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I “parassiti” europei tra USA e Russia: la rivoluzione geopolitica di Washington

Negli ultimi ottant’anni, la NATO si è “imposta” come il pilastro della sicurezza transatlantica, ma soprattutto per la difesa della politica espansionistica americana. Tuttavia, con l’arrivo a gennaio di Trump vi è una radicale revisione della strategia statunitense perché, sta modificando tutti gli equilibri geopolitici, lasciando l’Europa in una posizione scomoda tra le due superpotenze, USA e Russia. 

La nuova visione della Casa Bianca sembra spostare il baricentro della sicurezza americana lontano dal Vecchio Continente, con effetti immediati e strutturali sulla diplomazia globale.

Oggi, i tempi sono cambiati come è cambiata la prospettiva di una NATO quale strumento per la “protezione dell’Europa” come ai tempi della guerra fredda. L’amministrazione americana, attraverso il nuovo inquilino della Casa Bianca, mostra una crescente propensione a ridurre il proprio impegno in Europa, giudicando il continente meno rilevante per la propria sicurezza nazionale rispetto alle sfide poste dall’Indo-Pacifico e dalla competizione con la Cina.

L’evoluzione di un’America sempre meno atlantista si intreccia con un dialogo più aperto con Mosca, che Washington non considera più una minaccia esistenziale per l’Europa. A confermare questo orientamento, vi è il rinnovato interesse americano nei confronti del negoziato con l’Iran, un dossier in cui la Russia gioca un ruolo chiave come interlocutore privilegiato.

Mentre gli Stati Uniti e la Russia trovano canali di dialogo per contenere le tensioni globali, l’Europa si arrocca su una politica bellicosa e miope. Mosca, dal canto suo, gioca un ruolo di mediazione nella complessa partita diplomatica tra Iran e Arabia Saudita, cercando di stabilizzare una regione strategica e mantenendo la propria influenza in Medio Oriente. 

Tuttavia, il Cremlino viene dipinto dai media e dai politici europei come una minaccia esistenziale, giustificando così il continuo riarmo dell’UE e il sostegno indiscriminato a Kiev. Ma è davvero la Russia ad alimentare l’instabilità, o è piuttosto l’Europa della Von der Leyen a non voler la pace, strumentalizzando il conflitto per scopi economici e strategici dettati da interessi sovranazionali? 

L’incessante retorica guerrafondaia di Bruxelles sembra servire più le industrie belliche che i cittadini europei, sempre più ostaggi di una politica estera dettata da Parigi, Berlino e Londra piuttosto che da reali esigenze di sicurezza.

Nel contesto di questa nuova configurazione geopolitica, l’Unione Europea appare più che mai disorientata e divisa. Bruxelles fatica a trovare una strategia comune e coerente di fronte al progressivo disimpegno americano e alle mosse del Cremlino. I governi europei oscillano tra il timore di una minore protezione USA e il desiderio di affermare una propria autonomia strategica, senza però riuscire a concretizzarla.

In questo scenario, Washington sembra mostrare un’inaspettata apertura nei confronti della proposta italiana sulla gestione della crisi ucraina, ritenendola più pragmatica rispetto alle posizioni espresse da Francia e Regno Unito. Se questa tendenza dovesse consolidarsi, l’Italia potrebbe assumere un ruolo più rilevante nella diplomazia europea, contribuendo a riequilibrare le dinamiche all’interno dell’UE.

La ridefinizione della politica estera americana sta ridisegnando gli equilibri globali, lasciando l’Europa in una posizione scomoda tra USA e Russia. La progressiva erosione della centralità della NATO e la nuova percezione americana del Vecchio Continente impongono all’UE una riflessione strategica urgente. 

In assenza di una visione comune e di una leadership forte, il rischio per l’Europa è quello di rimanere un attore passivo in una scacchiera geopolitica sempre più complessa e instabile.

Andrea Caldart

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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