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La questione della legge ingiusta

Nel pensiero filosofico-giuridico di san Tommaso d’Aquino (1225-1274) non è escluso il diritto positivo o meglio la “lex humana”: questa riceve direttamente o indirettamente il suo contenuto dalla legge naturale la quale, in questo modo, viene attuata nelle concrete esperienze storiche.

La “giustezza” della legge scritta é, dunque, tale in virtù della sua conformità alla “lex naturalis”. Qualora questa conformità sia assente, la “lex humana” è ingiusta e, precisa Tommaso, non è più legge, ma “corruptio legis”.

Sorge a questo punto legittima una domanda: si deve obbedire oppure no alla legge umana ingiusta? Deve essere rispettata oppure no la legge che contraddice i principi di morale?

Tanto il “Dottore Angelico”, quanto sant’Agostino di Ippona (354 d.C.–430 d.C.) prima di lui nell’opera “De libero arbitrio”, precisano come ad una siffatta legge non corrisponda alcun obbligo di coscienza. Ora, la legge (Scandroglio) può  essere ingiusta per i seguenti ordini di ragione:

a) per il fine: quando la “lex humana” comanda cose non utili per il bene comune (che, va ricordato, è il bene dell’uomo in quanto uomo e non la sintesi dei beni individuali), ma per il bene di alcuni (ad esempio, una legge che attribuisca privilegi di natura fiscale a parlamentari o a uomini di Governo come l’esenzione dal pagamento delle tasse);

b) per l’autorità: quando la “lex humana” non sia deliberata e promulgata dall’autorità  preposta (ad esempio, una legge frutto di un provvedimento del giudice);

c) per il contenuto: quando la “lex humana” obbliga o consente atti o comportamenti illeciti, cioè contrari all’ “ordo rerum” (all’essere, all’ordine naturale delle cose). Si pensi alla legge ordinaria dello Stato n. 194/1978 inerente all’ interruzione volontaria della gravidanza o ad una legge (come già avviene in Belgio o in Olanda) che legittimasse in Italia l’eutanasia;

d) per opposizione alla “lex divina”: quando la legge positiva é contraria a quanto Dio, nella Sua bontà, ha rivelato (ad esempio, nella Repubblica Popolare Cinese sono vietate le ordinazioni sacerdotali a meno che esse non avvengano all’interno della “Chiesa ufficiale”).

Tommaso, pur ammettendo il diritto di disobbedienza alla legge positiva ingiusta, ritiene che lo stesso debba sempre tener presente il bene comune. Se, infatti, dalla disobbedienza scaturiscono sommosse violente, agitazioni di massa tali da compromettere la tenuta stessa della comunità politica organizzata, o una situazione di anarchia, allora bisogna obbedire anche alla legge ingiusta che costituisce il male minore.

Tuttavia, esiste un limite invalicabile riguardo il rispetto della legge ingiusta: mai l’obbedienza può  comportare un atto o un comportamento che leda o favorisca direttamente e volontariamente la lesione di un bene fondamentale, dal momento che, in codesta evenienza, si realizzerebbe una cooperazione diretta al male (ad esempio, il Parlamento approva una legge che contiene un’imposta volta direttamente (l’avverbio è importante) a consentire la pratica abortiva oppure il rifiuto della conclusione di un contratto di compravendita se l’acquirente è a conoscenza che il pagamento del prezzo è destinato al perfezionamento di un’azione illecita del venditore).

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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