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La strategia di De Luca contro le «anime morte» del Pd

Con l’atteggiamento e il lessico di un cabarettista, il De Luca show è riuscito a puntare su di sé anche i riflettori della Festa dell’Unità di Bologna. Ad ascoltarlo, non solo gli spettatori delle dirette del venerdì, ma la platea gelata dei suoi colleghi Dem che pur di mantenere il tradizionale immobilismo, non applaude né emana alcun lamento. Come un intruso nel suo stesso partito, il governatore della Campania ha massacrato pubblicamente il Pd, attaccandone la strategia, il programma e la dirigenza. 

Ad attirare l’attenzione anche l’intenzione “entro l’anno” di introdurre una modifica allo statuto regionale della Campania per azzerare il tetto dei due mandati e restare a Palazzo Santa Lucia fino al 2030. Una decisione che segue le orme del modello Zaia e non lontana dal modello Putin, che grazie a un emendamento costituzionale, resterà in carica per altri quindici anni. Perché “se te ne devi andare a casa dopo uno, due, tre mandati lo devono decidere i cittadini, non le burocrazie romane”. Così come hanno deciso di farlo restare alle scorse elezioni regionali, grazie alle quindici liste ammucchiate con cui ha stabilito un nuovo record in Italia.

Ma De Luca è un politico generoso, pronto a dare ospitalità a chiunque voglia salire sul suo carro, che si tratti di trasformisti o perfino di “impresentabili”. Ed è anche un buon stratega, già riuscito a farsi nominare commissario della sanità in Campania nonostante una norma lo vietasse, grazie all’emendamento ribattezzato proprio “ad De Lucam”. Non ci sarebbe da meravigliarsi quindi che riesca a ottenere anche i quindici anni consecutivi di governo, mentre spiana la strada del figlio aspirando a una monarchia ereditaria.

“A meno che non ci sia qualcosa di meglio”, naturalmente. Oltre all’annuncio sul terzo mandato, De Luca manifesta l’intenzione di giocare un ruolo nazionale nel partito, guadagnandone la leadership. Così attacca il Ddl Zan, proprio come qualche tempo fa si era schierato contro rom e immigrati, accusati di essere i principali responsabili della diffusa insicurezza a Napoli e in Campania. Gli ideali della sinistra sono fuori moda, non catturano consenso e i pochi superstiti hanno perso completamente la fiducia nei Dem. De Luca l’ha capito bene e cerca di tirare a sé i colleghi ancora titubanti. 

Almeno tre i nodi programmatici per il governatore, più vicini a Lega, FI e Italia Viva che al centro-sinistra: Sicurezza, Sud e palude burocratica, insieme al reato di abuso d’ufficio che “blocca il Paese”. Un tentativo di aprire la strada al dialogo o a nuove alleanze? Oppure di mangiarsi anche il consenso che hanno Lega e FI al Sud? Del resto, De Luca ha di Salvini il pugno duro, l’indole social e la capacità di entrare in sintonia con il sentimento popolare. Parla di “miracoli”, come faceva Berlusconi negli anni ’90 e ha del Cavaliere anche l’ironia e la fortuna, con cui riesce a far sì che siano indagati sempre i suoi fedelissimi, lasciando a lui il cartellino bianco.

Giorgia Scognamiglio

Fuori dal Silenzio

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