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Caso «Sangiuliano-Boccia» tra dimissioni e sfiducia individuale

Le pagine dei quotidiani di questi giorni riportano la vicenda «Sangiuliano-Boccia». Prendendo atto delle dichiarazioni delle varie parti coinvolte e senza entrare in questioni di natura personale che non competono ad alcuno, è innegabile il risvolto politico del caso.

Il Ministro pro tempore della Cultura, dott. Gennaro Sangiuliano, ha affermato di non voler rassegnare le dimissioni. Tuttavia, qualora ci fossero ripercussioni sulla tenuta del Governo, quali strumenti giuridici possono essere messi in campo per sostituire il Ministro? 

La Costituzione repubblicana vigente del 1948 non offre al Presidente del Consiglio dei Ministri efficaci mezzi per risolvere la questione, non disponendo, diversamente dalla Costituzione tedesca del 1949 e di quella della V Repubblica francese del 1958, del potere di revoca. 

Peraltro, neppure la legge di revisione costituzionale sul c.d. «premierato» attribuisce direttamente al Capo del Governo questo potere, ma semplicemente una proposta di revoca al Presidente della Repubblica.

Nel lontano 1982 il Presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, con comunicazione resa al Senato della Repubblica in data 08 luglio, auspicava proprio il formarsi di una prassi costituzionale tale per cui lo stesso Presidente del Consiglio potesse proporre al Capo dello Stato la revoca dei Ministri e dei sottosegretari inadempienti.

Prassi che, però, non si formò mai e, comunque, inutile dal momento che si potrebbe sostenere che il potere di revoca è implicito in quello di nomina. 

Pertanto, o si spinge il Ministro alle dimissioni, qualora la situazione presenti connotazioni tali da compromettere l’Esecutivo, oppure, in caso di resistenza da parte del medesimo, sarebbe lo stesso Presidente del Consiglio a doversi dimettere, determinando, in questo caso, una crisi di Governo extra-parlamentare funzionale alla composizione di un nuovo Gabinetto.

Si potrebbe ricorrere, da parte delle forze di opposizione parlamentare ed al fine di innalzare il livello dello scontro politico, all’istituto della sfiducia individuale il quale, pur non essendo previsto nell’art. 94 della Costituzione, ma solo dai regolamenti parlamentari, è perfettamente inquadrabile nella forma di Governo delineata dal Testo fondamentale (così sent. n. 7/1996 Corte cost. relativa al c.d. «caso Mancuso»), anche se difficilmente passerebbe in ragione della compattezza della maggioranza di centro-destra.

Daniele Trabucco – Costituzionalista 

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

Foto: Credits Quirinale 22 ottobre 2022 cerimonia giuramento Governo Meloni https://www.quirinale.it/elementi/72714

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