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Sessualizzazione dei bambini, Coghe: “Ci danno dei bigotti ma solo noi difendiamo la libertà educativa”

jacopo coghe è il portavoce di Pro Vita e Famiglia

Jacopo Coghe, portavoce del movimento Pro Vita e Famiglia, lavora a capo di un’impresa che si occupa di design, è padre di cinque figli, ha studiato filologia medievale, ama il trekking in montagna, viaggiare guidando l’automobile per lunghi tragitti, e il suo colore preferito è il blu. “Mi batto per la Vita, la Famiglia e la Libertà Educativa”, afferma per presentarsi.

Presentiamo con poche parole anche Pro Vita & Famiglia: “Un’associazione ONLUS che opera in favore dei bambini, delle madri e dei padri, difende il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e sostiene la libertà e priorità educativa dei genitori”.

Abbiamo intervistato Jacopo Coghe per provare a parlare di alcuni tra i più urgenti temi di bioetica: utero in affitto, eutanasia, apertura del papato di Bergoglio alle persone LGBT.

Movimento Pro Vita e Famiglia: L’intervista a Jacopo Coghe

Per i detrattori del movimento Pro Vita e Famiglia, voi siete bigotti e intolleranti, per i vostri sostenitori siete invece un baluardo di resistenza al relativismo morale imperante. Ma cos’è davvero Pro Vita e Famiglia?

Pro Vita e Famiglia probabilmente non è nessuna delle due cose: non ci sentiamo eroi ma neppure bigotti. Guardando la realtà dei fatti vediamo una cultura relativista se non anche nichilista che vorrebbe demolire il valore sacro della vita umana in modi innumerevoli: l’aborto, l’eutanasia, la neutralizzazione dei generi maschile e femminile, l’agenda globalista, la digitalizzazione. La famiglia è attaccata, disgregata e atomizzata e infatti vediamo giovani sempre più disorientati e privi di una sana disciplina e fondamento valoriale. Ci poniamo come un’alternativa a questa antropologia del capriccio, in cui ogni desiderio diventa un obbligo e un diritto.

Ci accusano a volte di essere retrogradi: ma chi più di chi difende la famiglia e tutela i bambini, dimostra di avere a cuore il futuro?

Questo è un tema poco conosciuto e a quanto pare raccapricciante dal punto di vista etico e sociale. Cos’è la sessualizzazione dei bambini e a chi giova oggi questo?

Partiamo da una delle definizioni: vi è sessualizzazione quando la sessualità è impropriamente imposta a una persona.

Spesso questo accade già nella tenera età, basti pensare ad alcune affissioni pubblicitarie, cartoni animati etc. Oggi sempre più spesso nelle scuole dei nostri bambini, già a partire da quelle dell’infanzia, viene loro insegnata l’ideologia gender, ossia che l’essere maschio o femmina è un’imposizione culturale e che si potrebbe scegliere di identificarsi in qualsiasi genere. Tutto ciò lede i diritti dei bambini e soprattutto la libertà educativa dei genitori, i quali sono i primi educatori, soprattutto per quanto riguarda i temi dell’affettività e della sessualità. La Scuola e la società sono importanti e imprescindibili, tuttavia l’istituzione scolastica riceve una delega, ma non in bianco.

L’utero in affitto, contro la quale Pro Vita si batte, è una pratica che stranamente -nel nostro contesto ideologico così polarizzato- riesce a rappresentare un punto di accordo tra fedeli cattolici e alcuni partiti di ispirazione comunista, tra movimenti femministi progressisti e comitati conservatori e per niente femministi. E’ un unicum molto potente in tal senso. Perché?

Posizioni comuni da parte di forze che hanno visioni filosofiche opposte dipendono da un oggettivo e innegabile sfruttamento della donna come incubatrice viva e del neonato e del bambino come oggetto mercificato. Trovo molto proficuo e promettente l’unione di queste forze per tutelare le donne e i bambini.

Papa Bergoglio ha dichiarato in un colloquio pubblicato su La Civiltà Cattolica che “La Chiesa è aperta a tutti, anche a gay e trans. È evidente che oggi il tema dell’omosessualità è molto forte, e la sensibilità a questo proposito cambia a seconda delle circostanze storiche. Ma quello che a me non piace affatto, in generale, è che si guardi al cosiddetto ‘peccato della carne’ con la lente d’ingrandimento, così come si è fatto per tanto tempo a proposito del sesto comandamento”. Come commenta queste parole del pontefice?

Sì, sono parole che possono lasciarci stupiti, ma vanno esaminate con cura. La teologia è uno studio molto sottile. Il Papa, cioè la Chiesa, distinguono sempre l’atto errato da chi lo commette, il peccato dal peccatore. A non essere accolto dalla Chiesa è il peccato, non la persona che lo compie. Alla Chiesa è concesso giudicare il peccatore ma solo Dio può giudicare la persona e la sua anima. Inoltre, la Chiesa condanna, questo sì, l’ideologia gender. Anche la battaglia di Pro Vita e Famiglia è contro le ideologie, mai contro le persone. Noi non giudichiamo le persone, non ci è permesso e non è il nostro scopo. Per questo Papa Francesco ribadisce che la Chiesa è aperta a tutti coloro che confidano in Dio.

Bioetica e fine vita. “Nella sua difesa della dignità della vita umana e dell’insostituibile ruolo della famiglia, si ispira a principi cristiani, si basa sulla ragione, sulla legge morale naturale accessibile ad ogni persona e sui risultati della migliore ricerca scientifica”.

Parliamo di eutanasia omissiva/passiva, ossia quando si sospendono tutte le cure, in modo particolare l’alimentazione e l’idratazione, al fine di affrettare la morte del paziente. La ragione cattolica che vieta di interrompere le cure sta nell’argomento teologico dell’indisponibilità della vita davanti al suo mistero; essa arriva dal Creatore alla creatura come dono non richiesto e ne va accettata la non piena sovranità sulla stessa.

Ma prendiamo l’esempio di una persona vittima di un incidente stradale. Potremmo dire che è a causa del libero arbitrio, ma comunque sotto la provvidenza divina, che è accaduto l’incidente fatale che ha costretto la persona alla cosiddetta vita artificiale? A quel punto tutto si ribalterebbe perché è dunque la respirazione artificiale, o accanimento terapeutico, a trasgredire alla volontà di Dio di accogliere in cielo la suddetta persona incidentata (a meno che non accettiamo l’idea che non ci sia nessun incontro tra volontà umana e divina, come nella confessione protestante). Non si rischia insomma di rovesciare i termini e di idolatrare l’onnipotenza tecnologica più che l’onnipotenza di Dio?

Il rapporto tra scienza ed etica è sempre stato complesso e sicuramente più andremo avanti e più sarà stretto ma al contempo conflittuale. C’è una linea sottile tra accanimento terapeutico e difesa del valore della vita in tutte le sue avversità. E’ difficile oggi non eccedere nella medicalizzazione e al contempo non rifiutare in maniera pregiudiziale le innovazioni della scienza e della medicina. Il fine vita va pensato in maniera più graduale e meno meccanica: ci sono farmaci palliativi, deve esserci un percorso di accompagnamento psicologico che coinvolge la famiglia e non solo il rapporto tra medico e paziente.

Anche la dottrina cattolica nei suoi insegnamenti è in realtà contraria all’accanimento terapeutico. Il rispetto della vita naturale non deve diventare mai un pretesto per infierire con ulteriori sofferenze su una persona gravemente malata.

Occorre dunque valutare ogni singolo caso. La Chiesa è contraria all’eutanasia attiva, questo sì.

Giulia Bertotto

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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