Alberto Fazolo è militante internazionalista, economista, esperto di Terzo Settore e giornalista, conosce i territori di guerra, perché tra i diversi viaggi intrapresi ha trascorso anche due anni in Donbass, svolgendo attività politica e umanitaria.
Dalla mattina di sabato 7 ottobre -quando la Palestina ha sferrato il suo attacco su Israele- da sinistra a destra, il giornale unico, il pensiero dominante istituzionale ad un solo organo mediatico, condanna il “terrorismo di Hamas” cancellando in un colpo di spugna ideologica ogni memoria storica, eclissando qualsiasi contesto sociale. Una storia già vista con il conflitto in Ucraina. Stavolta però, mentre quella in Donbass era per l’opinione pubblica “Una guerra fantasma” (come la definisce efficacemente il titolo del saggio di Sara Reginella), questa volta c’è quasi un secolo di storia di oppressione. Israele è infatti il paese più sanzionato dalle Nazioni Unite e la Palestina osservatore permanente presso le Nazioni Unite.
75 anni di occupazione israeliana
Fazolo, 75 anni di occupazione “25 miglia di spazio (circa 40 km), due milioni di palestinesi, di cui quasi la metà bambini, un territorio che dipende da aiuti esterni e da cui non si può fuggire né via terra né via mare: circondata da una no go zone militarizzata dove forze armate sono autorizzate a sparare sui civili: una prigione a cielo aperto” così La Fionda descrive la situazione di apartheid a cui è costretto il popolo palestinese solo considerando la Striscia di Gaza. Come mai la Palestina assedia proprio adesso Israele?
Perché la Palestina ha maturato la forza per farlo sul piano militare e logistico-organizzativo, ma anche per via dei cambiamenti negli assetti geopolitici mondiali (pensiamo anche all’affermazione dei BRICS): si sono definiti dei nuovi equilibri in cui le prepotenze inflitte dall’imperialismo occidentale non possono più essere tollerate. L’elemento tecnico più interessante di questa offensiva è il fatto che Israele è stato preso completamente di sorpresa. Sicuramente a causa di un’incapacità dei servizi segreti israeliani (in teoria i migliori al mondo), ma anche perché le organizzazioni palestinesi -ampiamente infiltrate da agenti israeliani- hanno avuto la capacità di riorganizzarsi da zero in maniera compartimentata senza far arrivare nulla ai canali già compromessi, e questa è stata la chiave per la “riuscita” dell’operazione.
Ipotesi “lihop”
Ipotesi “lihop”, cioè lasciare intenzionalmente che qualcosa accada per poi avere le mani libere a rispondere militarmente. A suo avviso è realistica?
In un altro contesto avrei preso l’ipotesi sul serio ma in questo caso no, innanzitutto perché Israele non è un paese come gli altri: non accetterebbe di sacrificare le vite dei propri uomini e dei propri civili per essere legittimata ad attaccare.
Inoltre lo scenario internazionale: questo conflitto potrebbe arrivare a coinvolgere l’Iran, il quale potrebbe avere la bomba atomica, che significa la potenziale cancellazione di Israele e non penso che questo sia nei piani di Tel Aviv.
In estremo Oriente a fianco di Taiwan contro la Cina c’è la NATO con gli Usa, in Ucraina la guerra contro la Russia è combattuta per procura ma la regia è sempre NATO. Anche dietro il conflitto in Medioriente tra Israele e Palestina ci sono gli Usa con la NATO?
Israele non è mai voluto entrare nella NATO. La strategia Usa è il caos, è capace di destabilizzare in simultanea diversi quadranti per governare con il caos, per imporre il suo dominio su realtà che altrimenti troverebbero una strada per l’autodeterminazione.
Perché lo stato di Israele non è mai voluto entrare nella NATO?
Israele è stata sostanzialmente un’ideazione di Stalin, realizzata poi dagli inglesi, e per come veniva strutturata nel 1948 (la NATO nasceva l’anno successivo) era sostanzialmente incompatibile con la Nato per ragioni “etniche”; infatti la quasi totalità della popolazione di Israele era composta da cittadini dell’Est Europa che avevano subito le angherie dell’occupazione nazista e che inoltre avevano la doppia cittadinanza. Se avessero aderito al Patto Atlantico avrebbero avuto problemi a tornare nei propri paesi di origine. Poi c’è anche il discorso della collocazione internazionale: se si fa parte della NATO si devono poi sostenere altri stati qualora vengano attaccati, e all’amministrazione di Israele interessa solo la difesa del proprio popolo e della propria terra, per ragioni storiche, religiose e ideologiche.
Quando le cose si mettono male l’autoproclamatasi “Più grande democrazia del mondo” agita le correnti…
In questo momento l’obiettivo comune di Israele e degli Usa potrebbe essere quello di fare piazza pulita di tutte le organizzazioni che rappresentano un ostacolo al loro espansionismo e che da anni sono una spina nel fianco per l’imperialismo americano, e sicuramente Hezbollah è in testa alla lista con l’Iran.
Quindi, il teorema che l’Occidente sta cercando di costruire, è che questa sia un’offensiva esclusivamente di Hamas, sostenuta dall’Iran e nella quale quindi è coinvolta Hezbollah. Su un eventuale coinvolgimento dell’Iran non vi sono prove, anche se personalmente non mi stupirebbe scoprirlo.
Sul fatto che ci sia un coordinamento con Hezbollah mi sembra francamente una sciocchezza, perché se fosse così, Hamas ed Hezbollah avrebbero attaccato in simultanea e quest’ultima non avrebbe lanciato solo schermaglie di confine. C’è solidarietà politica e voglia di colpire il nemico comune, ma non c’è coordinamento, perciò ogni tentativo da parte occidentale di trascinare una potenza nucleare quale l’Iran nel conflitto, è strumentale e pericolosissimo.
Il coinvolgimento dell’Iran
L’organizzazione Hezbollah ha dichiarato di sostenere Hamas, il presidente iraniano Raisi ha dichiarato che l’Iran non è coinvolto nell’attacco di Hamas ma che “La resistenza palestinese ha il diritto di reagire a Israele” intanto l’amministrazione americana, il governo italiano e altri stati europei, si dichiarano a difesa d’Israele; il conflitto si allarga ora dopo ora a macchia d’olio. A macchia d’odio. Il mondo non è mai stato così in pericolo.
Questa non è un’offensiva di Hamas, questa è un’offensiva composita della resistenza palestinese. Partecipano anche la Jihad islamica (Organizzazione egiziana, derivata dai Fratelli musulmani), e FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) che però è mal ridotta. Queste le più attive nell’insurrezione.
Hamas per il nostro ordinamento è organizzazione terroristica dunque non potremmo sostenerne le azioni senza incorrere in eventuali sanzioni, ma non è così; questo è ciò che vogliono far credere i nostri media per delegittimare questa resistenza.
Qual è il sentimento della popolazione palestinese verso questa guerra?
La popolazione la vede come una grande opportunità di liberazione, ma è anche cosciente del fatto che le conseguenze possono essere catastrofiche. In questo momento in Palestina cadono bombe, non c’è acqua corrente, luce ed elettricità.
La ruspa contro la recinsione: la foto già iconica
È diventata già iconica la foto della ruspa palestinese che abbatte la recinsione sionista. Lei ha domandato retoricamente a proposito di questa immagine: “colpevoli di aver distrutto la gabbia in cui li massacravano?”
Non si può comprendere questo conflitto conoscendone solo le vicende degli ultimi quattro giorni; in queste ore ci sono violenze ingiustificabili da parte di militanti palestinesi, ma non ci dobbiamo mai dimenticare perché si è arrivati a questo livello di insofferenza e odio. Questo popolo ha subito vessazioni e angherie per tanti decenni; se tratti qualcuno come una bestia c’è il rischio che poi si comporti come tale.
Il modello “David contro Golia” piaceva all’Occidente quando David era il Donbass e l’Ucraina Golia, ma quando poi c’è stato l’intervento di un soggetto più grande, ossia la Russia, e le parti si sono invertite abbiamo gridato allo scandalo e questo schema non è stato più valido e moralmente accettato: la grande Russia stava vessando la piccola Ucraina. E adesso che Israele è Golia perché la Palestina non ha neppure un proprio esercito, mentre Israele possiede un esercito tra i più efficienti del mondo? Non possiamo mettere a confronto la disponibilità tecnica delle forze palestinesi e quelle Israeliane.
A proposito dell’intero scenario internazionale stiamo sottovalutando la situazione, non abbiamo preso coscienza in un anno e mezzo del pericolo della guerra nucleare.
Sta per scoppiare la Terza guerra mondiale?
La domanda è quando finirà. E come.
Giulia Bertotto