Negli ultimi tempi, ha sollevato numerose polemiche la proposta di legge depositata alla Camera dal deputato Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, lo scorso 23 dicembre.
L’obiettivo è quello di “difendere” la lingua italiana e l’identità nazionale dal diffuso utilizzo delle parole straniere, disincentivando la fruizione di tali termini laddove “la corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva”.
La legge si compone di otto articoli e vede l’italiano come lingua obbligatoria.
Il primo articolo prevede che la Repubblica garantisca “l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino, nonché in ogni sede giurisdizionale”.
Inoltre, si stabilisce che l’italiano è obbligatorio “per la fruizione di beni e servizi pubblici sul territorio nazionale”.
Viene anche specificato l’obbligo di trasmettere qualsiasi comunicazione pubblica in italiano, di utilizzare interpreti o strumenti di traduzione durante le conferenze o gli eventi rivolti al pubblico e il divieto di utilizzare sigle o acronimi stranieri per i ruoli aziendali, a meno che non possano essere tradotti, oltre l’utilizzo dell’italiano nei contratti di lavoro.
Per quanto riguarda, invece, le scuole e le università, l’articolo 6, forse il più discusso, prevede che i corsi in lingue straniere siano concessi, a patto che questi vengano frequentati esclusivamente da studenti stranieri.
Infine, l’articolo 8 prevede che per i trasgressori sanzioni amministrative molto severe, con multe che possono variare dai 5 mila fino ai 100 mila euro.
Tuttavia, l’applicazione di questa legge potrebbe incontrare numerosi problemi pratici e fa discutere e riflettere diversi studiosi, tra i quali l’Accademia della Crusca e linguisti.
La proposta, infatti, prevede una concezione monolitica della lingua italiana che, in realtà, è in continua evoluzione con l’introduzione, negli anni, di forestierismi, in particolare anglicismi, i quali dal 2000 ad oggi sembrerebbero essere aumentati del 773%.
Sarebbero, infatti, quasi nove mila le parole inglesi accolte nel dizionario Treccani.
La questione è stata subito percepita come aberrante dalle opposizioni che hanno dichiarato: “Pensavamo di averne viste già molte di proposte sconclusionate e al limite del ridicolo da parte di questa maggioranza, ma quella che giunge con apposito disegno di legge da parte del Vice Presidente della Camera Rampelli le batte tutte”.
Inoltre, è stato fatto notare che, nonostante la rigida proposta di legge presentata, proprio il Governo Meloni ha istituito il Ministero delle Imprese e del “Made in Italy”, il cui titolare è Adolfo Urso. Rapelli multerà anche il suo collega?
A questo appunto il deputato di fratelli d’Italia ha risposto: “Dalle sanzioni è escluso chiunque, rappresentando gli interessi economici dell’Italia all’estero, è costretto a usare termini stranieri”.
Flavia de Michetti