Don Floriano Pellegrini, sacerdote cattolico di 67 anni, della Diocesi di Belluno, abita in un paesino tra le Dolomiti, ma ha scritto al mondo intero: si tratta di una “proposta di sospendere i rapporti diplomatici con la Santa Sede” ad una lunga lista di ambasciatori, dalla Finlandia alla Costa D’Avorio. Non solo una lettera formale ma un sentito messaggio per chiedere l’interruzione dei rapporti diplomatici in quanto il Papa in carica, Francesco I, rappresenterebbe, secondo il nostro intervistato, una visione eretica dei precetti del Vangelo e mistificazione delle verità di fede proprio a capo della Chiesa.
Bergoglio sarebbe, secondo lui, solo l’acme di una deriva anti-cristiana in seno alla Chiesa Cattolica sistematicamente avviata dal Concilio Vaticano II del 1965. Qui non si parla di quei peccatori che spesso nella storia hanno turbato la Chiesa -e che rappresentano anche il limite umano di una chiesa inevitabilmente imperfetta perché pellegrina e ontologicamente sospesa tra umano e divino- ma si parla di un Pontefice che, sempre secondo Don Floriano, farebbe gli interessi di altre forze che non sono quelle dello spirito di Cristo.
Contenuti del testo della missiva di Don Floriano Pellegrini
Il testo della missiva prende in esame contenuti dottrinali e teologici che il successore di Pietro venuto da Buenos Aires ha adottato nel suo pontificato:
Secondo Don Floriano il concetto di religione assunto da Papa Francesco non è cattolico; per il pontefice il cattolicesimo non è la via della verità ma solo una delle religioni, spingendo dunque una direzione di equiparazione tra le religioni. L’antropologia di Bergoglio non sarebbe cattolica in quanto è “di ispirazione biologista e immanentista”; la natura non è creazione ma dato scientista e da qui derivano inesattezze nella liturgia ma anche errori rispetto ai dogmi sul peccato, redenzione, e sacramenti, che sarebbero addirittura da superare.
La cosmologia di Bergoglio, scrive don Floriano, non è cattolica ma massonica: il divino si risolve in una cesura immanentista e non rimanda ad una trascendenza ultraterrena. Francesco si limita a salvare la terra come un ambientalista positivista e non ricorda che il suo compito è salvare le anime come un cristiano deve preoccuparsi di fare. Anche la dottrina morale è in disaccordo con gli insegnamenti del Cristo: Don Floriano denuncia qui l’omertà riguardo all’aborto, e nessuna obiezione davanti alla campagna di vaccinazione di massa, durante l’emergenza sanitaria che ha sostituito l’acqua santa con il presidio disinfettante. E ancora l’astensione dal condannare la teoria Gender e il progetto transumano della fluidità di genere.
Anche la dottrina sociale di Bergoglio non è cattolica, dice il nostro intervistato, perché sostiene la globalizzazione, la perdita di sovranità politica, identitaria e che tenderebbe a soffocare e cancellare ogni tradizione in una Babele 2.0., e non in virtù del Regno dei Cieli, ma in nome del regno della finanza speculativa.
L’intervista a Don Floriano Pellegrini
Don Floriano, lei ha scritto una lettera ricca di contenuti teologici, ma la ha indirizzata a un ventaglio di soggetti politici.
Ho scritto questa lettera individuando gli ambasciatori come soggetto Politico nel senso alto e nobile del termine; anche la Santa Sede, titolare dello Stato della Città del Vaticano è un soggetto Politico, anche se sempre rivolto ad una dimensione ultramondana. Il Vaticano non è un’entità politica che strumentalizza la religione, ma un unicum nel quale Spirito e Politico trovano realtà.
Lo scopo è far presente un dramma che si sta consumando all’interno della Chiesa; il Capo di questo Stato e loro referente, mostra comportamenti e concezioni che si discostano dall’insegnamento evangelico per avvicinarsi alle proposte del Nuovo Ordine Mondiale. La Chiesa nel suo versante politico è ovviamente soggetta al mutamento, ma nel suo messaggio deve restare fedele a Gesù.
Dal punto di vista giuridico e formale riconosco Papa Francesco I, ma non riconosco la sua opera dal punto di vista dottrinale.
Eppure è un atto forte quello di sollecitare le ambasciate a interrompere i rapporti diplomatici.
Quando un edificio va a fuoco e la situazione è disperata, anche le decisioni per spegnere il fuoco e salvare il salvabile devono essere radicali. E’ il tempo dell’ardire e del coraggio. Potrei dire chi sono io per giudicare l’operato del Papa? Ma potrei anche dire: chi sono io per restare in silenzio se vedo in qualche modo tradito il messaggio di Dio? Mi sento in dovere di fare qualcosa per arginare questo sfacelo e se necessario dovrò esserlo fino al martirio.
L’agenda mondialista chiama integrazione dei popoli ciò che va letto come svuotamento dei popoli.
Ben venga l’integrazione, ma non la mescolanza che mira ad annullare le differenze. Le differenze non sono esteriori e folkloristiche ma sono doni profondi che il Signore ha dato, talenti diversi e meravigliosi. Pensiamo solo alla penisola italiana, una varietà di caratteristiche artistiche, culinarie, di usanze e costumi splendidi, alla Firenze rinascimentale, la Lecce barocca, l’arte marittima veneziana. Alcuni paesi sono sensibili al culto mariano, altre città hanno i loro santi ed essi sono tutti diversi. I popoli portano peculiarità locali, vissuti nazionali e memorie storiche. Il Nuovo Ordine Mondiale vuole individui uniformi e incapaci di interpretare la realtà, privi di un senso della comunità. Ma Gesù dice andate e predicate a tutti i popoli non ai singoli.
Ci dicono di esaltare le diversità ma vogliono cancellarle. Ciascuno di noi non deve diventare santo alla maniera di Agostino o di Padre Pio, ma deve diventarlo nella misura e nella unicità di sé stesso. La fratellanza si crea e custodisce tra fratelli diversi, non tra identici, altrimenti siamo solo numeri come in un grande campo di sterminio.
Io vorrei che Papa Francesco lottasse per difendere e per valorizzare le differenze etniche e culturali.
Certamente ha sentito parlare del giornalista Andrea Cionci e di Don Alessandro Minutella. Ci sono affinità nella vostra visione del papato di Bergoglio. Loro denunciano uno scisma silente all’interno della Chiesa.
Sono entrambe persone stimate e amate, con Andrea Cionci intratteniamo ogni tanto una comunicazione, e riconosco come sacerdote Don Alessandro anche se è stato scomunicato. Anche se direttamente, con quest’ultimo, non ci siamo mai sentiti. Non collaboriamo forse perché io riconosco dal punto di vista giuridico Papa Francesco. Tuttavia credo sarebbe importante attivare una sinergia collaborativa per questa missione di verità nella Chiesa.
Lei celebra ancora la messa rivolto all’altare e non verso i fedeli, una posizione di rispetto metafisico che la mette al contempo al pari con i fedeli e simbolicamente sottomesso alla volontà divina. Si tratta di una gerarchia ontologica, non di una scarsa considerazione dei fedeli.
Sì, quando celebro la consacrazione lo faccio ancora guardando l’altare e non i fedeli: questa è l’autentica messa cattolica. Sono rivolto verso il tabernacolo, non volto le spalle ad esso per guardare i fedeli, che sarebbe scandaloso. Entrambi, io come i fedeli, siamo rivolti al Cristo, nella stessa posizione rispetto alla trascendenza. Quando ero un giovane seminarista andavo ad aiutare i miei genitori al pascolo, facevo il pastore e ho imparato tante cose. Ho imparato che per guidare un gregge occorre mettersi davanti, ma anche il pastore deve ricordarsi che fa parte del gregge, pur avendo su di esso una responsabilità pastorale. Devo girare le spalle al gregge, non per mancargli di rispetto, ma per condurlo verso la direzione di Dio. La messa non è solo un’assemblea tra esseri umani ma un rito di devozione e amore verso il Salvatore. Siamo tutti diretti, anche se all’interno del tempo, verso l’Eterno.
Giulia Bertotto