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Intervista E. Grimaldi (UCDL), storia delle cure che hanno salvato gli italiani dalla Vigile Attesa

Abbiamo incontrato l’avvocato Erich Grimaldi, presidente e promotore del movimento politico UCDL, Unione per le cure, i diritti e le Libertà nonché del Comitato per le Cure Domiciliari Precoci Covid- 19, costituito nel 2020 per offrire sostegno ai medici e supportare i cittadini abbandonati dalle istituzioni. 

Ripercorriamo la storia del Comitato fino ai suoi obiettivi per il futuro: perché crediamo che finché non ci saranno le dovute ammissioni di responsabilità da parte dei governi e delle istituzioni che si sono succeduti durante la pandemia Covid-19, l’Italia non potrà dirsi democratica, costituzionale e unita. 

Avvocato Grimaldi, cosa l’ha spinta a fondare il Comitato? Esso ha avuto la funzione straordinaria dal punto di vista medico e così anche psicologico per la cittadinanza italiana. Vorremmo ripercorrerne la storia.

Nel marzo 2020 eravamo chiusi in lockdown mentre negli ospedali e in casa tanti concittadini morivano, in quella situazione surreale notavo un’anomalia: in certe regioni italiane c’era un altissimo tasso di mortalità, in altre no. 

Mi chiedevo: perché a Milano si registravano meno decessi che a Brescia e Bergamo? 

Pensai che fosse plausibile che alcuni medici stessero curando questo misterioso virus in modo diverso da altri che semplicemente invitavano ad attenderne l’evoluzione. 

Così chiesi a degli amici medici, usai il passaparola, fino a creare una rete per portare questi medici a confrontarsi sugli approcci terapeutici, fondando il primo gruppo Esercito Bianco il 14 marzo 2020. Ad aprile del 2020, poi, ho fondato Terapia domiciliare Covid in ogni regione, per ottenere un protocollo univoco di cure domiciliari precoci, esito della sinergia tra questi medici. 

A fine aprile 2020, quindi, scrissi una diffida al Ministero della Salute per chiedere l’adozione in ogni regione di un medesimo protocollo di cura: era inaccettabile essere tutti uguali di fronte alla pandemia, ottenere sostegni economici e, allo stesso tempo, essere curati in maniera differente su base regionale. 

In Calabria il malato era abbandonato a sé stesso e in Emilia Romagna c’erano già le visite a domicilio con il prof. Cavanna di Piacenza ancor prima che venissero istituite le USCA. 

Non siamo stati ascoltati. 

La prima battaglia che feci fu nel Lazio: chiesi ed ottenni dal Tar la libertà di prescrizione per il medico senza attendere il risultato del tampone, esito che, in quel momento, arrivava dopo circa 15/20 giorni e al paziente venivano così negate le cure precoci. 

Poi è arrivata la questione Idrossiclorochina. 

A giugno/luglio 2020 affrontammo la seconda battaglia legale legata all’idrossiclorochina, farmaco utilizzato in prima ondata con successo dai territori in uno agli antinfiammatori. 

La prestigiosa rivista The Lancet, difatti, pubblicò uno studio che ne sabotava l’utilizzo. 

Tuttavia, tale studio era stato eseguito su pazienti ospedalizzati che dopo 15-20 giorni di abbandono senza cure precoci chiaramente non rispondevano al farmaco. 

Decidemmo di inviare un’istanza di accesso agli atti ad Aifa per capire perché la sperimentazione di questo farmaco era stata sospesa. 

Ci fu una contestazione di circa 130 scienziati di tutto il mondo in merito alla predetta pubblicazione e gli stessi autori, alla fine, la ritrattarono. 

L’AIFA, però, non riprendeva la sperimentazione, motivo per cui fummo costretti a depositare il ricorso al Tar, che a settembre rigettava le nostre istanze cautelari in quanto teneva conto degli studi randomizzati effettuati sui pazienti ospedalizzati. 

A quel punto intuisco che occorreva coinvolgere nella battaglia legale anche medici oltre confine. 

Quindi coinvolsi medici sudamericani, brasiliani ed anche, americani, come Peter McCullough che, successivamente, parteciparono anche alla redazione del nostro schema di cura. 

I predetti medici spiegarono che non esistevano studi randomizzati sui farmaci in fase precoce, motivo per cui non se ne poteva inibire l’utilizzo nei primi giorni dall’insorgenza dei sintomi. 

A dicembre 2020, quindi, il Consiglio di Stato accoglie il nostro appello cautelare e, con un’ordinanza storica, reintroduce la sperimentazione del farmaco. 

Nel medesimo periodo approfondimmo l’utilizzo delle eparine e dei fans come l’indometacina, inserita da subito nel nostro schema terapeutico e oggetto, successivamente, di più studi osservazionali da parte del prof. Serafino Fazio.

I primi sintomi del covid si curavano eccome, peraltro con medicinali, a basso costo, facilmente reperibili e già disponibili sul mercato.

Il sars-CoV2 ha ucciso migliaia di persone perché non veniva trattato in fase precoce. “Non è stato possibile coordinare il nostro lavoro a livello istituzionale. Alcuni studi sono prossimi alla pubblicazione e saranno importanti per documentare, nero su bianco, quali protocolli siano utili e quali no, atteso che sui farmaci utilizzati dai territori in fase precoce, inspiegabilmente, non sono stati effettuati studi randomizzati per scelta governativa” dichiarava all’epoca in un’intervista a Generiamosalute.

Insomma, le terapie a domicilio sono state adottate in contrasto o clandestinamente dal protocollo del Ministero della Salute, all’epoca presieduto da Roberto Speranza.

Sì. ad agosto 2020, durante la seconda ondata, ci chiedevano aiuto sui social pazienti abbandonati dai medici di famiglia e dalla guardia medica che si limitava a somministrare solo il paracetamolo, che, purtroppo, peggiorava la situazione riducendo le scorte di glutiatione. 

Intanto il Comitato delle Terapie Domiciliari cresceva sempre di più finché il piccolo gruppo che contava 20mila persone, ad aprile 2021 divenne di circa 700 mila utenti, con una rete di 1500 medici, nonché 4/5000 unità tra infermieri, psicologi, biologi, farmacisti, oltre a tantissimi volontari e ai moderatori che erano il cuore pulsante del gruppo, mettendo in contatto i pazienti con i medici ed organizzando decine di webinar per aggiornamenti sulle terapie.

Un team su tutto il territorio nazionale per soccorrere gratuitamente i pazienti mentre le istituzioni ci chiamavano cialtroni. 

La gente ci ringraziava, le istituzioni ci ridicolizzavano. 

Nell’inverno del 2021 il Governo vi ha finalmente convocati. 

A gennaio 2021 abbiamo pubblicato il primo schema terapeutico del Comitato, che venne spedito al Ministero e all’Aifa nonché alle singole regioni per chiederne l’ufficializzazione o almeno l’utilizzo parallelo. 

Poteva essere prezioso anche come materiale di ricerca sulle ospedalizzazioni, per confrontare se esse fossero maggiori con il nostro protocollo o con quello governativo. 

Il documento passò in Molise ma ci fu un problema con l’ordine, poi anche in Sardegna ma con la terza ondata la questione venne chiusa. 

Durante questi mesi di tentativi incontrammo il viceministro per la salute Sileri che ci ascoltò, -era il marzo 2021- ma era già uscita un’altra ordinanza del Tar (perché avevamo impugnato le linee guida Cure domiciliari del 30 novembre 2020 che prevedeva solo la Vigile attesa e paracetamolo). 

Quest’ordinanza cautelare ci dava ragione e noi iniziammo un dialogo con Sileri. Il Senato, poi, in data 8 aprile 2021, stabiliva, quasi all’unanimità, che i medici che avevano agito direttamente sul campo avrebbero potuto partecipare alla revisione dei protocolli di cura domiciliare precoce. 

Incontrammo i rappresentanti di Agenas (che aveva redatto le ultime linee guida) ma, nel frattempo, il Consiglio di Stato, il 23 aprile 2021 dava ragione al Ministero e di fatto interrompeva questa sinergia tra Ministero e medici sul territorio. 

Sileri, da me contattato, dichiarò che non era sua responsabilità se Gianni Rezza (allora Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero) e il ministro Speranza non ci avevano coinvolto, avendo già redatto dalla fine di marzo 2021, una bozza delle nuove guida di cura domiciliare che venivano licenziate il 26 aprile 2021, con l’inserimento dei Fans ma lasciando di fatto la vigile attesa, nonché l’utilizzo del paracetamolo. 

Il 26 aprile fondai UCDL, associazione a sostegno del Comitato, raccogliemmo circa 30mila firme per una petizione da rivolgere a Speranza per promuovere la partecipazione alla stesura del protocollo di cure nazionale da parte dei medici che avevano agito sul campo. 

A luglio 2021, consegnaste la petizione al Ministero della Salute, in quell’occasione venne anche l’attuale premier Giorgia Meloni, che in quel momento dichiarava di sostenere la vostra causa.

Sì, ma solo in funzione di unica parte politica all’opposizione. Oggi si parla di commissione di inchiesta perché nessuno ha mai ascoltato i medici che hanno guarito in fase precoce. La petizione venne consegnata il 27 luglio. 

Con tanto di lancio di centinaia di scatole di Tachipirina davanti al Ministero. Speranza non scese e ci confrontammo con dei funzionari che garantivano innanzi ad alcuni medici del territorio che avrebbero preso in seria considerazione le nostre istanze.

Nel contempo, aiutammo centinaia di ragazzi contagiati che venivano abbandonati in Grecia, Spagna, Malta ecc.

A settembre 2021 pervennero alcune richieste fasulle per boicottarci, così creammo una web app, denominata “TDC19”, al fine di controllare la genuinità delle richieste di aiuto e anche per avere una cartella clinica del paziente, con tanto di consenso informato. 

Anche nella 4° e 5° ondata utilizzammo con successo questo mezzo. 

A gennaio 2022, poi, venne pubblicata la sentenza del Tar che accoglieva un nostro ulteriore ricorso avverso le linee guida del 26 aprile 2021 affermando che il Ministero aveva impedito ai medici di curare in scienza e coscienza i primi sintomi del covid. 

A quel punto si sarebbe dovuto dimettere Speranza e forse cadere il Governo per non aver saputo gestire l’emergenza sanitaria con le cure domiciliari. 

E dopo il danno -lo sfacelo sanitario, le vite perdute, le aziende chiuse e gli equilibri psichici compromessi per molti cittadini- arriva la beffa…

Sì, perché dopo pochi giorni, intervenne il Consiglio Di Stato che stabiliva che le direttive ai medici non erano prescrizioni di non fare ma semplici raccomandazioni.

Il giorno successivo alla decisione del 9 febbraio, poi, venivano tempestivamente pubblicate le linee guida aggiornate, come se il Ministero la avesse già pronte nel cassetto. 

La prescrizione di non usare l’eparina diventava anch’essa una raccomandazione. 

Allo stesso tempo, un’inchiesta del Fatto Quotidiano, rilevava che 3 dei 5 giudici del Consiglio di Stato, che avevano redatto la sentenza in forma semplificata avevano degli incarichi fuori ruolo proprio al Ministero in palese conflitto d’interessi.

A quel punto, anche su richiesta di tantissimi cittadini, ho deciso di trasformare l’Unione in movimento politico con lo scopo di poter incidere direttamente presso le istituzioni che non ci avevano ascoltato.

Le elezioni anticipate, nonché l’omessa unione delle forze del dissenso, poi, hanno spostato migliaia di voti verso Fratelli D’Italia e 5 Stelle. 

Lei ha affermato che “Per quanto riguarda il vaccino la comunicazione in merito è stata davvero inefficace, con cambi di rotta improvvisi, senza coinvolgere i medici di base che avrebbero potuto suggerire il vaccino giusto al singolo paziente, ha prodotto solamente maggiore diffidenza e allontanato gli indecisi dalla campagna vaccinale. E’ ovvio che in una situazione straordinaria servano misure straordinarie, ma devono avere alla base una direzione chiara, coerente e di supporto alla popolazione da ogni punto di vista”. La comunicazione da parte delle autorità è stata schizofrenica, informazioni discordanti, messe in commercio e ritiri isterici dei vaccini. La legge 76/21 che ha costretto alla vaccinazione prima alcune categorie poi tutti era basata su un falso scientifico?

Quando è iniziata la campagna vaccinale a gennaio 2021, avevamo già contezza che i vaccinati continuavano a contagiare il virus Sars-CoV2. 

Coloro che si rivolgevano a noi inizialmente facevano parte delle categorie obbligate per prime, cioè insegnanti e professionisti sanitari (poi anche le forze dell’ordine). 

Nel febbraio 2021 ci contattavano per dirci che non solo avevano il Covid ma che lo avevano trasmesso ai loro familiari. 

Quindi chi si vaccinava trasmetteva il Covid e questo era alla luce del sole, anche se le istituzioni lo hanno negato in tutti i modi. 

Nell’estate 2021, poi, adottavano il Green pass, certificazione fondata proprio su questo falso presupposto: che chi si vaccinava non poteva contagiare e quindi che si doveva obbligare tutti a vaccinarsi con uno strumento surrettizio. 

La vita degli italiani, dalla palestra per i bambini al lavoro è stata così stravolta da una decisione politica che non aveva nulla di scientifico. 

Lo Stato, peraltro, ha obbligato tante persone al predetto trattamento senza tener conto dei fenomeni avversi come ADE, e neppure si è mai consigliato un accertamento diagnostico preventivo come l’esame del D-Dimero per prevenire eventuali trombosi, o tra una dose e l’altro, come dicevano i medici del nostro Comitato. 

Nel 2021, peraltro, chiedemmo all’AIFA e alle case farmaceutiche coinvolte il motivo degli omessi studi randomizzati sul dosaggio del D-Dimero. 

I medici hanno il dovere deontologico di applicare il principio di precauzione quando consigliano dei farmaci e, invece, ci sono stati medici che hanno esonerato un paziente dal vaccino per ragioni soggettive di salute e sono stati sospesi per eccesso del principio di precauzione; i predetti provvedimenti sono stati inaccettabili e assurdi. 

A causa di queste intimidazioni accadeva, inevitabilmente, che alcuni medici sconsigliavano a voce la somministrazione del vaccino così come sostenevano la correlazione con eventuali reazioni avverse ma poi dicevano di non poterlo certificare perché sarebbero incorsi in sanzioni disciplinari. 

Le reazioni avverse, inoltre, non sono state correlate perché erano considerate tali sono se si verificavano nelle prime 24-48-72 ore. 

Non c’è mai stata vaccino vigilanza attiva e non ha mai funzionato la farmaco-vigilanza passiva, in quanto doveva essere il cittadino a segnalare a Vigifarmaco laddove non lo faceva il medico. 

Il medico avrebbe dovuto segnalare qualsivoglia effetto avverso a prescindere dalle correlazioni e, invece, il cittadino si trovava a doverlo farlo da solo senza alcuna competenza. 

Si è pensato solo a vaccinare indistintamente tutti, senza alcuno scrupolo clinico e quindi morale. 

Noi non ci siamo mai schierati contro qualcosa ma abbiamo sempre tutelato la libertà e i diritti del cittadino, per questo motivo nel nostro simbolo legge la parola “Libertà”. 

Il cittadino, infatti, è libero solo se l’informazione è corretta e trasparente, altrimenti qualsiasi decisione è in realtà mistificata e si realizza come una falsa scelta. E questo è un problema democratico prima che sanitario. Lei si occupa ancora di rimborsi post-Covid e di tutela Covid per i sanitari? 

Al momento portiamo avanti due progetti separati: il Comitato sta provando a portare sul territorio un supporto anche per coloro che soffrono di long-Covid e per aiutare tutti coloro che hanno subito reazioni avverse e non riescono a ricevere il sostegno del sistema sanitario. 

Dal punto di vista legale continua, altresì, il sostegno ai cittadini come già avvenuto nel corso di questi anni. 

Dal punto di vista politico, invece, con UCDL stiamo invece organizzando attività per portare avanti principi di libertà e autodeterminazione dei cittadini su cui si fonda l’Unione stessa, avendo anche più tempo a disposizione per coinvolgere chi non si è mai fermato a riflettere. 

La raccolta firme sulle spiagge nell’agosto 2022 è stato un vero attentato alla democrazia, con lo scopo di evitare che un neonato partito come il nostro potesse presentarsi in tutte le regioni. 

È stata un’esperienza politica che non dimenticherò e, laddove sarà possibile, porterò avanti queste istanze nell’inchiesta che verrà istituita anche per far luce sugli esoneri dalle firme previsti ad hoc nel decreto elezioni di maggio 2022.

Giulia Bertotto

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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