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Home Inchieste Interviste Emanuela Orlandi, il giornalista Nelli: “Terza indagine, ultima occasione per la verità”

Emanuela Orlandi, il giornalista Nelli: “Terza indagine, ultima occasione per la verità”

Cittadina vaticana, Emanuela Orlandi scomparve il 22 giugno 1983, a soli quindici anni, e tra poche settimane ricorrerà il quarantennale della sua tragedia. 

In questi giorni, la Procura di Roma ha aperto una terza indagine sulla scomparsa più nota in Italia. La prima indagine iniziò proprio nel 1983 e durò fino al 1997, la seconda è durata un decennio e si è conclusa nel 2015 con l’archiviazione.

Per approfondire la notizia abbiamo intervistato Tommaso Nelli, giornalista che segue il caso da molti anni.

Nelli, giornalista freelance, scrive per “Spazio70” ed è autore di Atto di dolore, libro-inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, vincitore nel 2021 del premio “Logos Cultura” alla rassegna internazionale “Switzerland Literary Prize”.

Dottor Nelli, a quattro decenni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi l’Italia decide di rimettere le mani sul suo caso. Come mai? E che cosa dobbiamo aspettarci?  

Questa terza inchiesta nasce da alcuni documenti che la magistratura vaticana, che a sua volta sta conducendo un’inchiesta giudiziaria sulla sparizione di Emanuela Orlandi, ha messo a disposizione di quella italiana. A loro volta, i nostri inquirenti hanno acquisito gli atti delle due precedenti inchieste sul caso Orlandi, terminate purtroppo con un’archiviazione. Innanzitutto, ci aspettiamo un esito differente. 

E i segnali sono incoraggianti, perché il titolare delle indagini è il sostituto procuratore Stefano Luciani, figura di grande spessore, che nel 2022 ha sostenuto, presso il Tribunale di Caltanissetta, il processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Quindi ha già maturato esperienza di vicende complesse e di grande impatto mediatico. 

Ora ci sarà da capire in quale direzione muoverà la sua azione inquirente, quale sarà il capo, o i capi, di imputazione, se sarà contro noti o ignoti, se riguarderà nomi inediti o già emersi nel corso di questi angoscianti decenni di tentativi e depistaggi, e se investirà anche la scomparsa di Mirella Gregori, il cui fascicolo è all’interno delle carte su Emanuela Orlandi.  

Cosa contengono i documenti vaticani? 

Non so dirlo, perché vige il massimo e rigido riserbo nei corridoi di piazzale Clodio. Possiamo però avanzare delle ipotesi: la magistratura vaticana ha competenza nelle zone territoriali della Santa Sede. 

Se ha deciso di consegnare atti di una sua indagine alla giustizia italiana, possiamo presumere che si sia trovata in possesso di informazioni relativi a episodi avvenuti sul territorio italiano e che quindi sono di competenza dei nostri inquirenti. 

Ci faccia un esempio.

C’è un audio di un ex appartenente alla Banda della Magliana, Marcello Neroni, costituito da spezzoni cuciti, interruzioni e divulgato a dicembre 2022, che è stato consegnato al promotore di Giustizia Vaticana, all’interno del quale si formulano illazioni terribili contro Giovanni Paolo II.

In questo audio non viene mai fatto il nome di Emanuela, ma si accusa il pontefice di aver avuto rapporti sessuali con alcune giovani e che l’allora segretario di Stato vaticano, Agostino Casaroli, per porre fine a questa indecenza, avrebbe chiesto aiuto a due cappellani del penitenziario di Regina Coeli, che a loro volta si sarebbero appellati a Enrico De Pedis. 

Si lascerebbe intendere poi che l’intervento di “Renatino” si sia concretizzato mediante il sequestro di Emanuela Orlandi. Non c’è alcun riscontro a simili gravissime dichiarazioni che, se si volessero approfondire, sarebbero di competenza della magistratura italiana, perché Neroni è cittadino italiano e la registrazione con ogni probabilità è avvenuta in territorio italiano. 

Alcune settimane fa i giornali hanno parlato di una lettera che l’arcivescovo di Canterbury avrebbe scritto al cardinale Ugo Poletti, nella prima metà degli anni Novanta, per chiedere un incontro di persona nel quale parlare della vicenda di Emanuela Orlandi.

Si tratta di un falso e le prove sono davvero molte: tanto per cominciare, la smentita dello stesso arcivescovo di Canterbury. Anche se la missiva è firmata, i giornalisti di “Domani” hanno fatto notare che le firme del cardinale si possono trovare da una serie di cartoline su “E-bay”, non occorre neppure essere un pirata informatico per una falsificazione così casalinga. 

Poi, per un fatto così delicato e serio, qualora l’arcivescovo avesse voluto incontrare Poletti per parlare di questa vicenda, avrebbe mandato un suo emissario per concordare un appuntamento invece di lasciare delle tracce in forma scritta. La lettera inoltre non è scritta su carta intestata. 

Per non parlare, infine, del registro usato: non sembra neppure di una persona che conosce e padroneggia la lingua inglese bensì di uno che la parla tipo il personaggio di Alberto Sordi in Un americano a Roma.  

Chi potrebbe averla stilata? E quindi perché?

Qualcuno che, mediante la strumentalizzazione del caso di Emanuela Orlandi, intende colpire alte figure della Santa Sede, a cominciare dal Papa, oppure condizionare, anche per trarre profitto, giochi di potere interni al Vaticano ma del tutto estranei a questa tragedia.

Questa lettera è l’ennesima falsa notizia uscita sulla vicenda da quando Bergoglio è salito al soglio pontificio, al fine di mettere in difficoltà la sua politica o indebolire la sua figura. 

Sembra di essere in un momento decisivo di questa intricatissima e drammatica vicenda. Lei crede che la verità sul caso Orlandi sia ancora accessibile? 

L’indagine della Procura di Roma rinvigorisce la mia speranza che si possa finalmente fare luce sulla scomparsa di Emanuela. Io sono sempre stato un vivo sostenitore della riapertura delle indagini da parte delle autorità italiane, perché il fatto è avvenuto in Italia e perché ci sono enormi zone d’ombra proprio dove si sono perse le tracce della ragazza. Ho fiducia in questa indagine, ma spero che si guardi nella direzione giusta per illuminare le zone d’ombra che hanno nascosto la verità. 

A cominciare dalla ricostruzione precisa del luogo della sparizione, che consentirebbe di essere perlomeno a metà della strada che conduce alla soluzione dell’enigma. C’è un aspetto in particolare che gioca a favore della piena ricostruzione dei fatti: la bassa età della vittima. Emanuela e molti attori della vicenda che gravitavano attorno a lei erano persone giovani, ci sono quindi alte probabilità che esse siano vive e che possano ancora testimoniare e fornire informazioni attendibili.

È sempre convinto che la chiave del mistero sia in quella persona che lei chiama “Rosa blu”?

Sono sempre convinto che la “rosa blu”, la compagna della scuola di musica di Emanuela sua coetanea e mai identificata, nonché l’ultima persona con lei prima che sparisse, sia un tassello fondamentale nel quadro di questo dramma. Per il quale, dopo questa indagine, improbabile ci siano altre occasioni per arrivare alla verità. 

E qualora dovesse andar nuovamente male, sarebbe una sconfitta non solo per la famiglia Orlandi, ma anche per la coscienza civile del nostro paese.

Giulia Bertotto

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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