Mercoledì 13 marzo, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha votato a favore di una bolla per obbligare il social media cinese TikTok a vendere, pena la chiusura totale della piattaforma negli States. La bolla ha trovato un forte sostegno “bipartisan”, ovvero da entrambe le forze politiche statunitensi, tanto da essere passata con 352 voti a favore e 65 contrari.
Con questo nuovo regolamento, si intende dare alla società cinese ByteDance 165 giorni per cedere TikTok. Allo scadere del tempo, verrà imposto agli store di Google e Apple di smettere di ospitare TikTok, nonché di fornire servizi di web hosting ad altre applicazioni lanciate dalla società. Le opzioni sono insomma due: vendere o chiudere i battenti.
La bolla è riuscita a passare e sta riuscendo ad attecchire nonostante la sostanziale mobilitazione lanciata da ByteDance, che ha chiesto agli utenti della piattaforma di alzare la voce in difesa di TikTok, suggerendo con toni di velata minaccia che la scelta degli USA si sarebbe ritorta loro contro.
Nonostante approvato con grande maggioranza, il passato e il futuro del nuovo regolamento non sono andati, e non si prospettano andare, in maniera analogamente liscia. La bolla ha infatti affrontato un percorso tutt’altro che lineare, e in Senato il parlamentare dem Chuck Schumer, fiancheggiato da altri sostenitori, si è mostrato sin da subito dubbioso sull’eventualità di proporla in aula. Come sottolineato da analisti e studiosi legali, è inoltre più che plausibile che in futuro essa dovrà affrontare sfide legali di non scarsa rilevanza.
La mossa dei legislatori statunitensi non può che lasciare di stucco. Dopo un iniziale sbigottimento, però, essa invita anche alla riflessione. Perché se da un lato è vero che costringere un social network a chiudere è forse una delle mosse più illiberali concepibili al giorno d’oggi, dall’altro va sottolineato come tale social network abbia poco a che fare con le normali piattaforme di categoria.
Lungi dal dare adito alle tante teorie dietro la costituzione di TikTok, va infatti sottolineato come le logiche attraverso cui tale applicazione funziona e il modo attraverso cui gli utenti si interfacciano ai suoi contenuti non sono solo possibili fonti di problemi di natura sociale e civile, ma vanno oltre, e, se mal contenuti, possono costituire una vera e propria minaccia alla sicurezza e alla privacy. Il bombardamento mediatico, la condivisione di informazioni completamente svuotate dei propri contenuti, l’impiego di tecnologie di Intelligenza Artificiale (che per ora sono state pseudo-regolamentate solo dall’UE), e la capacità di mobilitazione di cui è capace TikTok sono fenomeni senza precedenti, che nulla hanno a che vedere con quelli intrinseci agli altri social.
Certo, questo non implica necessariamente che la messa al bando della piattaforma sia la soluzione migliore. Quello che è certo, però, è che costruire un binario di contenimento e regolamentazione di essa risulta di vitale importanza. E se a tali elementi vi si accostano quelli di natura politica, il quadro risulta molto più facile da leggere di quello che sembri.
La bolla, infatti, arriva in un momento di progressivo allontanamento del blocco occidentale dalla Cina, per cui basterebbe pensare alla rottura da parte dell’Europa, Italia in prima fila, dei rapporti di scambio previsti dalla cosiddetta “via della seta”. Essa, inoltre, avviene in un periodo molto delicato per gli Stati Uniti sul fronte della politica interna, in particolare se si guarda al Partito Democratico. Le elezioni sono infatti alle porte, e Biden, sempre meno credibile sul panorama nazionale e internazionale, per quanto stia dominando le primarie democratiche, difficilmente potrà reggere il confronto con un sempre più in ascesa Donald Trump.
Tra questioni di natura sociale, e altre che rientrano nella sfera civile, legale, giuridica e politica, la scelta degli Stati Uniti di mettere al bando TikTok è ben più sfaccettata di quello che sembri e tocca innumerevoli questioni dell’universo comunitario e quotidiano. Non si sa ancora a quali risultati essa possa portare. Con ogni probabilità ByteDance impugnerà la legge e proverà a cavarsela per vie legali. Quello che è sicuro, però, è che una simile decisione arriva come un fulmine a ciel sereno e rischia di avere conseguenze dalla portata storica.
Dario Lucisano