia e guidata dall’ad Enrico Resmini, che ha annunciato nuovi traguardi: entro il 2024 la Sgr avrà 5,3 miliardi di capitali in gestione, contro gli 1,8 attuali, con investimenti in fondi di venture capital e programmi di accelerazione. I 3,5 miliardi in più arriveranno da Patrimonio, dal  Pnrr  e da altri investitori.

Scannapieco ha inoltre aggiunto: «Dobbiamo aumentare il numero degli operatori, rafforzare la dimensione dei soggetti già attivi e dobbiamo sprovincializzarci, facendo in modo che ci siano più Sgr e operatori esteri», perché «c’è un dinamismo imprenditoriale che va sostenuto».

L’obiettivo e l’azione della Sgr è su tutto il ciclo vita della start up, dall’idea alla quotazione, sul modello della francese che oggi investe in start up lo 0,48% del Pil (la Germania lo 0,53%) contro il nostro 0,07%.

L’accelerazione nel nostro Paese è già in corso e l’impegno di Cdp venture capital è a 360 gradi tanto che il gruppo ha anche lanciato 18 programmi di accelerazione e creato cinque poli di trasferimento tecnologico.

Ipoteticamente gli scenari possibili dei prossimi anni sono due, il primo prevede che in Italia gli investimenti diretti di venture capital sommino complessivamente 4 miliardi, mentre il secondo prevede un’accelerazione che aumenti gli investimenti sino a raggiungere quota 9 miliardi.

Le premesse, le forze ed il management ci sono, adesso con queste cartucce l’Italia potrà sparare bene nel campo dell’innovazione.

Intanto lo scorso 11 ottobre il Fondo monetario internazionale ha rilasciato le nuove previsioni fotografando un 2023 di recessione per Italia e la Germania, con una contrazione del Pil, rispettivamente, dello 0,2 e dello 0,3%. Si concretizzano cosi i rischi indicati dagli analisti, la crescita globale del 2022 resta confermata al 3,2% mentre quella stimata per il 2023 subisce l’ennesimo taglio, che la abbassa al 2,7%, rispetto al 2,9% previsto a luglio.

In pratica sarebbe la crescita più debole dal 2001, ad eccezione naturalmente per quelle relative alle recessioni innescate dalla crisi finanziaria e dal Covid-19.

La «potente» destabilizzazione alimentata dalla sempre più brutale guerra condotta dalla Russia spinge il capo-economista del Fondo Pierre-Olivier Gourinchas ad asserire che «Il peggio deve ancora arrivare».

Mario Vacca in collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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