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Sgarbi e Garavaglia inaugurano a Pescara il Museo dell’Ottocento, “fra i 5 più importanti d’Italia”

Dopo tante complicazioni (non ultima quella della pandemia) si è finalmente inaugurato a Pescara il https://museodellottocento.eu/, voluto dai coniugi Veceslao Di Persio e Rosanna Pallotta con la loro omonima Fondazione. Il museo – in via Gabriele D’Annunzio 128, nella sede dell’ex Banda d’Italia, espone un patrimonio straordinario di opere d’arte, tutte della collezione privata dei Di Persio, che hanno acquistato e ristrutturato l’edificio a spese loro e senza alcun contributo pubblico. Realizzando uno dei cinque musei dell’800 più importanti in Italia, come ha rivelato il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ospite d’onore a Pescara per l’evento insieme al ministro del Turismo Massimo Garavaglia. Sgarbi ha parlato di “operazione di carattere filosofico, di una sorta di smacco allo Stato, perché solo così può essere definita la condizione per la quale un privato crea un bene pubblico e lo offre agli occhi della gente, in un paese dove vi sono 4600 musei, ma solo 475 dello Stato. In questo caso, addirittura, il fondatore ha acquisito anche l’immobile che ospita una mostra che offre opere fondamentali di un periodo storico unico nella storie dell’arte italiana, tanto che appare fin troppo facile sostenere che questa sia e sarà una realtà tra le più importanti d’Italia e con pochi eguali anche all’estero. Quella che può apparire una stravaganza in realtà è l’emblema dell’eccezionalità del lavoro di due straordinarie persone come Di Persio e Pallotta che per realizzare tutto questo hanno dovuto sopportare lungaggini burocratiche e ostacoli quasi mai comprensibili. E’ per questo che sono particolarmente felice di essere qui oggi. In realtà manca il catalogo ufficiale della collezione, ma ho anche ascoltato con piacere dal presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri(pure presente all’evento insieme al sindaco Carlo Masci, ndr) la notizia di una legge che interverrà in ambito artistico-culturale”. 

Garavaglia si è detto dispiciuto “dei ritardi e delle lungaggini che hanno preceduto l’apertura di questo meraviglioso museo. Ho accettato con piacere di partecipare, e la mia presenza voglio che venga percepita come una sorta di compensazione rispetto alle difficoltà che lo Stato o le sue strutture hanno determinato”. Masci ha invece ricordato che “l’800 è il secolo di Gabriele D’Annunzio, la figura più importante di Pescara e quella sicuramente più importante della cultura italiana nella transizione verso il 900 e nell’affermazione del Secolo breve, che stravolgerà persino ogni forma artistica: pittura scultura, musica, letteratura, poesia. Di Persio ha fatto di una passione una collezione, e di una collezione un dono alla città che ama e che adesso ha un motivo in più per amarlo. Con il più nobile spirito di un mecenatismo alto e disinteressato, Di Persio non ha mai confuso il prezzo con il valore. I quadri che danno colore e anima al Museo dell’Ottocento non sono una successione di firme di assoluto pregio, che farebbero la gioia di qualsiasi galleria pubblica e privata, ma sono il mondo in due dimensioni e mille suggestioni che Di Persio ha creato assieme a sua moglie. Oggi questo patrimonio è di tutti, e tutti ne siamo responsabili. Per Pescara l’apertura di questo museo è un segnale importante di rinascita culturale dopo il nefasto periodo della pandemia che ci ha costretti lontani dal bello e spesso anche dall’utile”.

Per anni i coniugi Di Persio hanno cullato l’idea di creare un sito che ospitasse i grandi interpreti della scuola napoletana e di quella di Barbizon, ma non solo. Nelle 15 sale della pinacoteca pescarese, disposte su tre piani, il visitatore viene accompagnato nella storia artistica dell’800, partendo dal Vedutismo napoletano fino ai resti archeologici di Pompei ed Ercolano, portati alla luce dagli scavi che tanto attrassero artisti e intellettuali europei che animarono il Grand Tour, Napoli e la costiera amalfitana. Tra le tele in mostra (260) c’è quello che può essere definito il primo amore della coppia di mecenati, acquistata nel 1987 a Roma in un’asta da Christie’s: è il ”Ritratto di Mrs. Fry”, dipinto nel 1907 dal pittore romano, napoletano d’adozione, Antonio Mancini, nel suo secondo periodo inglese. Quel quadro ha segnato l’ inizio del lungo amore della coppia di mecenati per l’autore, che potremmo definire il “campione” del Museo, visto che sono ben 17 le sue opere presenti e ospitate in una sala monografica a lui dedicata. Ma è un susseguirsi di grandi autori, da Giacinto Gigante a Teodoro Duclere, l’ olandese Anton Smink Van Pitloo, il suo allievo napoletano Salvatore Fergola, Domenico Morelli, Saverio Altamura, l’abruzzese Francesco Paolo Michetti, Vincenzo Irolli, Gaetano Esposito, Giuseppe Casciaro, Edoardo Dalbono o Vincenzo Caprile.
Un’altra sala monografica è dedicata a Michele Cammarano, che occupa un posto di rilievo nel panorama dell’arte napoletana di quel secolo d’oro. E ancora gli italiani che soggiornarono a Parigi, come Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Giuseppe Palizzi, Federico Rossano. Di grande rilievo i due paesaggi di Gustave Courbet, e poi i tre olii di Theodore Rousseau, i paesaggi di Narcisse Virgilio Diaz de la Peña, i dipinti di Charles-François Daubigny, antesignano di Claude Monet e Vincent Van Gogh, di Jules Dupré e di Paul Huet. La chiusura è affidata alla pittrice Rosa Bonheur, femminista che lottò per una vita per vedersi riconosciuto il suo spazio nella scena artistica.

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