Il tema delle tasse è sempre sul tavolo di ogni compagine governativa. Sì, perché nel Bel Paese, e non da oggi, le tasse le pagano in pochi, e sempre appartenenti alle stesse categorie professionali e sociali.
L’evasione fiscale in Italia ammonta e ben cento miliardi di euro. Una cifra spaventosa, che da sola servirebbe a fare un bel po’ di manovre economiche. Tante promesse, sempre uguali.
Tanti progetti, ma di fatto l’evasione fiscale non diminuisce, rappresentando un vero e proprio unicum del nostro Pese nell’ambito europeo e non solo.
Come ogni anno il Centro Studi Itinerari Previdenziali, diretto dall’economista Prof. Alberto Brambilla, ha evidenziato gli squilibri del sistema fiscale italiano, sia a livello generale che territoriale.
L’indagine annuale condotta dal Centro Studi e ricerche Itinerari Previdenziali ha confermato l’esistenza di evidenti squilibri nell’ambito del sistema fiscale italiano.
Intanto si confermano gli squilibri territoriali. Vediamoli. Mentre quasi la metà degli italiani (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti è l’esiguo 13,94% dei contribuenti con redditi dai 35mila euro in su a corrispondere da solo il 62,52% dell’imposta.
Il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini IRPEF è ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito generato di 175,17 miliardi, in crescita rispetto ai 164,36 miliardi dell’anno precedente: 157 i miliardi dovuti all’IRPEF ordinaria; 12,83 quelli dell’addizionale regionale e 5,35 quelli dell’addizionale comunale.
Aumentano i dichiaranti (41.497.318), vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di IRPEF, che salgono a quota 31.365.535, valore più alto registrato dal 2008: a ciascun contribuente, corrispondono però di fatto 1,427 abitanti.
Mentre quasi la metà (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti il grosso del carico fiscale grava, infatti, sulle spalle dei contribuenti che dichiarano redditi da 35mila euro in su.
La scomposizione delle tasse pagate dagli italiani per fasce di reddito evidenzia un’altra grossa falla nel sistema fiscale.
Infatti, nel complesso, delle fasce di reddito più basse: da 15 mila euro annue, i contribuenti il 42,59% del totale, pagano solo l’1,73% dell’IRPEF complessiva; valore ampiamente insufficiente a ripagarsi anche il solo costo della spesa sanitaria.
Considerando infatti che l’assistenza sanitaria nel 2021 è costata 2.144 euro pro capite, i cittadini di questi primi due scaglioni di reddito pagano in totale 3,029 miliardi di IRPEF ma ne ricevono per la sola sanità 51,06 miliardi di euro, per i quali non resta che attingere alla fiscalità generale oppure percorrere la strada del debito pubblico: secondo il Centro Studi e Ricerche, un enorme trasferimento di ricchezza che si ripete per tutte le principali funzioni dello Stato, dalla sicurezza all’istruzione passando per la spesa assistenziale, a discapito di sviluppo e produttività del Paese.
Se si sommano tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia che il 77,84% dei contribuenti italiani versa soltanto il 25,74% di tutta l’IRPEF, e probabilmente, una percentuale ancora minore di altre imposte.
A salire, invece nelle scale dei redditi superiori a 35 mila euro annue, la situazione muta profondamente. Infatti, detti contribuenti, nella sostanza, sostengono il peso del finanziamento del nostro welfare state.
Più precisamente, sopra i 300mila euro di reddito dichiarato si colloca lo 0,12% dei contribuenti, 48.212 soggetti, che versano il 6,98% dell’imposta complessiva; tra 200 e 300mila euro lo 0,16% dei contribuenti che pagano il 3,45% dell’IRPEF.
Sopra i 100mila euro, il rapporto individua l’1,39% dei contribuenti che, tuttavia, versa il 22,26% delle imposte. Sommando a questi versanti anche i titolari di redditi lordi da 55mila a 100mila euro (che sono 1.503.886 e pagano il 18,43% del totale delle imposte), si ottiene che il 5,01% paga il 40,69% dell’IRPEF.
Includendo anche i redditi dai 35mila ai 55mila euro lordi, risulta infine che il 13,94% paga il 62,52% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
Come sottolineato dagli estensori della ricerca: «Sono questi i dati su cui si dovrebbe riflettere nel revisionare il sistema fiscale», rilevando una differenza tra le classi di reddito dichiarato troppo estrema per essere degna di un Paese membro del G7 e peraltro destinata ad acuirsi «se non si interverrà su politiche assistenzialiste che continuano ad aumentare importo e platea dei destinatari di bonus e altre agevolazioni».
Senza mettere in discussione la necessità di aiutare quella fetta di popolazione che si trova autenticamente in condizioni di difficoltà, il documento Itinerari Previdenziali evidenzia infatti come i decisori politici italiani (talvolta con finalità meramente elettorali) tendono spesso a dimenticare che queste percentuali dipendono da fenomeni di evasione fiscale per i quali primeggiamo in Europa.
Fenomeni che, in assenza di controlli adeguati, come quelli che potrebbero essere garantiti da una banca centrale dell’assistenza o da prove dei mezzi alternative a un ISEE facilmente raggirabile, la continua elargizione di incentivi a pioggia a favore dei redditi più bassi, concorre ad alimentare.
Del resto che i disequilibri italiani dipendano anche da ampie sacche di sommerso sembra essere indirettamente confermato pure dalla distribuzione geografica dei versamenti IRPEF, con il Nord che contribuisce per 100,6 miliardi, pari al 57,43% del totale, il Centro con 38,2 miliardi pari al 21,83% del totale, e il Sud che porta in dote 36,3 miliardi, pari al 20,74% del gettito complessivo.
Il che significa, giusto per avere un ordine di grandezza, che con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 40,3 miliardi di IRPEF, un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro.
Anche considerati i diversi livelli di sviluppo, una forbice troppo ampia per non ipotizzare un elevato livello di “nero” che i dati sull’IVA paiono avvalorare ulteriormente mentre il Nord con 27.486.438 abitanti ha un pro capite di 3.034,10 euro, il Centro con 11.786.952 di abitanti versa 2.796,11 euro di IVA per cittadino contro gli appena 677,56 dei 19.962.823 abitanti di Sud e Isole.
Quindi un quadro desolante emerso dallo studio, che però non sorprende affatto.
È risaputo che le tasse sono pagate dai contribuenti a reddito fisso e dai pensionati, con ritenute trattenute mensilmente dai datori di lavoro e dall’INPS.
Pure il livello di fedeltà fiscale decisamente inferiore come trend nazionale del Sud, rispetto al resto del Paese, è arcinoto da decenni.
Così come è noto, grazie anche a continue inchieste della Guardia di Finanza, la persistenza di grandi fette di economia sommersa, che continua a produrre ricchezza in nero, sfruttando anche manodopera abusiva, non contrattualizzata.
Insomma, l’evasione fiscale in Italia è come una foresta pietrificata.
Ogni tanto qualcuno prova a scuotere gli alberi, cade qualche frutto. Ma poi resta tutto immutato. Come un eterno ritorno del sempre uguale.
Una seria e programmata lotta all’evasione fiscale, è l’unico modo per recuperare risorse finanziarie fresche da utilizzare per la spesa sociale, e per quegli investimenti utili all’economia del Paese.
Giuseppe Storti