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Home Politica Reddito cittadinanza: governo spaccato su come riformarlo. Ma concordi sul flop dei Centri per l’Impiego.

Reddito cittadinanza: governo spaccato su come riformarlo. Ma concordi sul flop dei Centri per l’Impiego.

Coinvolgere le agenzie di lavoro interinale per trovare lavoro ai percettori del Reddito di cittadinanza e mandare in panchina i fallimentari Centri per l’impiego pubblici che non hanno trovato posti di lavoro agli indennizzati nemmeno con l’impiego di Navigator. E’ una proposta del Governo tirata fuori dalla sottosegretaria al Lavoro Tiziana Nisini (Lega). “C’è bisogno di creare quanto prima una sinergia tra pubblico e privato che ancora manca. Al momento il Reddito di cittadinanza è strutturato affinché le offerte di lavoro provengano dai Cpi, ma quando si scorrono i dati si scopre che questi ultimi statisticamente offrono il 4% delle opportunità lavorative l’anno. Esiste, quindi, un 96% di opportunità lavorative gestite dal mondo privato attraverso le agenzie per il lavoro al quale bisogna attingere – ha dichiarato giorni fa al “Messaggero” – Al momento, per come è strutturato il sistema, un lavoratore può voltare le spalle anche a 100 offerte di lavoro senza che nessuno se ne accorga. Lavoriamo perciò a una banca dati nazionale per avere un quadro completo delle domande e delle offerte di lavoro”. 

Secondo la stessa Anpal ben 750mila dei circa 1,2 milioni totali percettori del Rdc ritenuti attivabili non avevano a luglio scorso ancora sottoscritto i patti per il lavoro. Non che questi ultimi servano a qualcosa – li devono firmare anche i normali percettori dell’indennità di disoccupazione (Naspi) – ma il dato fa riflettere sul disastro delle politiche attive sul lavoro in Italia da decenni. Certo, c’è stata la pandemia, ma il flop dei Cpi è precedente ai lockdown da Covid-19: entrati in vigore nel 1997 per sostituire i vecchi uffici di collocamento e affidati prima alle province e poi alle regioni, in quasi 25 anni di attività non hanno trovato lavoro a quasi nessuno (se non a quelli che ci lavorano) perché, a differenza di altri paesi nordeuropei, non sono l’unico punto d’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Ci sono, appunto, le agenzie interinali ma soprattutto la forma di reclutamento di imprese e autonomi – in un Paese ancora poco meritocratico – che ancora si fonda su passaparola e raccomandazioni. Persino durante quest’estate che sta finendo i Cpi non sono stati presi minimamente in considerazione dai datori di lavori per gli impieghi stagionali, nonostante ci sia stata una crisi nella ricerca di personale dovuta proprio – secondo gli imprenditori – al Rdc. La verità è che chi prende dai 500 ai 780 euro al mese del sussidio non accetta di lavorare per cifre uguali o poco superiori, a cui sono stati abituati gli stagionali, assunti part-time per lavorare più che full-time o, magari, anche in nero. Soprattutto al Sud. Ecco perché nessuno va a cercare lavoratori ai Cpi: li troverebbero ma dovrebbero, appunto, assumerli per l’effettivo orario di lavoro e relativa retribuzione. Se, invece, tutti fossero obbligati ad andare ai Cpi questi funzionerebbero a dovere e il Governo non dovrebbe cercare vie alternative come le agenzie interinali, la cui efficienza sarà tutta da dimostrare, visto che oggi trovano lavoro a tempo determinato solo per i clienti datoriali, per avere solo qualche mese in più di flessibilità contrattuale. Semmai una riforma in cui pubblico e privato lavorino in maniera sinergica.

Il Reddito di cittadinanza va certamente rivisto e deve poter essere sospeso per permettere i contratti stagionali e determinati di breve periodo ma delegare le agenzie interinali relegando i Cpi solo a fare certificati e burocrazia è sbagliato. Anche perché nei Centri lavorano quasi 10mila addetti che costano alle regioni 800 miliardi di euro. Ultimamente i Cpi si sono sì attivati con annunci sul web e giornali ma il problema rimane che i datori di lavori si rifiutano in gran parte di utilizzarli perché non vi sono costretti e i Cpi collocano solo il 4% degli assunti, categorie speciali comprese (disabili e svantaggiati) che per legge vanno richiesti ai Cpi.

“Il successo di un Paese si costruisce dalle premesse che mette in campo e non dallo sfruttamento. Parliamo di sostenibilità ambientale, di sostenibilità industriale ma non parliamo abbastanza di sostenibilità salariale. L’unica risposta oggi a chi vuole fare impresa offrendo meno di 780 euro ai propri dipendenti è dire: cambiate lavoro perché non siete capaci di fare impresa. Io non vedo giovani frenati ma imprenditori che rischiano di frenare l’Italia con questi discorsi – ha detto Fabiana Dadone, ministro pentastellata per le Politiche giovanili, sul problema dei lavoratori stagionali che rifiutano il lavoro perché percettori del Rdc che, secondo la ministra è un sussidio che esiste ovunque in Europe che “serve ad aiutare temporaneamente chi è fuori dal mercato del lavoro ma anche a livellare il mercato del lavoro ad un livello di dignità minimo”. La Dadone ha bocciato la proposta della leghista Nisini, anche se, ha aggunto, “non ho paura di nessun confronto per migliorare ogni legge, anche il Reddito di cittadinanza” (votato anche dalla Lega nel governo Conte1).

Staremo a vedere la sintesi del premier Mario Draghi e del ministro Andrea Orlando per capire come risolvere il problema del lavoro in Italia. Il fondi europei del Recovery Fund obbligano l’Italia anche a darsi una riforma del lavoro seria ed efficiente

Pierluigi Spiezia

Fuori dal Silenzio

SatiQweb

dott. berardi domenico specialista in oculistica pubblicità

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